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Ora del Mondo 2020-2023

Il Santuario > L'Ora del Mondo

*Maggio 2020 - L'Ora del Mondo

Presiede Sua Eminenza Cardinale Crescenzio Sepe - Arcivescovo Metropolita di Napoli Presidente della Conferenza Episcopale Campana
*Saluto all’Em.mo Cardinale Crescenzio Sepe
Eminenza Reverendissima, grazie per aver accettato di presiedere la Celebrazione Eucaristica e la recita della Supplica, in questo giorno solennissimo. Vostra Eminenza, in quanto Presidente della Conferenza Episcopale Campana, ci rende presente tutti i fedeli della nostra regione, legatissimi alla Madonna di Pompei. Lei stesso, come tutti ben sappiamo, è molto devoto alla Madre di Dio: è proverbiale il suo saluto, ripreso anche da Papa Francesco, "A’ Maronna v’accumpagna!".
Lo stesso Papa Francesco, che ha un cuore tutto mariano, ha voluto farsi presente alla nostra celebrazione, con questo saluto rivolto l’altro ieri, durante l’udienza del mercoledì: «Dopo domani, venerdì 8 maggio, al Santuario di Pompei si eleverà l’intensa preghiera della "Supplica alla Madonna del Rosario". Esorto tutti ad unirsi spiritualmente a questo popolare atto di fede e di devozione, affinché per intercessione della Vergine Santa, il Signore conceda misericordia e pace alla Chiesa e al mondo intero». Ringraziamo di vero cuore il Papa e Gli assicuriamo preghiere, non solo in questa celebrazione, ma tutti i giorni!  
Per la prima volta, in 137 anni, a causa della pandemia che ha colpito tutto il mondo, ci ritroviamo nel santuario vuoto, senza le migliaia di persone che ogni anno, in questo giorno e nella prima domenica di ottobre, giungono da ogni parte d’Italia e del mondo, molte volte anche percorrendo decine di chilometri a piedi. Saluto in modo speciale tutti e ciascuno, collegati con noi attraverso la televisione, e vi assicuro che, anche da lontano, siete presentissimi, oggi, qui, davanti alla nostra Veneratissima Icona!  La Chiesa, a cominciare dal Papa, è in prima linea in questa emergenza.
Lei stesso, Eminenza, ha portato all’Ospedale Cotugno i ventilatori polmonari donati da Papa Francesco e si è fatto personalmente promotore di svariate iniziative caritatevoli, non ultima la casa per i senza dimora. Anche il Santuario di Pompei, da sempre al servizio dei fratelli più bisognosi, ha proseguito nel proprio impegno di carità, nel rispetto delle norme.  I nostri Centri Diurni, affidati alla Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei e ai Fratelli delle Scuole Cristiane, pur non potendo più ospitare le centinaia di ragazzi e ragazze, mantengono vivi i rapporti con loro, ispirando fiducia e speranza, senza menzionare il dono di beni di prima necessità per un sostentamento anche economico. La Mensa dei Poveri, intitolata a Papa
Francesco e gestita dall’Ordine di Malta, non ha mancato di fornire ai suoi assistiti pacchi viveri e nei prossimi giorni inizierà la consegna del cibo da asporto. La carità non si ferma!
E anche nell’emergenza la vita ci fa doni inaspettati. Come la bimba, di appena tre giorni, che è stata affidata l’8 marzo a una delle nostre case famiglia presenti nel Centro per il Bambino e la Famiglia "Giovanni Paolo II", all’inizio dell’emergenza. L’abbiamo accolta come una carezza della Madonna! Sta bene e cresce con gli altri bambini, come in una vera famiglia.  
In questo lungo periodo di lontananza fisica dal santuario, il legame con gli innumerevoli devoti della Vergine di Pompei, presenti in Italia e nel mondo, non si è mai spezzato, ma è stato nutrito dalla corrispondenza, dalle celebrazioni in streaming e da quelle trasmesse in tv, come stamattina, grazie a Canale 21, che da circa trent’anni è accanto al Santuario di Pompei, e a TV2000, l’emittente dalla Conferenza Episcopale Italiana.  La preghiera, che da sempre nutre il rapporto con Dio, in questi giorni difficili, è diventata conforto ed espressione della nostra speranza, perché l’emergenza si concluda presto e si ponga fine alle sofferenze di chi è stato colpito.  Al termine di questa celebrazione, Lei stesso, Eminenza, ci guiderà nella recita della Supplica, la famosa preghiera, composta dal fondatore di Pompei, il Beato Bartolo Longo, nel 1883. È un testo di grande attualità, soprattutto in questo periodo di emergenza, perché racchiude tutti i dolori e le speranze della famiglia umana. Grazie di cuore, Eminenza, per la sua presenza!

                                             + Tommaso Caputo

                                               Arcivescovo Prelato e Delegato Pontificio
Omelia di S. Em. Cardinale Crescenzio Sepe Arcivescovo Metropolita di Napoli Presidente della Conferenza Episcopale Campana

Cari fratelli e sorelle, saluto e abbraccio tutti Voi che siete collegati con questa Basilica, attraverso le emittenti televisive TV2000 e Canale 21, per partecipare spiritualmente alla Supplica che, annualmente, si svolge nel mese di maggio, in onore della Beata Vergine del Rosario di Pompei.
Lasciatemi esprimere prima di tutto la mia grande emozione e il grazie, per trovarmi qui, oggi, all’Altare della Beata Vergine del Rosario per celebrare l’Eucaristia e guidare, al termine, la preghiera della Supplica, composta dal Beato Bartolo Longo.  Ringrazio il caro Arcivescovo Prelato, Mons. Tommaso Caputo, che ha voluto invitarmi in questa speciale circostanza.
Pompei è la casa di Maria. Questa casa, oggi, per le note ragioni è vuota di folla ma piena, anzi strapiena, invasa in ogni angolo dal calore di una fede forgiata come non mai da una sofferenza imprevedibile e sconosciuta.  Siamo sotto il manto di Maria, nel quale noi oggi deponiamo, tutte insieme, le nostre paure e le nostre speranze.
La casa di Maria è casa di Cristo, perché nella casa di Maria si parla di Cristo. E la parola qui, in questo Santuario, non è altro che preghiera. Così come la fede, che qui, ha per linguaggio le Opere, e per materia prima la carità, che ha portato il beato Bartolo Longo, un laico, a sfidare le epidemie del suo tempo. Con gli occhi e il cuore di Maria, Pompei, grazie allo zelo e all’audacia apostolica del suo fondatore, non ha conosciuto per sé la sventura dell’indifferenza e delle braccia conserte di fronte alle povertà che l’attraversavano.  
Ma oggi dobbiamo affrontare una sfida più amara e difficile. L’epidemia, anzi la pandemia, di cui parliamo non è più una metafora, bensì un nemico reale e spietato che ha colpito tra i più indifesi, seminando lutti in tutto il mondo e falcidiando in particolare la generazione degli anziani, portandosi cosi via un insostituibile patrimonio di esperienza e di memorie. E con gli anziani, una lunga scia di medici e operatori sanitari, uomini e donne di prima linea che, con vero eroismo fino al sacrificio della loro vita, si sono presi cura dei contagiati.
Ma come non ricordare i nostri sacerdoti, testimoni di una chiesa che può assoggettarsi a una distanza tecnica, ma che fa della affettiva vicinanza il principale segno della sua capacità di amare.  In questo tempo di emergenza abbiamo bisogno di ritrovare più a fondo noi stessi. Ci siamo scoperti fragili e abbiamo visto cadere dalle nostre mani le armi fasulle delle nostre illusioni, quelle affilate dal nostro orgoglio e dalla nostra superbia.   
Di fronte a questa nuova e più impegnativa sfida, abbiamo bisogno di armi vere, e soprattutto delle armi giuste, perché se il nemico del momento è invisibile, ciò che ci aspetta è invece una battaglia a viso aperto, senza tatticismi e infingimenti.  Il coronavirus ha condotto e continua a condurre la sua tragica battaglia puntando al bersaglio grosso non solo della vita, ma di uno sconvolgimento sociale che può portare al caos più totale. A noi è chiesto, più che mai, di essere parte di questa sfida epocale.  
La scuola di preghiera e la cattedra del Rosario
E allora ecco che i nostri passi non potevano che dirigersi verso il porto sicuro della casa di Maria, e abitarla da figli, sapendo che tra le sue mura c’è tutto quel che serve. E che tutto è a portata di cuore.  Ci porta ai piedi della Vergine del Rosario anche l’esortazione di Papa Francesco che, in una Lettera indirizzata a tutti i fedeli, ha invitato a riscoprire "la bellezza di
pregare il Rosario, a casa nel mese di Maggio", il mese dedicato a Maria. E’ questo il motivo del nostro essere qui, di questo breve e così intenso pellegrinaggio spirituale alla casa di Maria.  Questa è la casa, ma anche la scuola di preghiera, di cui il Rosario è "cattedra" umile che porta lontano. "Catena dolce che rannoda a Dio", così la preghiera mariana è definita nella Supplica che tra poco reciteremo.  
Ogni preghiera va al di là del tempo, ma il Rosario parla a giorni come questi con la sua voce tenera e accorata che esprime insieme dolore e speranza, angoscia e attese. È la preghiera ordinaria dei tempi difficili, e dunque è parte di questo tempo di emergenza in cui, per una condizione così largamente condivisa, prende forma, l’immagine di una famiglia umana.  È il Rosario stesso a richiamare, con forza, l’immagine della famiglia. Tanto più in questa nostra terra dove il Rosario è stato, e largamente continua ad essere, di casa, proprio come Pompei, faro autentico e riconosciuto della spiritualità della nostra regione.  
Ma siamo qui, oggi, nel luogo e nel posto giusto anche per rinnovare il nostro impegno, e quello di tutta la chiesa campana, per una solidarietà senza riserve e senza risparmio: a piene mani e vorrei dire soprattutto a pieno cuore: perché è questo il tempo in cui la chiesa si sente compromessa.  Questa emergenza ci pone non solo davanti a tempi difficili, ma anche a domande inquietanti, alle quali non è più possibile negare risposte.  Cari fedeli, nel giorno solenne della Supplica di maggio, non possiamo che chiedere alla Vergine del Rosario di illuminarci lungo questo difficile cammino, affidando al suo cuore di Madre le nostre famiglie, i nostri giovani, inostri malati, il nostro lavoro. Dio Vi benedica    e ‘A Maronna V’accumpagna!

                                                                    (Venerdì 8 maggio 2020)

Dalla Redazione
Per la prima volta dopo 137 anni, la Supplica dell’8 maggio senza "concorso di popolo".

L’affidamento alla Madonna
Alla scuola del Rosario una carità senza riserve la sfida di Pompei e della Chiesa campana nel tempo difficile della pandemia
L’8 maggio non si era davvero mai vista una Pompei così, senza la folla consueta che accorreva, con ogni mezzo, tante volte a piedi dopo aver percorso migliaia di chilometri, fino al Santuario della Beata Vergine del Santo Rosario. La pandemia, provocata da un virus arrivato come una prova improvvisa e misteriosa, ha costretto all’assunzione di misure sanitarie finalizzate a contrastare il diffondersi di una malattia subdola. Ma, anche in un contesto storico così difficile, Pompei resta città della speranza.
Le porte del Tempio, cui guardano i fedeli di tutto il mondo, restano chiuse, le navate sono vuote come non era mai accaduto da 137 anni, ma la celebrazione "senza concorso di popolo", presieduta dal Cardinale Crescenzio Sepe, Arcivescovo di Napoli e Presidente della Conferenza Episcopale Campana, e concelebrata dall’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, è seguita da milioni di persone attraverso la trasmissione di Tv2000, l’emittente televisiva della Cei, e di Canale 21, che da decenni manda in onda la diretta del rito della Supplica (a cui si è collegata anche Maria Vision, un’emittente televisiva messicana). A migliaia poi scelgono di seguire la celebrazione della Messa e la recita della preghiera attraverso la pagina Facebook ufficiale del Santuario, che ha superato le 7 mila visualizzazioni, e dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei.
Tanti altri ancora ascoltano le frequenze di inBluradio e di Radio Mater. Non si può essere fisicamente presenti, ma le mura del Santuario quasi si allargano e si estendono fino ad abbracciare le case dei devoti di tutta l’Italia, dell’Europa, del mondo. Tutti presenti a Pompei in unione spirituale, accogliendo l’invito che Papa Francesco ha rivolto nell’udienza generale del 6 maggio scorso «Esorto tutti – ha detto il Santo Padre riferendosi proprio alla Supplica – ad unirsi spiritualmente a questo popolare atto di fede e di devozione, affinché per intercessione della Vergine Santa, il Signore conceda misericordia e pace alla Chiesa e al mondo intero».  La speranza di cui Pompei è simbolo trova la sua forza nella Madonna del Rosario. «Pompei – ha detto il Cardinale Sepe – è la casa di Maria. Questa casa, oggi, per le note ragioni, è vuota di folla ma piena, anzi strapiena, invasa in ogni angolo dal calore di una fede forgiata come non mai da una sofferenza imprevedibile e sconosciuta. Siamo sotto il manto di Maria, nel quale noi oggi deponiamo, tutte insieme, le nostre paure e le nostre speranze. La casa di Maria è casa di Cristo, perché nella casa di Maria si parla di Cristo. E la parola qui, in questo Santuario, non è altro che preghiera. Così come la fede, che qui, ha per linguaggio le Opere, e per materia prima la carità, che ha portato il beato Bartolo Longo, un laico, a sfidare le epidemie del suo tempo».   Certo viviamo un momento difficile della storia dell’umanità, in cui vengono meno «le armi fasulle delle nostre illusioni, quelle affilate dal nostro orgoglio e dalla nostra superbia» e in cui è essenziale dotarsi di «armi vere, e soprattutto delle armi giuste». «Dobbiamo – ha detto il Presidente dei vescovi campani – affrontare una sfida più amara e difficile.
L’epidemia, anzi la pandemia, di cui parliamo, non è più una metafora, bensì un nemico reale e spietato che ha colpito i più indifesi, seminando lutti in tutto il mondo e falcidiando in particolare la generazione degli anziani, portandosi cosi via un insostituibile patrimonio di esperienza e di memorie. E con gli anziani, una lunga scia di medici e operatori sanitari, uomini e donne di prima linea che, con vero eroismo fino al sacrificio della loro vita, si sono presi cura dei
contagiati. Ma come non ricordare i nostri sacerdoti, testimoni di una chiesa che può assoggettarsi a una distanza tecnica, ma che fa della effettiva vicinanza il principale segno della sua capacità di amare».   
Il Santuario di Pompei, casa della Madonna, è definito dal Cardinale «scuola di preghiera e cattedra del Rosario» ed è proprio da questo radicamento nella fede e nel dialogo continuo con Dio, attraverso Maria, che nasce l’esigenza di amare l’altro in modo concreto, soprattutto soccorrendo i più deboli. È l’impegno del Santuario, ma anche di tutte le diocesi campane. «Siamo qui, oggi – ha detto ancora il Cardinale Sepe – nel luogo e nel posto giusto anche per rinnovare il nostro impegno, e quello di tutta la chiesa campana, per una solidarietà senza riserve e senza risparmio. A piene mani e vorrei dire soprattutto a pieno cuore perché è questo il tempo in cui la chiesa si sente compromessa.  Questa emergenza ci pone non solo davanti a tempi difficili, ma anche a domande inquietanti, alle quali non è più possibile negare risposte».   E sul tema della solidarietà e del ruolo, anche sociale, del Santuario e della Chiesa, si è soffermato anche Monsignor Tommaso Caputo, Prelato di Pompei. «Anche il Santuario di Pompei – ha spiegato – da sempre al servizio dei fratelli più bisognosi, ha proseguito nel proprio impegno di carità, nel rispetto delle norme.
I nostri Centri Diurni, affidati alle Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei e ai Fratelli delle Scuole Cristiane, pur non potendo più ospitare le centinaia di ragazzi e ragazze, mantengono vivi i rapporti con loro, ispirando fiducia e speranza, senza menzionare il dono di beni di prima necessità per un sostentamento anche economico. La Mensa dei Poveri, intitolata a Papa Francesco e gestita dall’Ordine di Malta, non ha mancato di fornire ai suoi assistiti pacchi viveri e nei prossimi giorni inizierà la consegna del cibo da asporto. E anche nell’emergenza la vita ci fa doni inaspettati. Come la bimba, di appena tre giorni, che è stata affidata l’8 marzo a una delle nostre cinque case famiglia presenti nel Centro per il Bambino e la Famiglia "Giovanni Paolo II", all’inizio dell’emergenza. L’abbiamo accolta come una carezza della Madonna! Sta bene e cresce con gli altri bambini, come in una vera famiglia». E così proseguono le attività di "Casa Emanuel", della "Comunità Incontro", centro per il recupero dei tossicodipendenti, e del Centro di Aiuto alla vita.
Ed è grande l’impegno del Consultorio familiare diocesano e della Confraternita di misericordia. «La carità non si ferma!», ha concluso.

La preghiera con il cuore dei figli

L’intervista di Tiziana Campisi di Vatican News all’Arcivescovo di Pompei, Mons. Tommaso Caputo, che spiega il valore della Supplica, vissuta nel tempo della prova.
Quest’anno alla Madonna di Pompei si è affidata l’intera umanità provata dalla pandemia di Covid-19. Con quale atteggiamento porsi in preghiera?
È bello pregare con il cuore dei figli che si rivolgono alla loro mamma. Siamo davvero bisognosi di tutto e tutto dobbiamo chiedere al Signore, sapendo di avere un’avvocata in Cielo. Ricordiamo sempre l’episodio delle Nozze di Cana, il primo miracolo di Gesù. Maria, riferendosi agli sposi, dice a suo Figlio: Non hanno vino. E Gesù le risponde: Donna, che vuoi da me? Non e ancora giunta la mia ora. Pero poi fa quanto sua Madre gli ha chiesto. Pensiamo quanto grande sia Maria, quanto potente sia la sua intercessione. E a lei che dobbiamo chiedere, chiedere, chiedere. Con la Supplica noi facciamo proprio questo. E lo facciamo tutti insieme. La Supplica, nata dall’ispirazione del Beato Bartolo Longo, che la scrisse nel 1883, e una preghiera corale. Nel "Padre nostro" ci rivolgiamo a Dio non come singoli, ma con gli altri, cosi facciamo nella Supplica. Volgi, o Maria, il tuo sguardo pietoso su di noi. diciamo tra l’altro. Su noi tutti, non solo su noi stessi. L’atteggiamento con cui porsi in preghiera e quello dei fratelli.
Il Papa non manca mai di esortare alla recita del Rosario, alle devozioni mariane e continuamente invita a chiedere l’intercessione di Maria. Come leggere questi richiami?
Francesco e Papa dal cuore tutto mariano. E innamorato della Madonna e lo si vede da ogni suo gesto. Il Santo Padre ci ricorda che il Rosario e la preghiera degli umili e dei santi. Col Rosario preghiamo la Madre, che ci accompagna al Figlio, il nostro Salvatore che, nel Rosario, contempliamo con i suoi occhi. E la catena dolce che ci rannoda a Dio e ci fa fratelli, come diciamo proprio nella Supplica. Insieme, col Rosario, sentiamo la presenza di Dio, qui e ora, in questo momento della storia che sembra sovrastarci e inchiodarci ai nostri limiti. Il Rosario e la preghiera che, più di tutte le altre, porta impressa la memoria dei tempi difficili della storia. Negli ultimi mesi, sulla pagina Facebook del Santuario, è stata lanciata la proposta della "Staffetta del Rosario". Un’idea semplice: recitare il Rosario a turno, dalle 7 alle 22. Ognuno poteva e può scegliere l’orario in cui pregare cosi da formare una lunga catena di preghiera di ben quindici ore. Non riusciamo più a contare le persone che hanno aderito con gioia, molti anche da tanti paesi stranieri. Se alla Madonna dobbiamo rivolgerci sempre, dobbiamo farlo ancora di più oggi, in questo tempo così difficile per tutta l’umanità.
La Supplica alla Vergine del Rosario rispecchia proprio la realtà che stiamo vivendo. Nelle parole di Bartolo Longo ci sono in effetti quegli affanni e travagli che ci stanno amareggiando, i pericoli nell’anima e nel corpo cui siamo esposti, le calamità e le afflizioni che temiamo; davvero questa preghiera continua ad essere attuale.
Ne "Le confessioni", Sant’Agostino prega con parole meravigliose, ispirate, piene di verità: Ci hai fatti per Te e inquieto e il nostro cuore finché non riposa in Te. L’umanità avrà sempre bisogno di Dio. Questa vita ha i suoi affanni e travagli. Non c’è, nella storia dell’umanità o anche nelle vicende personali dei singoli, un momento in cui si sia davvero liberi da ogni preoccupazione. Credere, pregare con la Supplica alla Vergine del Rosario di Pompei, avere fede, non sono talismani che ci proteggono da tutto, da un virus o da un evento che sconvolge la nostra esistenza. Credere in Dio, pero, sostiene la nostra vita. La Supplica e intrisa di fede, ne e imbevuta. Non eviteremo amarezze e difficoltà, ma non avremo paura quando, nel cuore, abbiamo la certezza che il Padre e con noi, ci cammina accanto. E Maria e presente con Lui. Nel Salmo 22 preghiamo cosi: Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza.

La Chiesa di Pompei come sta affrontando questo particolare momento difficile?

Il Santuario di Pompei e edificato su pietre saldissime: la fede e la carità. Da un lato, anche nei giorni del lockdown, con i mezzi di comunicazione sociale, abbiamo "allargato" le porte della Basilica perchè chiunque, anche da casa propria, potesse partecipare alle celebrazioni e alle preghiere, pur non potendo essere fisicamente presente a Pompei. Dall’altro abbiamo continuato a portare avanti le Opere di carità, ancora di più in questi mesi quando l’emergenza sanitaria e diventata anche crisi economica. Le preghiere, innanzitutto il Rosario e la Novena d’impetrazione di Bartolo Longo, cosi come le celebrazioni Eucaristiche sono state proposte in streaming sulla pagina Facebook del Santuario e sono riprese dai media regionali e nazionali. In citta, inoltre, le parrocchie hanno continuato e continuano a rimanere vicine alle famiglie proponendo iniziative di gruppi ecclesiali, l’impegno nella formazione catechetica e nel garantire a tutti la vicinanza. E si prega, si prega tanto.
Le opere di carità del Santuario di Pompei non si sono fermate, pur se le avete riorganizzate nel rispetto delle misure restrittive disposte dal governo per evitare la diffusione del coronavirus. Come le avete adattate?
Le Opere di Carità del Santuario di Pompei non si sono mai fermate. La carità del Santuario mariano ha accresciuto anzi il suo impegno. Una carità e una solidarietà che, pur nel rispetto delle restrizioni emanate dal Governo, hanno raggiunto chi e nel bisogno con tutele ed aiuti dal punto di vista affettivo, economico, sociale. Ognuna delle sedici Opere sociali del Santuario mariano ha cosi pensato ulteriori modi, oltre a quelli ordinari, per continuare ad essere vicina a chi e nel bisogno. I Centri educativi "Beata Vergine del Rosario", affidato alle Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei, e "Bartolo Longo", gestito dai Fratelli delle Scuole Cristiane, continuano ad essere punto di riferimento per i bambini e i ragazzi accolti e per le loro famiglie, ora più che mai in difficolta, e ciò viene fatto non soltanto con la distribuzione alle famiglie dei nostri ragazzi di beni di prima necessita. Ciò che riempie di gioia e anche il forte legame che i nostri ragazzi hanno con i religiosi, le religiose e gli educatori che quotidianamente si occupano di loro. Non passa giorno in cui non si sentano con telefonate, messaggi e videochiamate. Molti hanno anche inviato lettere e foto raccontando come stanno trascorrendo questo tempo di quarantena: sono legami che vanno oltre le distanze, le lontananze forzate. Noi tutti sentiamo il dovere di essere vicini a questi ragazzi e alle loro famiglie che l’emergenza sanitaria sta mettendo in seria difficoltà, acuendo situazioni sociali già estremamente difficili. Al di là del cibo e altri beni necessari, non viene trascurato il nutrimento affettivo e relazionale, di cui tutti abbiamo bisogno. Anche la Mensa dei Poveri "Papa Francesco", gestita dall’Ordine di Malta, ha continuato regolarmente ad offrire viveri agli ospiti presso un supermercato convenzionato. E non si sono fermate neanche le nostre sei case famiglia. La casa Emanuel, all’interno dell’area del Santuario accoglie mamme in difficoltà e i loro bambini. Le cinque case famiglia del Centro per il Bambino e la Famiglia "Giovanni Paolo II" continuano ad operare regolarmente; sono presenti neonati, bambini, disabili, mamme con i loro figli, anziani. Anche nella fattoria della "Comunità Incontro", dedicata al recupero degli ex tossicodipendenti, proseguono le attività ordinarie. Il Santuario della carità – come il Beato Bartolo Longo definiva le Opere sociali di Pompei – continua, dunque, in questo difficile periodo a donare con generosità ascolto e amore ai bisogni dell’altro, secondo l’esempio del proprio fondatore e gli insegnamenti del Vangelo.

C’è una storia particolare che l’ha particolarmente colpita?

Si, ed e sicuramente quella di Maria (il nome e di fantasia, ndr). Maria e una bimba di pochi giorni che, dopo essere stata abbandonata dalla mamma, e stata affidata alla Casa "Oasi Vergine del Sorriso", guidata dai coniugi Roberta e Alfredo, della Fraternità di Emmaus. L’8 marzo, in piena emergenza sanitaria, Maria e giunta nella casa della Madonna di Pompei. E stata la Procura ad affidarla, con un’autorizzazione speciale, in quanto, in Casa famiglia, era già stato superato il numero di bambini massimo da poter avere in affido. L’eccezione nasce dal fatto che Maria e la sorellina di un bambino accolto nella stessa casa. Insomma un’emergenza nell’emergenza, che ci ha donato grande speranza: una carezza della Madonna.

*"Ottobre 2020" L'Ora del Mondo

Presiede dal Cardinale Fernando Filoni, Gran Maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme
Volgi, o Maria, il tuo sguardo si di noi
Milioni di voci, unite in ogni parte del mondo, chiedono alla Madonna d’intercedere per la fine della pandemia e la pace. Mai come quest’anno, nella tempesta della pandemia, la Supplica, guidata dal Cardinale Fernando Filoni, è accorata e partecipe.
Papa Francesco, che il 3 ottobre ha firmato ad Assisi la sua terza enciclica, intitolata "Fratelli tutti", si unisce spiritualmente ai fedeli che, nel rispetto rigoroso delle norme sanitarie, sono in Piazza Bartolo Longo per il tradizionale appuntamento della prima domenica d’ottobre
«Ci rivolgiamo ora a Maria Santissima spiritualmente uniti ai fedeli radunati nel Santuario di Pompei per la Supplica, e nel mese di ottobre rinnoviamo l’impegno di pregare il Santo Rosario».

                                                              Papa Francesco

                                                      Angelus - Domenica 4 ottobre

Ha bisogno di speranza il mondo impaurito che si è ritrovato nel pieno di una tempesta, una pandemia che non ha risparmiato alcun popolo, un’emergenza sanitaria presto diventata una crisi anche di carattere economico. È per questo che, per certi versi, la Supplica della prima domenica di ottobre è ancora più vibrante, sentita, coinvolta.
La preghiera d’invocazione, composta dal Beato Bartolo Longo nel 1883, ha accompagnato da allora la storia dell’uomo. Alla Beata Vergine del Santo Rosario il popolo di Dio si è rivolto nella miseria di fine Ottocento, nei grandi conflitti della Prima e Seconda Guerra mondiale, nei momenti più bui della vicenda
umana.

È sempre la Madonna l’ultimo baluardo, colei che, nelle litanie lauretane del Rosario, è chiamata anche Torre d’Avorio. Con quanta forza, il 4 ottobre, nella Supplica di quest’anno, presieduta dal Cardinale Fernando Filoni, Gran Maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, i devoti hanno rinnovato l’affidamento a Maria, invocata tra l’altro all’alba di ogni giorno del mese del Rosario con il tradizionale rito del "Buongiorno a Maria" che, grazie alle telecamere di Tv2000, è stato condiviso da un numero straordinario di persone. Ogni verso della preghiera è sembrato ancora più potente in questo nostro tempo: «Ti prenda compassione degli affanni e dei travagli che amareggiano la nostra vita. Vedi, o Madre, quanti pericoli nell’anima e nel corpo, quante calamità ed afflizioni ci costringono».

Ci costringono calamità e afflizioni, ma Pompei è ancora più costretta, gioiosamente costretta, ad avere ed essere speranza per il mondo intero. E la Supplica di quest’anno lo ha dimostrato, ancora una volta. Certo, fino a gennaio scorso, chi avrebbe mai immaginato celebrazione solo grazie al rispetto di norme sanitarie rigorose? Chi avrebbe potuto immaginare celebranti e fedeli con le mascherine calate su naso e bocca, attenti a rispettare il distanziamento di più d’un metro dal vicino di posto e a igienizzare le mani, con le forze dell’ordine e i volontari impeccabili nel far rispettare ogni norma. La difesa della vita, nella sua sacralità, è una priorità assoluta.

Ancora di più lo è la tutela della vita più fragile. Bartolo Longo, nel suo libro "Per la educazione morale e civile dei figli dei carcerati", spiegava di voler educare i ragazzi a diventare «buoni cittadini e buoni cristiani». E a richiamare ancora di più l’attenzione sulla delicatezza del momento è stata la triste notizia, appresa poco prima dell’inizio della celebrazione, della scomparsa di Monsignor Giovanni D’Alise, il Vescovo di Caserta che quattro giorni prima, colpito da Coronavirus, era stato ricoverato in ospedale. Era un amico del Santuario, teneramente devoto alla Madonna di Pompei, e, nel corso della celebrazione, si è pregato per lui così come per le centinaia di migliaia di morti causati da un virus, che ha fatto irruzione nella storia dell’umanità e della Chiesa come una prova misteriosa. Maria è sempre colei alla quale guardare perché, nella sua vita, non le fu risparmiata la sofferenza più atroce. «Venire a Pompei – ha spiegato il Cardinale Filoni nell’omelia, che pubblichiamo integralmente – significa venire a una scuola, quella di Maria dove si apprende che cos’è la fede, si impara a pregare e a dilatare il cuore nella carità». Il porporato, che il 3 ottobre ha fatto visita alle case famiglia del Centro "Giovanni Paolo II" del Santuario, ha spiegato di essere «rimasto favorevolmente sorpreso di vedere come, attorno a questo Santuario, albero sotto cui tanti vengono a trovare rifugio, ci siano così splendidi fiori». È quella carità che accomuna il Beato Bartolo Longo a San Francesco d’Assisi.

Quest’anno la Supplica è ricorsa proprio il 4 di ottobre, festa del Poverello d’Assisi. E in proposito l’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, nel saluto al celebrante, ha voluto ricordare le parole pronunciate dal suo venerato predecessore, il Servo di Dio Francesco Saverio Toppi, Arcivescovo di Pompei dal 1990 al 2001: «Bartolo Longo additava in Francesco la figura della Carità, della fratellanza universale e della pace. Quanto si proponeva con le Opere caritative, era un ideale che gli veniva ispirato in modo particolare dalla spiritualità francescana. Questa si armonizzava in lui a meraviglia con la spiritualità domenicana in una sintesi perfetta e operosa».
Ai fedeli che hanno raggiunto la Città mariana, tra i quali molti diversamente abili che hanno seguito il rito nei posti riservati all’interno della Basilica, si sono uniti centinaia di migliaia di devoti che hanno partecipato, in unione spirituale, dalle loro case seguendo la diretta su Canale 21 e Tv2000.
(Autore: Giuseppe Pecorelli)

Le parole dell’Arcivescovo di Pompei

La preghiera che ci fa tutti fratelli
«Bartolo Longo additava in Francesco la figura della Carità, della fratellanza universale e della pace. Quanto si proponeva con le Opere caritative, era un ideale che gli veniva ispirato in modo particolare dalla spiritualità francescana».

Il Servo di Dio
Francesco Saverio Toppi

Eminenza Reverendissima, benvenuto a Pompei!

È con grande gioia che l’accogliamo qui, nella Casa di Maria, ringraziandola di cuore per aver accettato di presiedere questa solenne liturgia. Lei è di casa a Pompei, non solo perché ha già presieduto questi riti nel 2007, così come la Messa per il Pellegrinaggio delle Famiglie per la Famiglia lo scorso anno. Le sue origini pugliesi rimandano immediatamente al nostro Fondatore, il Beato Bartolo Longo, al quale la unisce anche l’appartenenza all’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Ci ritroviamo oggi, prima domenica di ottobre, per la celebrazione della Santa Eucaristia e la recita della Supplica, preghiera composta dal nostro Beato nel 1883, in risposta alla prima enciclica sul Rosario di Papa Leone XIII. È una preghiera corale, che contiene in sé le domande e le richieste degli uomini e delle donne di ogni tempo. È una preghiera che unisce, al di là delle distanze, stiamo faticosamente vivendo. Durante il lockdown, la preghiera della Supplica, irradiata dai canali social del nostro santuario, ha legato in un’unica catena d’amore milioni di devoti della Vergine di Pompei sparsi in tutto il mondo. Ci ha fatto sentire davvero tutti fratelli, così come ci esorta Papa Francesco, del quale oggi ricorre la festa onomastica e che, appena ieri, sulla tomba del Santo di
Assisi, ha firmato l’Enciclica "Fratelli tutti", sulla fraternità e l’amicizia sociale. La felice coincidenza tra la festa di San Francesco e la preghiera solenne della Supplica mette in luce il forte legame tra il nostro Fondatore e il Poverello di Assisi, come scriveva nel 1992 il mio amato predecessore, il Servo di Dio Francesco Saverio Toppi, religioso francescano: «Bartolo Longo additava in Francesco la figura della Carità, della fratellanza universale e della pace. Quanto si proponeva con le Opere caritative, era un ideale che gli veniva ispirato in modo particolare dalla spiritualità francescana. Questa si armonizzava in lui a meraviglia con la spiritualità domenicana in una sintesi perfetta e operosa». Oggi siamo uniti in preghiera. E pregare assieme, nelle comunità come nelle famiglie, è certamente la riscoperta dei credenti di tutto il mondo in occasione della pandemia. Ricordiamo l’audience straordinaria alle Messe di
Papa Francesco da Santa Marta oi numerosissimi partecipanti alla nostra Staffetta del Rosario. Il santo Rosario, fondamento stesso del nostro Santuario, è, allo stesso tempo, preghiera e catechesi, perché meditandone i Misteri ripercorriamo le tappe della vita di Gesù, proponendoci in cuor nostro di riviverli nella nostra stessa esistenza. Bene lo sanno i devoti della Madonna di Pompei, che nonostante le restrizioni sociali per il contenimento dell’emergenza sanitaria, sono presenti qui in piazza, nel rispetto delle regole.

Innumerevoli, poi, sono i fedeli che ci seguono attraverso la tv e i canali social. A tutti loro va il più affettuoso saluto. Assieme alle distinte autorità civili e militari, guidate dal Sindaco di questa città mariana, sono presenti tra noi numerosi pellegrini, alcuni venuti anche dall’estero, rappresentanti delle parrocchie, delle associazioni e dei movimenti ecclesiali, degli Ordini Equestri tutelati dalla Santa Sede. Un posto speciale occupano gli ospiti e i responsabili delle
Opere caritative del Santuario di Pompei, nelle quali prosegue senza sosta, nonostante il Covid e le limitazioni connesse, l’accoglienza degli ultimi e degli emarginati, secondo gli insegnamenti e l’esempio del Beato Bartolo Longo. Durante la celebrazione pregheremo in particolare per Lei, Eminenza carissima, affidando alla Vergine di
Pompei, in primo luogo, il suo ministero sacerdotale ed episcopale. Accolga nuovamente i nostri auguri per il suo 50° di sacerdozio, da poco celebrato. E porteremo all’altare anche la sua missione di Gran Maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di
Gerusalemme. La Terra Santa, culla della nostra fede, è al centro delle preghiere di tutti i cristiani, soprattutto in questo momento di grandi difficoltà. Siamo restati ammirati dall’esempio dei trentamila cavalieri dell’Ordine del Santo Sepolcro, sparsi nel mondo, che hanno subito accolto il Suo appello ed inviato, suo tramite, al
Patriarcato latino di Gerusalemme un generosissimo e concreto sostegno straordinario. La Vergine del Santo Rosario di Pompei, da Lei tanto amata e venerata, la benedica e la protegga sempre! Benvenuto!
                                                    ✠Tommaso Caputo
                                          Arcivescovo-Prelato e Delegato Pontificio

*L'Omelia del Cardinale Fernando Filoni

L’umanità ferita cerca riparo a Pompei casa della carità alla scuola della Madonna
Cari fratelli e sorelle in Cristo,
Una venerabile tradizione vuole che la prima domenica di ottobre, dopo l’8 maggio, si rinnovi la pia pratica della recita, presso questo Santuario mariano, della Supplica alla Regina del Santo Rosario. È un appuntamento caro alla pietà popolare ed io sono particolarmente lieto di essere qui con voi, tanto più in quest’anno del mio 50° anniversario di vita sacerdotale. Ringrazio l’Arcivescovo per le sue parole di accoglienza ed il Clero per questo invito che mi permette di pregare con voi e di rendere grazie a Colei che fu madre del primo sacerdote, Cristo, e di ogni sacerdote che riceve in dono la missione di rinnovare sacramentalmente la presenza di Gesù nel mondo. C’è sempre un parallelismo adeguato tra Maria che genera Gesù e il sacerdote che genera l’Eucaristia. Venire a Pompei significa venire a una scuola, quella di Maria dove si apprende che cos’è la fede, si impara a pregare e a dilatare il cuore nella carità. Pompei è anche una palestra che ci permette di uscire da una pigrizia spirituale
e da una visione della vita arrotolata su se stessa. Qui il respiro di Dio genera la pace interiore, rinnova la speranza, fa comprendere che la fede non è estranea alla storia della vita e a quella del mondo. Il mistero della vita di Gesù – penso alla sua nascita, alla sua missione e alla sua morte redentrice - si comprende solamente stando accanto alla fede di Maria che divenne lo spazio aperto perché Dio si manifestasse visibilmente nel nostro mondo, da sempre articolato attorno ad una trama incerta e confusa di sé. Maria divenne allora il segno della fecondità della fede, dal momento che Ella stessa dovette fidarsi della Parola di Dio, comprendendola poi gradualmente negli avvenimenti difficili di cui divenne parte: pensiamo alla sua maternità non ordinaria, alla vita con Giuseppe e con il bambino nato da lei, agli anni lunghi e silenziosi di un’esistenza nascosta e semplice in un insignificante villaggio della Galilea,
Nazaret, alla vedovanza, all’esodo del figlio per una missione tra odi, incomprensioni e ammirazione suscitati da una predicazione accompagnata da segni prodigiosi; infine, pensiamo alla fine drammatica di Gesù con l’atroce morte in croce di cui Maria fu testimone raccogliendo l’ultimo gemito del Figlio. Maria maestra della fede ci comunica così il senso del nostro vivere, mentre il nostro tempo passa segnato da peccati, violenze, da tante tristezze e contraddizioni.

Il Vangelo di oggi è un po’ il paradigma di tali contraddizioni: il padrone di un campo pianta una vigna, la cura, spende tempo e denaro; ma deve partire e l’affida a dei contadini che gli dovranno dare poi parte del raccolto, del vino. Ma i vignaioli non intendono mantenere la promessa; tentano di appropriarsi della vigna e arrivano perfino a uccidere il figlio del padrone, costringendolo a ritornare e a far valere duramente i suoi diritti (cfr. Mt 21, 33-43).
In questa storia manca qualcosa. È infatti una storia di vicende umane, che conta su calcoli di sopraffazione e di ingordigia; ma la storia a cui Gesù intende fare riferimento nella parabola è altra; egli si riferisce al Regno di Dio, che ha diversa prospettiva, altri attori e una vicenda che non può fare a meno del ruolo di Maria. È attorno a lei, infatti, che si aduneranno gli apostoli, formando il popolo nuovo a cui verrà affidata la vigna e dato lo Spirito Santo. Il Regno di Dio ha bisogno di Maria, non può fare a meno di Lei. Con Lei la visione di ogni storia cambia. Come cambiò quella di Cana di Galilea, dove, con il suo intervento risoluto, Maria salvò gli sposi dal grave disagio in cui si sarebbero venuti a trovare nel giorno più bello, rovinato da un’imperdonabile carenza di vino: "Qualsiasi cosa vi dica, fatela" (Gv 2, 5), dirà Maria agli inservienti; e la storia di quella giovane coppia cambiò. La mano tesa di Maria che spinge il Figlio ad agire mutando l’acqua in vino, da allora in poi non si è mai più ritirata; anzi preme continuamente sul cuore di Dio a venire incontro alle nostre necessità. Nel Rosario Maria si unisce alla nostra cadenzata preghiera, sostenendoci nelle afflizioni e nei mali che ci rattristano: quante guerre e violenze fratricide che rendono infelici anche gli stessi sopravvissuti, quante distruzioni; pensiamo alla fame e alle povertà che abbrutiscono e umiliano, guardiamo alle famiglie divise e lacerate per sempre; e che dire della droga che uccide, del consumismo che annebbia la vista, delle tante malattie che ci fanno soffrire? La radice di tutte queste tristezze è nella finitezza umana, ancor più dolorosamente percepite lì dove manca il senso dell’eternità. Maria educa all’eternità, ci incoraggia ad alzare lo sguardo e il cuore verso
Dio e ci insegna a pregare. Ma alla scuola di Maria si apprende anche la carità. La carità dilata il cuore, lo rende sensibile; Gesù stesso non poté esimersi di fronte all’impellente domanda della Madre: fate quello che egli vi dirà.

Da quell’istante non solo ai servitori, ma allo stesso Figlio non restò che ubbidire. Mai più nel Vangelo, Maria apparirà così decisa nello spingere Gesù ad agire. In verità, non ce ne sarebbe stato più bisogno perché il cuore dilatato di Cristo non si sarebbe più chiuso. Il mistero della carità dunque continua. Qui a Pompei questo mistero è ben vivo e presente. Io stesso ieri, visitando alcune Opere sociali, sono rimasto edificato, favorevolmente sorpreso di vedere come, attorno a questo Santuario, albero sotto cui tanti vengono a trovare rifugio, ci siano così splendidi fiori. Così dobbiamo riconoscere che, accanto al miracolo del vino, c’è anche quello del pane, lo stesso che permise presso il lago di Tiberiade di saziare migliaia di persone con cinque pani e pochi pesci (cfr. Gv 6, 1-3).

Le opere di carità attorno a questo Santuario, parlano di una moltiplicazione senza fine: di una lunga mensa per i poveri, di asili per madri e bambini in difficoltà, di centri per il recupero dalle dipendenze più distruttive e di accoglienza di migranti che giungono attraversando pericolosamente il Mediterraneo. La carità qui è poliedrica secondo l’intuizione del beato Bartolo Longo, di cui celebriamo domani la ricorrenza liturgica e quest’anno il 40° anniversario della Beatificazione. Sacramentalmente parlando, il supremo atto di carità di Cristo verso di noi sta nell’Eucaristia - pane e vino, il suo Corpo e il suo Sangue. Sarà un dono definitivo che si colloca al centro del Regno di Dio.
Fu allora, che nel raccogliere le parole del Signore - "Fate questo in memoria di me!" - la Chiesa nascente sentì in esse anche l’eco delle parole di Maria che diceva agli inservienti di Cana: "Qualsiasi cosa vi dica, fatela!". Due espressioni che si uniscono in una sola. La Chiesa accolse pienamente quell’esortazione e, mentre ancora oggi riattualizza il Miracolo della presenza sacramentale di Gesù, riattualizza anche il miracolo della carità per i più poveri, perché i due "miracoli", l’Eucarestia e la Carità, sono inscindibili.

Fede e carità, qui, in Pompei, dunque, si uniscono, si intersecano e camminano insieme. In questa casa, a questa scuola di Maria la fede produce la carità e la carità dilata la fede: questi sono i doni che riceviamo. Con la Supplica chiederemo oggi a Maria di continuare ad essere nostra Maestra e Madre, di tenerci nella sua casa accanto a Gesù, di riannodare le fila interrotte della nostra vita, di riannodarci a Dio; le chiederemo che non venga meno nella Chiesa il dono dell’Eucaristia e il mistero della carità, ed imploreremo la misericordia e la pietà divina per le nazioni e il mondo intero afflitto da tanti mali. Amen.
✠ Card. Fernando Filono
Gran Maestro dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme

«Visitando alcune Opere sociali, sono rimasto edificato, favorevolmente sorpreso di vedere come, attorno a questo Santuario, albero sotto cui tanti vengono a trovare rifugio, ci siano così splendidi fiori.
Così dobbiamo riconoscere che, accanto al miracolo del vino, c’è anche quello del pane, lo stesso che permise presso il lago di Tiberiade di saziare migliaia di persone con cinque pani e pochi pesci».

✠ Card. Fernando Filono

"Maggio 2021" L'Ora del Mondo
Presiede Sua Eminenza xxx

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Sua

"Ottobre 2021" L'Ora del Mondo
Presiede Sua Eminenza Domenico Battaglia - Arcivescovo Metropolita di Napoli

Le parole dell’Arcivescovo di Pompei
Con Maria tutto rinacque e rinasce ogni giorno
Eccellenza, carissimo Don Mimmo, benvenuto a Pompei! Le siamo riconoscenti per aver accolto l’invito a presiedere questa celebrazione eucaristica nella casa della Madonna, “la Regina delle Vittorie, la Sovrana del Cielo e della Terra”, alla quale a mezzogiorno eleveremo la Supplica della prima domenica di ottobre. Desidero dare un grato benvenuto anche all’Arcivescovo Lazzaro You, Prefetto della Congregazione vaticana per il Clero, uno dei più stretti collaboratori di Papa Francesco, agli Arcivescovi Luigi Travaglino e Mario Milano, alle distinte autorità civili e militari qui presenti col Signor Sindaco di Pompei, ai numerosi sacerdoti, alle religiose, ai religiosi e ai tanti pellegrini giunti a Pompei dall’Italia e da altre nazioni. Con noi, stamattina, c’è un folto gruppo proveniente dalla Polonia.
E un saluto speciale ai fratelli e alle sorelle che ci seguono attraverso la televisione. Oggi, la casa di Maria sembra quasi trasformare le pietre, con le quali fu edificata per volontà del Beato Bartolo Longo, in braccia di carne che s’allargano fino ad abbracciare tutti, anche i popoli più lontani, soprattutto gli uomini e le donne che vivono il tempo del dolore, della solitudine, della malattia. Un abbraccio che si estende ovunque, e in modo speciale in questo giorno solennissimo, con la preghiera della Supplica, l’ora del mondo, che il Beato Bartolo Longo scrisse nel 1883.
La reciteremo anche noi tra poco riconoscendo che, senza la Vergine Maria, che sempre conduce a suo figlio Gesù, non avremmo né meta né direzione. Caro Mons. Mimmo, la gente di Napoli, terra benedetta da Dio, ha un vincolo profondo con la Madonna di Pompei, la cui Immagine si ritrova nelle chiese, ai crocicchi delle strade, negli edifici pubblici e privati, soprattutto nel cuore di tante persone. Ne avrà fatto spesso esperienza sin da quando, il 2 febbraio scorso, ha fatto ingresso a Napoli, come Arcivescovo metropolita. È proprio a Napoli che il giovane avvocato Bartolo Longo si recò alla ricerca di un’immagine della Vergine dinanzi alla quale i pochi contadini dell’allora Valle potessero pregare. Il Beato trovò il Quadro, oggi venerato nel mondo, nel Convento del Rosariello, a Porta Medina, nella Pignasecca. Gli fu affidato da una religiosa domenicana di clausura, Suor Maria Concetta De Litala. L’Icona arrivò a Pompei il 13 novembre del 1875 su un umile carro di letame. Quello che accadde dopo è sotto gli occhi di tutti. Dov’era una natura selvaggia è sorta una città; dov’erano i briganti è arrivato un popolo d’innamorati della Madonna; dov’era il silenzio della paura e della fatica quotidiana s’eleva la preghiera del Rosario; dov’era l’ignoranza è la sapienza della fede; dov’era la morte è la vita; dov’era il buio della desolazione è la luce della carità. Tutto rinacque, e rinasce ogni giorno, grazie alla presenza di Maria che, con la preghiera del Rosario, ci insegna a contemplare con i suoi stessi occhi il volto del suo divin figlio Gesù, nostro Salvatore. Lei, carissimo don Mimmo, ha un cuore pompeiano perché intriso di carità.
Ha guidato il Centro calabrese di solidarietà, comunità dedicata al trattamento e al recupero di persone affette da dipendenze; è stato vicepresidente della “Fondazione Betania” di Catanzaro, opera diocesana di assistenza e di carità; ha ricoperto l’incarico di presidente nazionale della Federazione italiana delle comunità terapeutiche. Nei ragazzi in cui non credeva più nessuno ha visto il volto di Cristo sofferente ed è stato per loro padre e madre. Qui a Pompei, nel solco del carisma del Beato, operano i Centri educativi “Beata Vergine” e “Bartolo Longo”, guidati rispettivamente dalle Domenicane Figlie del Santo Rosario e dai Fratelli delle Scuole Cristiane: vi sono accolti bambini e adolescenti in situazioni di disagio familiare; la Casa Emanuel, che ospita donne sole con i loro piccoli; le cinque case famiglia del Centro per il bambino e la famiglia “Giovanni Paolo II”; la Mensa per i poveri “Papa Francesco” frequentata ogni giorno da centinaia di persone, spesso intere famiglie; la Comunità Incontro per il recupero dalle dipendenze.
I Padri della Certosa di Serra San Bruno, nella sua terra calabrese, hanno come motto: “Stat Crux dum volvitur orbis” - “La Croce resta ferma mentre il mondo gira”.
Ma sotto quella Croce era Maria, che resta sempre lì, Madre premurosa per tutti i suoi figli. La Madonna, che oggi invocheremo nella Supplica e sempre invochiamo nella preghiera del Rosario, radice stessa di questo Santuario, conceda a lei, caro don Mimmo, e a tutti noi, l’amore suo costante e, in modo speciale, la sua materna benedizione.
Tommaso Caputo

       

Arcivescovo-Prelato e Delegato Pontificio

*L’impegno rinnovato di pregare il Rosario

L’Arcivescovo di Napoli, Domenico Battaglia, ha presieduto il tradizionale appuntamento della prima domenica del mese del Rosario in piazza Bartolo Longo. Nelle sue parole l’esortazione a guardare alle periferie della storia, ai piccoli e agli ultimi, dei quali si calpestano i diritti e non si ascolta il grido. Al termine dell’Angelus, anche Papa Francesco si è unito spiritualmente ai pellegrini raccolti in preghiera nella Città mariana.
«Il futuro è dei piccoli, e ogni futuro va costruito nel presente, nella capacità di accogliere, di agire per il giusto oggi, affinché il domani veda innalzato chi è umiliato adesso. Quante volte invece le nostre parole incoerenti, l’egoismo delle nostre azioni tradisce l’amore e la giustizia? Quante volte allontaniamo da noi i bambini, gli indifesi, e non ci accorgiamo della durezza dei nostri cuori?».
Sono le parole dell’Arcivescovo metropolita di Napoli, Monsignor Domenico Battaglia, che domenica 3 ottobre, a Pompei, ha presieduto la Messa e poi la recita della Supplica di ottobre, mese del Rosario, sul sagrato del Santuario dove, grazie a un’organizzazione minuziosa, si è riusciti a garantire una grande partecipazione di popolo nel rispetto delle misure sanitarie in vigore.
A concelebrare sono stati l’Arcivescovo di Pompei, Tommaso Caputo, l’Arcivescovo Lazzaro You, Prefetto della Congregazione vaticana per il Clero, l’Arcivescovo Luigi Travaglino, Nunzio apostolico emerito, l’Arcivescovo emerito di Aversa, Mario Milano, e il clero della Prelatura di Pompei. Pur a distanza, la diretta dell’evento, garantita, in tv e in streaming, da Tv2000 e da Canale 21, ha consentito la partecipazione di centinaia di migliaia di persone non solo in Italia, ma anche in Europa e nel mondo. Spiritualmente anche Papa Francesco si è unito a Pompei e, al termine della recita dell’Angelus domenicale, non ha fatto mancare le sue parole di vicinanza ai fedeli pellegrini nella Città mariana: «In questa prima domenica di ottobre – ha detto il Santo Padre – il pensiero va ai fedeli radunati presso il Santuario di Pompei per la recita della Supplica alla Vergine Maria.
In questo mese rinnoviamo insieme l’impegno a pregare il Santo Rosario». Nell’omelia di Monsignor Battaglia, un’esortazione a vincere gli egoismi personali, a superare l’indifferenza verso la sofferenza dei fragili, a non arrendersi a chi calpesta i diritti dei piccoli e a costruire una civiltà fondata sull’amore.
L’Arcivescovo di Napoli è stato accolto a Pompei dal saluto del Prelato, Monsignor Caputo, che nel suo intervento ha sottolineato il rapporto profondo tra Napoli e la Madonna del Rosario. Il Quadro che raffigura la Vergine, oggi venerato nel mondo, si trovava nel Convento del Rosariello, a Porta Medina, nella Pignasecca. L’Icona, che arrivò a Pompei il 13 novembre 1875, fu affidata a Bartolo Longo da una religiosa domenicana di clausura, Suor Maria Concetta De Litala.
(Autore: Giuseppe Pecorelli)
*L’omelia dell’Arcivescovo Domenico Battaglia
 
In ascolto dei bambini e dei piccoli del Vangelo
 
Carissime sorelle e fratelli, è una gioia per me essere qui con voi, in questo giorno così solenne ma allo stesso tempo, familiare, intimo, perché abitato da un incrocio di sguardi che sanno di cielo, come ogni sguardo che lega una madre e i suoi figli. Oggi Maria di Nazareth, Madre della Chiesa, gioisce nel vedere uniti i suoi figli intorno a lei e i figli si rallegrano nel respirare il calore del suo abbraccio, calore che porteranno con sé una volta lasciate le mura sicure di casa, e a cui attingeranno ogni qual volta la strada si farà impervia e il cammino tortuoso. Grazie Fratello Vescovo Tommaso, per avermi invitato in questa città di Maria e avermi permesso di spezzare con voi e per voi il pane della Parola del suo Figlio! Maria ripete e propone unicamente la Parola del Figlio.
Se la guardiamo nei Vangeli la ritroviamo disponibile ad accogliere la Parola, pronta a metterla in pratica, beata per avervi creduto, rapida nell’indicarla come unica via possibile di salvezza, di gioia e di fraternità. Ogni qualvolta ci rivolgiamo a lei, ci sentiamo ripetere le parole che disse a Cana: fate quello che vi dirà! Rispondendo a quest’invito, ci addentriamo così nella buona notizia del Vangelo: ecco, dovremmo sempre ricordarcelo, la Parola di Dio, il Vangelo è buona notizia! E il frutto di una buona notizia è lo spuntare di un sorriso sul volto, di una lacrima di gioia dagli occhi, di un vigore nuovo e prezioso capace di dare slancio alle fatiche quotidiane.
Qual è la buona notizia che il Vangelo oggi ci consegna? È che Dio non è il Dio dei grandi e dei potenti ma dei piccoli, degli umili, di coloro che non contano niente agli occhi del mondo ma che lui non dimentica e per i quali interviene, a tutela della loro dignità di figli, della loro uguaglianza di fratelli e sorelle amati dal Padre! Domandano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie e ovviamente, in linea con la tradizione religiosa, la risposta appare scontata: si, è lecito! Mosè infatti ha permesso al marito di scrivere un atto di ripudio per mandar via la propria moglie. Ma Gesù interviene spiegando e prendendo le distanze: Mosè scrisse questa norma per la durezza del vostro cuore. È la sclerocardia il terreno su cui andrà a seminare Mosè e questo ci fa comprendere come spesso le regole, le norme, più che riflettere l’intenzione originaria e liberante del Padre diventano un compromesso che rispecchia la piccolezza e la durezza del cuore degli uomini. Non può passare sott’occhio il fatto che ad essere oggetto di ripudio, nella questione posta a Gesù, è unicamente la donna, la quale era ben lontana dal godere degli stessi diritti dell’uomo, ridotta così ad un mero oggetto di possesso di cui potersi disfare attraverso il ripudio. Intervenendo con chiarezza, Gesù non ristabilisce solo una sacralità della relazione, ma riporta tutti alla sorgente dell’Amore.
Quell’amore che al principio creò l’uomo e la donna uguali nella dignità, nella bellezza, nel rispecchiare, insieme, l’immagine e la somiglianza di Dio! E così la parola di Gesù diventa baluardo di difesa dell’amore vero, autentico, lontano dal possesso e dal dominio e nello stesso tempo si fa strumento di liberazione per la donna, che entra nella logica dell’amore matrimoniale con gli stessi diritti e doveri dell’uomo. Così, mentre noi corriamo il rischio di cercare tra questi versi evangelici esclusivamente un pronunciamento chiaro sulla fine di un amore, Gesù ci riporta all’inizio dell’amore, al suo principio, riconsegnandoci al sogno di un Dio che non separa ma unisce, che non crea logiche di dominio ma di condivisione, che affida la scintilla del proprio amore alle mani fragili dell’uomo e della donna, invitandoli alla cura vicendevole e al rispetto autentico. Provate a pensare la grande emozione del “per sempre” ... ti sposo per sempre, l’emozione di questa sfida: sei come sigillo sulla mia carne, sul mio cuore... pensate cosa diventa questa emozione del “per sempre” quando la si impoverisce, la si appiattisce ad un precetto. E quello che sto dicendo per l’indissolubilità vale anche per la fedeltà: che spesso è impoverita a “non tradire l’altro” e non invece interpretata a investimento di fiducia nell’altro, come evoca la parola, a passione per la sua immagine, a rispetto tenero del suo volto, a scommessa sull’altro, sulla sua creatività e libertà.
Due sposi, nel giorno del matrimonio, non dovrebbero promettere di stare insieme per sempre, ma di tenere per sempre vivo l’amore. È questo che consente loro di crescere. La fedeltà quotidiana “all’inizio” per non ricadere nella solitudine. Perché il male è la solitudine. Dio non è per la solitudine. La solitudine, come la distanza, non è colmata dai discorsi, è colmata da uno sguardo, da una carezza, da un abbraccio. La questione che il Signore pone, come vedete, è ben più grande del semplice quesito del ripudio: è un invito alla condivisione, alla protezione, alla difesa e alla custodia del suo sogno che è amore infinito ed eterno! Un amore che sovverte ogni ragionamento mondano, ogni cerimoniale umano, dando rilievo a ciò che agli occhi dei grandi non conta, rimettendo al centro coloro che dall’ambizione egoistica vengono posti ai margini, annientando le distanze che separano i piccoli e gli ultimi dal posto che il sogno di Dio assegna loro: il suo cuore. Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso. Gesù è chiaro: prendete esempio dai più piccoli, dalla loro fiducia, dalla loro istintiva bontà, dalla semplicità con cui accolgono le parole che vengono rivolte. È un’inversione di prospettiva: anche chi è più piccolo va ascoltato e lasciato avvicinare, perché ha cose da dire, da chiedere, da ricevere, perché è senz’altro potere che non sia il suo esistere. Il Vangelo ci mostra così l’atteggiamento dei discepoli, ancora distanti dall’essere in sintonia con il pensiero del Maestro e per questo pronti ad allontanare con fastidio i bambini provocando l’indignazione di Gesù.
I bambini a quel tempo - ma quante volte anche al nostro - contavano poco, erano senza diritti, la loro parola non veniva ascoltata e il loro volere era consideravo di valore. I bambini erano e sono ancora un segno dei fragili, dei piccoli, degli ultimi. Molti bambini non sono invisibili, ma non veduti. E ogni qualvolta che la comunità cristiana non si mette al loro servizio ma piuttosto con il suo comportamento li respinge, li calpesta, li ignora privandoli così di camminare verso la bellezza, la pienezza, la dignità che Dio desidera per loro, l’atteggiamento di Gesù nei suoi riguardi è di indignazione! Il Maestro, sempre paziente e disponibile, non sopporta che venga lesa la dignità dei piccoli, calpestato il diritto dei bambini, annientato il desiderio di felicità degli ultimi! L’indignazione di Gesù si tramuta però in sorriso e benedizione ogni qualvolta la Chiesa e la comunità tutta rimettono al centro i bambini, accogliendoli con tenerezza, curandoli con competenza, prodigandosi per la fioritura della loro vita! Il futuro è dei piccoli, e ogni futuro va costruito nel presente, nella capacità di accogliere, di agire per il giusto oggi, affinché il domani veda innalzato chi è umiliato adesso. Quante volte invece le nostre parole incoerenti, l’egoismo delle nostre azioni tradisce l’amore e la giustizia? Quante volte allontaniamo da noi i bambini, gli indifesi, e non ci accorgiamo della durezza dei nostri cuori? Molti ragazzi vengono definiti a rischio di devianza. Ma forse, a essere a rischio è la nostra capacita di amare e di accogliere. Disponibilità ad abbracciare i più piccoli e a non ripudiare nessuno è non tanto fare domande come i farisei, ma saper offrire risposte. Qui a Pompei tocchiamo con mano quanto al Signore stiano a cuore i bambini e gli ultimi! Qui l’indignazione di Gesù nei riguardi di coloro che violano i piccoli, usurpandone i diritti e la dignità, diviene sorriso, gioia, benedizione, sigillo inossidabile di autenticità posto su tutti coloro che accogliendo i bambini, tutelandone la vita, ponendosi al servizio della loro crescita mostrano la duplice vocazione di questa terra, fecondata dall’apostolato di Bartolo Longo: essere una casa di preghiera, essere un santuario di carità! E non è un caso che questo avvenga sotto lo sguardo e la custodia di Maria, donna della speranza, madre dell’amore, che ci indica continuamente la strada della felicità, invitandoci a seguire Gesù, ad ascoltare la sua Parola e credervi con generosità. Come ha creduto lei, prima discepola del Figlio, attraversando le domande della vita, dando a Dio la possibilità di parlare nella parte più profonda della sua anima! Ed è per questo che dagli abissi del suo cuore sale il canto di speranza, un canto che non è solo di Maria ma di tutto il popolo: “Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore, ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi”. Maria ci invita così a riconoscere le tracce di Dio nella storia e dentro di noi, sapendo che Lui si è già fatto vicino, presente, lo abbiamo già incontrato, lo incontriamo ogni giorno sulle strade della nostra quotidianità. I poveri e gli ultimi conoscono la potenza dell’amore del Signore, perché la sua signoria li risolleva dalla loro condizione. Il Signore accoglie la sofferenza, le lacrime, il dolore, delle periferie di questa storia, del grido inascoltato.
La vita di chi sembra non avere più dignità davanti agli uomini, è già amata e salvata, perché è nelle mani di Dio. Maria ci conferma in questa verità… C’è un canto che proviene dall’America Latina e che cantiamo spesso, nella versione italiana, nei nostri santuari e nelle nostre chiese: Santa Maria del Cammino. A volte, come spesso accade con le canzoni, lo cantiamo senza conoscere da dove viene e il contesto da cui ha preso vita. Quel canto nasce dalla voce di tanti campesinos che verso la fine della seconda metà del secolo scorso, trovarono nella Parola di liberazione e di salvezza di Gesù, la forza e il motivo per organizzarsi e lottare pacificamente e senza violenza contro il sistema di oppressione che rendeva i poveri sempre più poveri, schiacciandoli nella loro dignità di figli di Dio! A chi guardavano quegli umili contadini? A chi decisero di chiedere aiuto, compagnia, audacia se non all’umile ragazza di Nazareth, alla Madre dei piccoli e dei poveri, alla Donna del Magnificat? E così nelle loro marce di protesta, nelle processioni dopo il lavoro, nel segreto della loro preghiera, portando ai suoi piedi i desideri di bene di tutta l’umanità si rivolgevano alla loro Madre, cantando: Vieni o madre in mezzo noi, vieni Maria quaggiù! Cammineremo insieme a te, verso la libertà! Oggi, guardando a Maria in quest’ora così cara a tanti suoi figli e figlie sparse per il mondo, dinanzi alla complessità di un tempo storico in cui le avversità sembrano tarpare le ali all’entusiasmo del futuro e l’egoismo dei cuori appare il pericolo più grande per l’intera umanità e perfino per il pianeta, chiediamo anche noi alla nostra Madre di diventare nostra compagna di viaggio, promettendole di tenerla accanto a noi, senza relegarla nella nicchia di un altare ma consentendole di abitare nei nostri cuori, tra le nostre case, mentre una mano sgrana il suo rosario benedetto, dolce catena che ci rannoda a Dio e l’altra mano dona un pasto ad un povero, una carezza ad un bambino, un aiuto ad un anziano.
Facendo mie le parole del canto, con voi e per voi vorrei ripetere a Maria: Madre nostra, Donna del Magnificat, donaci il coraggio di credere che mentre trascorre la vita, nessuno di noi è mai solo, poiché tu, santa Maria del Cammino, sempre sei con noi. E quando qualcuno ci dice rassegnato: “Nulla mai cambierà”, ridesta in noi il desiderio di lottare per un mondo nuovo, di lottare per la verità! E se nel nostro quotidiano, lungo la strada di tutti i giorni, incontriamo persone chiuse in sé stesse, senza una meta apparente, aiutaci a fare il primo passo, offrendo per primi la mano a chi ci è vicino. E quando la stanchezza ci afferra e ci sembra inutile continuare a lottare, ricordaci che nessuna fatica d’amore andrà perduta e che sul solco del nostro cammino, altri uomini e altre donne si metteranno alla sequela del bene, alla sequela del tuo Figlio. Vieni o Madre in mezzo a noi, vieni, Maria quaggiù. Cammineremo insieme a te verso la libertà. Amen!
 
Domenico Battaglia
 
Arcivescovo Metropolita di Napoli

"Maggio 2022" L'Ora del Mondo
Presiede Sua Eminenza il Cardinale Mario Grech

Segretario generale del Sinodo dei Vescovi

Papa Francesco affida alla Madonna l’ardente desiderio di pace
A mezzogiorno, mentre nella Città mariana si è rinnovato l’appuntamento con la Supplica alla Madonna del Rosario, quest’anno presieduta dal Cardinale Mario Grech, Segretario Generale del Sinodo, il Santo Padre, durante il Regina Caeli in Piazza San Pietro, «spiritualmente inginocchiato davanti alla Vergine», ha affidato alla Madonna «l’ardente desiderio di pace di tante popolazioni che in varie parti del mondo soffrono l’insensata sciagura della guerra» presentando «alla Vergine Santa le sofferenze e le lacrime del popolo ucraino». Nella sua omelia, il Cardinale Grech ha ricordato che mentre l’odio insanguina l’Europa e il mondo, Dio continua a credere nell’umanità. E la speranza viene dalla preghiera e dalla carità, i “cardini” di Pompei.
“Proprio in quest’ora tanti fedeli si stringono intorno alla venerata Immagine di Maria nel Santuario di Pompei, per rivolgerle la Supplica sgorgata dal cuore del Beato Bartolo Longo. Spiritualmente inginocchiato davanti alla Vergine, le affido l’ardente desiderio di pace di tante popolazioni che in varie parti del mondo soffrono l’insensata sciagura della guerra. Alla Vergine Santa presento in particolare le sofferenze e le lacrime del popolo ucraino. Di fronte alla pazzia della guerra, continuiamo, per favore, a pregare ogni giorno il Rosario per la pace». Sono le parole che Papa Francesco ha pronunciato domenica 8 maggio, in piazza San Pietro, durante il Regina Caeli, proprio nel momento in cui, sul sagrato del Santuario di Pompei, si elevava la tradizionale Supplica alla Madonna del Rosario, presieduta quest’anno dal Cardinale Mario Grech, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, e concelebrata, in particolare, dall’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, dall’Arcivescovo Luigi Travaglino e dal clero della Città mariana. Alle migliaia di fedeli, presenti sul sagrato della Basilica per il rito, si sono unite centinaia di migliaia di persone che lo hanno seguito in televisione, grazie alle emittenti Tv2000 e Canale 21. E la preghiera si è elevata nelle case, nelle piazze, nelle chiese di tutto il mondo che, a mezzogiorno in punto, hanno “rivolto” gli occhi e il cuore a Pompei. Nella sua omelia, tenuta in una piazza Bartolo Longo tornata ad essere gremita dopo i due anni più duri della pandemia, il Cardinale maltese ha parlato proprio della pace, la prima delle intenzioni di preghiera che sono state rivolte, in questo giorno speciale, alla Madonna, alla quale è stato affidato anche il cammino sinodale della Chiesa universale. Inoltre, la scommessa sull’umanità, nella quale la Chiesa continua a credere saldamente, anche in tempi difficili come quelli attuali, trova forza nella carità e nella preghiera, che il Cardinale ha definito “ingredienti” e “cardini” della Chiesa sinodale, custoditi nella Città mariana. Commentando poi il Vangelo della domenica, il Segretario del Sinodo ha ricordato come la Chiesa in cammino viva nella relazione tra il pastore e il suo gregge, un rapporto fondato sull’amore. E alla carità, che restituisce la speranza all’umanità, è dedicata anche una riflessione del saluto dell’Arcivescovo della Città mariana, Monsignor Tommaso Caputo. Lo pubblichiamo integralmente insieme all’omelia del Cardinale Grech. (G. P.)
“Oggi, 8 maggio, si eleva l’intensa preghiera della “Supplica alla Madonna del Rosario” di Pompei, composta dal Beato Bartolo Longo. Ci uniamo spiritualmente a questo popolare atto di fede e di devozione, affinché per intercessione di Maria, il Signore conceda misericordia e pace alla Chiesa e al mondo intero». Era mercoledì 8 maggio 2013 quando Papa Francesco, nell’Udienza Generale, si univa spiritualmente ai fedeli convenuti a Pompei. Quella espressa dal Santo Padre è una vicinanza non fisica, eppure profondissima, ribadita, anche negli anni successivi, nelle parole pronunciate nei giorni “solennissimi” dell’8 maggio e della prima domenica di ottobre. «Ottobre – diceva ancora nel 2013, nell’Angelus di domenica 6 – è anche il mese del Rosario, e in questa prima domenica è tradizione recitare la Supplica alla Madonna di Pompei, la Beata Vergine Maria del Santo Rosario. Ci uniamo spiritualmente a questo atto di fiducia nella nostra Madre, e riceviamo dalle sue mani la corona del Rosario: il Rosario è una scuola di preghiera, il Rosario è una scuola di fede!». Inizia, sin da quel primo anno di pontificato, la consuetudine del Papa di andare a Pompei col pensiero e con il cuore esprimendo la propria unione spirituale con i devoti, che rinnovano la preghiera della Supplica nella Città mariana. La Madonna del Rosario «ottenga la pace, alle famiglie e al mondo intero!», invocava nell’Angelus del 5 ottobre 2014. Nel Regina Caeli del 7 maggio 2017 raccomandava di pregare il Rosario per la pace. Quello della concordia universale è un tema che torna spesso nelle parole del Santo Padre, che affida proprio alla Madonna di Pompei questa speciale intenzione. E, insieme all’incessante richiesta di pace, Papa Francesco ricorda sempre l’importanza di invocare la Vergine con l’orazione a lei più cara: «In questo mese rinnoviamo insieme l’impegno a pregare il santo Rosario», ha esortato il 3 ottobre 2021.
*Le parole dell’Arcivescovo di Pompei
Le Opere sociali corona di rose del Santuario
Eminenza Rev.ma, benvenuto a Pompei! La ringrazio vivamente di aver accettato l’invito a presiedere questa solenne Concelebrazione Eucaristica e a guidare la recita della Supplica, che alle 12.00 eleveremo alla Vergine del Rosario. Assieme a Lei saluto i confratelli Vescovi, le distinte autorità civili e militari col Signor Sindaco di Pompei, i sacerdoti e i pellegrini, tra cui i carissimi genitori di Vostra Eminenza. Lei proviene dalla Repubblica di Malta, dove sono stato dal 2007 al 2012, al servizio della Santa Sede e dove l’ho conosciuta e ho potuto apprezzare le Sue doti di Pastore dei fedeli della diocesi di Gozo. Nell’arcipelago maltese la devozione alla Madonna di Pompei risale al primo periodo di costruzione del nostro Santuario ed è legata alla testimonianza della grazia ricevuta dalla Marchesa Rosina Apap Testaferrata (prima Zelatrice del Rosario in Malta), che nell’ottobre del 1885 proprio nell’ora della “Supplica”, scampò, insieme al marito e ad altre quattordici persone, ad un naufragio, mentre fuggivano dall’epidemia del colera che aveva colpito la Sicilia. Per ringraziare la Madonna contribuì generosamente alla costruzione della chiesa di Nostra Signora del Rosario di Pompei a Marsaxlokk. Eminenza, anche la Sua devozione alla Madonna di Pompei è legata ad una chiesa dedicata proprio a Lei nella Sua splendida isola di Gozo. Da circa 3 anni, il Santo Padre Francesco l’ha chiamata in Vaticano, nominandola Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi e creandola Cardinale nel Concistoro del 28 novembre 2020. Papa Francesco ci sta insegnando che la sinodalità, il camminare insieme, è una vocazione fondamentale per la Chiesa e deve rendere tutti noi – sacerdoti, religiosi e laici – protagonisti della vita di fede per fare della Chiesa tutta una comunità evangelizzatrice. Anche qui a Pompei ci siamo incamminati, come Santuario, come Parrocchie, come Associazioni e come Opere di carità in questo percorso, avendo come modello la nostra Madre celeste, donna sinodale per eccellenza. Eminenza, la Sua presenza qui ci porta nel cuore della Chiesa universale e del nostro amato Santo Padre Francesco, per il quale, come lui stesso chiede ripetutamente, preghiamo ogni giorno. Dica al Papa che gli vogliamo bene e sosteniamo il suo ministero di Pastore della Chiesa universale e di luce per il mondo intero. Nel 1901, all’inizio del cosiddetto secolo breve, nel quale l’umanità ha vissuto tante tragedie, il Fondatore di Pompei, il Beato Bartolo Longo, volle dedicare alla pace la magnifica facciata del Santuario, davanti alla quale stiamo celebrando. Fin dallo scorso 24 febbraio, seguendo gli accorati appelli di Papa Francesco, abbiamo intensificato il nostro impegno di preghiera per la pace, con celebrazioni, veglie, momenti di riflessione e accoglienza morale e materiale dei profughi ucraini. L’impegno a favore degli ultimi e dei più deboli è nel DNA di questo Santuario, accanto al quale sorgono come una corona di rose, da oltre 130 anni, Opere sociali per l’accoglienza di minori e adulti in difficoltà. Molti di loro, assieme agli operatori di queste strutture: religiosi, religiose, laici e famiglie, sono qui in piazza per rendere grazie al Signore Gesù e alla Madre. A Lei, Vergine del Santo Rosario, affidiamo la Sua persona e il Suo Ministero, nel ringraziarLa ancora per essere qui.
Tommaso Caputo
Arcivescovo Prelato e Delegato Pontificio

*L’omelia del Cardinale Mario Grech
 
La preghiera e la carità i “cardini” di Pompei
 
Cari fratelli e sorelle, è particolarmente significativo trovarci insieme in questo luogo così venerato nel quale la preghiera da sempre si associa alla carità e all’accoglienza. Fu grazie all’intuizione del Beato Bartolo Longo che il Santuario di Pompei non fu solamente il luogo della preghiera, ma anche il luogo dell’accoglienza, della carità e della fiducia. E da quello che ho potuto constatare personalmente in questi giorni, l’attuale pastore di questa Chiesa, Sua Eccellenza Monsignor Tommaso Caputo, sull’esempio del Beato Bartolo Longo, è ben convinto che una fede senza dono, una fede senza gratuità è una fede incompleta, è una fede debole, una fede ammalata e perciò si è seriamente impegnato per conservare ed ampliare sia la preghiera e sia le opere di carità in questa città di Maria del Santo Rosario. Si tratta in realtà di due elementi che sono di grande attualità per la vita della Chiesa in ogni tempo, ma in particolare oggi, mentre viviamo il percorso sinodale che Papa Francesco ha voluto per la Chiesa universale e di cui stiamo attraversando la prima fase in ogni Chiesa particolare, in ogni diocesi, quella dell’ascolto. Infatti il volto di una Chiesa sinodale ha in questi due «ingredienti», custoditi a Pompei, i suoi cardini: la preghiera e la carità. In particolare qui a Pompei la carità ha assunto un tratto particolare: quello della scommessa sull’uomo, in particolare sugli ultimi, gli orfani, i figli dei carcerati. Una Chiesa sinodale è una Chiesa che scommette sull’uomo, facendosi imitatrice dello stile di Dio, come ci ha ricordato il Santo Padre nel discorso di apertura del percorso sinodale: «torniamo sempre allo stile di Dio: lo stile di Dio è vicinanza, compassione e tenerezza. Dio sempre ha operato così. Se noi non arriveremo a questa Chiesa della vicinanza con atteggiamenti di compassione e tenerezza, non saremo la Chiesa del Signore» (Roma, 9 ottobre 2021). Per questo preghiera e carità non possono mai essere separate: la carità dei discepoli e delle discepole di Gesù non è una filantropia ripiegata su sé stessa, ma consiste nel vivere lo stesso amore di Dio che invochiamo e contempliamo nella preghiera. Ma per entrare in questo mistero di carità che contempliamo sul volto di Dio lasciamoci guidare dalla Parola di Dio che abbiamo appena proclamato, dedicata alla figura di Gesù-Pastore. Nel brano del Vangelo si descrivono le azioni delle pecore quelle di Gesù-Pastore. Ripercorrendo i verbi di questo testo di Giovanni possiamo scoprire la dinamica interna di una Chiesa sinodale che si gioca nel rapporto tra il Padre, Gesù e i suoi discepoli. Che cosa fanno le pecore? Le pecore ascoltano la voce del Pastore. Gesù sta parlando in prima persona e dice: «le pecore ascolano la mia voce». La prima cosa che le pecore fanno è quella di ascoltare la voce del Pastore. Questo dice un rapporto personale che è frutto della preghiera e della frequentazione della Parola di Dio. Infatti noi ascoltiamo solo la voce che conosciamo, quella che ci è familiare, non quella dell’estraneo (Gv 10,5) che non conosciamo. Proprio all’inizio del discorso si dice che il pastore chiama le pecore ad una ad una per nome e che le pecore conoscono la sua voce (cf. Gv 10,3-4). Per ascoltare la voce del Pastore occorre familiarità con lui e questa familiarità, che ci permette di riconoscere la sua voce tra le tante voci, nell’esperienza credente è la preghiera. Sempre nel discorso di apertura del percorso sinodale il Santo Padre ha affermato: «il sinodo ci offre l’opportunità di diventare Chiesa dell’ascolto: di prenderci una pausa dai nostri ritmi, di arrestare le nostre ansie pastorali per fermarci ad ascoltare. Ascoltare lo Spirito nell’adorazione e nella preghiera». In secondo luogo le pecore «seguono» il pastore. È il secondo verbo che ha per soggetto le pecore. Non basta ascoltare occorre seguire. Qui potremmo dire troviamo il secondo elemento di una Chiesa dal volto sinodale: la carità. È l’ascolto della voce del Pastore che si traduce in vita vissuta. Non c’è ascolto autentico che non si traduca in sequela del Signore, facendo «sinodo» dietro a lui, cammino insieme. È significativo che si parli di un gregge. Infatti in un gregge è fondamentale camminare insieme, andare insieme dietro il pastore. Solo così le pecore possono avere la vita. Quando una pecora si smarrisce e cammina da sola, va in pericolo. Ma un gregge cammina insieme non perché i suoi membri si sono scelti, ma per la relazione che tutti hanno con l’unico pastore. Come il pastore è ciò che fa l’unità del gregge, così è Gesù che fa l’unità della Chiesa, della comunità dei suoi discepoli e discepole. Allora il fondamento dell’ascolto e della sequela non sta nelle pecore, ma nel pastore. Dobbiamo guardare a lui se vogliamo trovare il fondamento del nostro essere Chiesa. Che cosa fa allora il pastore? Egli conosce le pecore e dona loro la vita eterna. C’è un legame tra l’ascolto e la sequela delle pecore e il conoscere e il dare la vita del Pastore. Nella Bibbia quando parliamo di conoscenza facciamo riferimento ad una realtà relazionale: si conosce, quando si è sperimentata una persona e si è rimasti toccati dall’incontro con lei. Gesù conosce le pecore perché le ha amate al punto da «deporre» la sua vita (cf. Gv 10,15) e così «consegnare» loro la vita eterna. In un altro passaggio del discorso si dice che il pastore conosce le pecore e le pecore lo conoscono (Gv 10,14): è una relazione reciproca fondata sull’amore di Gesù per le sue pecore, i suoi discepoli, fino al dono della vita. Per Giovanni Gesù ci ha amato dell’ «amore più grande». Infatti «nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Gv 15,13). Questo è uno dei frutti della Pasqua di Gesù: la conoscenza reciproca fondata sull’amore. Infine l’ultimo passaggio. Il brano del Vangelo ci dice che la relazione tra Gesù-Pastore e le pecore-discepoli non è chiusa in sé stessa, ma si allarga a quella trinitaria con il Padre. Il testo sembra affermare che ciò che conta è che sia stato il Padre ad affidare le pecore a Gesù: su questo fondamento esse stanno sicure nelle sue mani. Come in tutto il Vangelo di Giovanni, anche qui si afferma che il fondamento della relazione tra Gesù e i suoi discepoli è la relazione esistente tra Gesù e il Padre. Avviene come un’identificazione della mano del Figlio e della mano del Padre. I discepoli sono sicuri nella mano del Figlio, perché in essa si rende presente la mano del Padre. Anche in questo tratto del brano del Vangelo di questa domenica andiamo al cuore della teologia della sinodalità. È infatti nella comunione trinitaria che la comunità dei discepoli e delle discepole del Signore Gesù scopre il proprio modello e la fonte della sua esistenza. Il documento della Commissione Teologica Internazionale afferma: «la Chiesa partecipa, in Cristo Gesù e mediante lo Spirito Santo, alla vita di comunione della SS.ma Trinità destinata ad abbracciare l’intera umanità» (n. 43). Cari fratelli e sorelle, qui a Pompei sono custodite quelle realtà che troviamo nel brano del Vangelo di questa domenica e che sono gli ingredienti fondamentali del percorso sinodale che stiamo vivendo: la preghiera e la carità. Ma c’è un’altra «custode» di questi doni e che è immagine della Chiesa: Maria, qui venerata come Vergine del Rosario. Maria è «donna sinodale» perché Vergine dell’ascolto e della tenerezza. In lei contempliamo la Chiesa Madre e Sposa chiamata a dare una moltitudine di figli al Figlio Sposo morto e risorto. Rinnovare la supplica alla Madonna di Pompei in questo anno non può non farci pensare a tante realtà. La supplica è nata in riferimento alla vita della Chiesa e del mondo: è portare davanti a Gesù, attraverso Maria, «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono» (GS 1). Come posso non ricordarmi dei tanti pellegrini, anche quelli che pensano che siano “fuori” del recinto della Chiesa ma fuori non sono, che oggi hanno i loro occhi bagnati fissi sull’icona della Regina del Santo Rosario! Allora oggi, nella supplica a Maria, Vergine del Rosario, non possiamo non portare «le gioie e le speranze» del percorso sinodale che stiamo vivendo e che il Santo Padre ci invita costantemente a percorrere con slancio e fiducia, lasciandoci guidare da Maria «donna sinodale». Ma poi non possiamo non portare davanti al «cuore di madre» della Vergine Maria «le tristezze e le angosce» della guerra, della violenza e dell’odio che insanguinano oggi l’Europa e tante altre parti del Mondo. Davanti alla Vergine Maria portiamo quindi il popolo dell’Ucraina e tutti coloro che oggi soffrono, scommettendo sull’umanità, come ci ricorda l’intuizione originaria di Pompei. Anche Dio ha scommesso sull’umanità e continua a farlo. Per intercessione di Maria, chiediamo anche noi di essere imitatori di Dio, capaci di scommettere su un’umanità capace di costruire e difendere la pace. Qualcosa ci lega tutti molto profondamente, Siamo fratelli tutti, accolti da Maria. Tutti sotto il suo manto materno!
 
Cardinale Mario Grech
 
Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi

"Ottobre 2022" L'Ora del Mondo
Presiede Sua Eminenza Lazzaro You

La misericordia di Dio può cambiare i cuori
Papa Francesco, all’Angelus, dopo un lungo e accorato appello per la pace in Ucraina, si è unito spiritualmente ai fedeli riuniti nella Città mariana esortando tutti a confidare nella misericordia di Dio e nell’intercessione materna della Regina della pace. La Supplica della prima domenica del mese del Rosario è stata presieduta dal Cardinale Lazzaro You Heung-sik, Prefetto del Dicastero per il Clero, che ha invocato la costruzione di un mondo dove l’economia non uccide, il dialogo è portato avanti senza riserve e la fraternità non ha confini.
«Confidiamo nella misericordia di Dio, che può cambiare i cuori, e nell’intercessione materna della Regina della pace, nel momento in cui si eleva la Supplica alla Madonna del Rosario di Pompei, spiritualmente uniti ai fedeli radunati presso il suo Santuario e in tante parti del mondo». Sono le parole che Papa Francesco ha pronunciato il 2 ottobre scorso, in piazza San Pietro, durante l’Angelus, proprio nel momento in cui, sul sagrato del Santuario di Pompei, si elevava la Supplica della prima domenica del mese del Rosario, nella quale la preghiera composta dal Beato Bartolo Longo è recitata solennemente.
La S. Messa in occasione della Supplica è stata presieduta dal Cardinale Lazzaro You Heung-sik, Prefetto del Dicastero per il Clero, e concelebrata dall’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo; da Monsignor Gennaro Pascarella, Vescovo di Pozzuoli e di Ischia, con il Vescovo ausiliare Monsignor Carlo Villano; dall’Arcivescovo Monsignor Luigi Travaglino, Nunzio apostolico emerito; e da numerosi sacerdoti. Il tema della pace è stato centrale nell’omelia del Porporato, originario della Corea del Sud, che, riferendosi alla Prima Lettura (Ab 1,2-3;2,2- 4), poco prima proclamata, ha messo in rapporto i tempi del Profeta Abacuc, caratterizzati da ingiustizia, prepotenza, violenza, con quelli odierni non meno complessi. Abacuc, però, testimonia una fede granitica e non si stanca mai di pregare, certo delle promesse di Dio. Un esempio anche per l’uomo contemporaneo che può cadere nella tentazione di lasciarsi prendere dalla rassegnazione quando, pur pregando, non vede la realizzazione piena della giustizia o il raggiungimento della pace.
Quella di Abacuc è la stessa fede radicale del Beato Bartolo Longo, Fondatore del Santuario. Proprio il 1° ottobre, come raccontano le pagine di questo numero de “Il Rosario e la Nuova Pompei”, ha avuto inizio l’Anno Giubilare Longhiano, un grande evento ricco di appuntamenti organizzati per celebrare il 150° anniversario dell’arrivo del Fondatore del Santuario e delle Opere di Carità nella Valle di Pompei che lo stesso Beato definì “desolata”. C’è tanto da fare e i credenti sono chiamati a non avere paura, ad essere collaboratori di Dio con l’aiuto di «Maria, stella dei naviganti e dei viandanti nel pellegrinaggio della vita». Il rito è stato introdotto dal saluto dell’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, che, nell’accogliere il Cardinale Lazzaro You, ha ricordato come le celebrazioni del 150° anniversario, offrano il tempo per approfondire la riflessione sulla figura del Beato e comprenderne la grande attualità.
Il Beato parlava agli uomini del suo tempo, ma parla a tutti noi ancora oggi. Le celebrazioni sono anche tempo propizio per comprendere che ogni devoto è chiamato a seguire l’esempio del Beato cercando di metterlo in pratica proprio come si fa, ancora oggi, nelle Opere di carità del Santuario. E il fondamento di ogni opera è sempre la preghiera del Rosario. Proprio nel 2022 si celebra anche il XX anniversario della Lettera Apostolica “Rosarium Virginis Mariae”, con la quale, il 16 ottobre 2002, San Giovanni Paolo II volle rilanciare questa grande preghiera mariana, vero e proprio itinerario verso Cristo. Alle migliaia di fedeli, presenti sul sagrato della Basilica, si sono unite centinaia di migliaia di persone che hanno seguito il rito in televisione, grazie alle emittenti Tv2000 e Canale 21.

       

(Autore: Giuseppe Pecorelli)
Le parole dell’Arcivescovo Tommaso Caputo
 
Da Pompei un messaggio di concordia tra le nazioni
 
Eminenza Rev.ma, Carissimo Cardinale Lazzaro You, la ringrazio di cuore per aver accettato l’invito a presiedere la solenne celebrazione di oggi, con la Santa Messa e la recita della Supplica alla Madonna di Pompei. Lo scorso anno, Papa Francesco ha chiamato in Vaticano Vostra Eminenza dalla Sua patria, la Corea, per affidarLe la cura di tutti i sacerdoti del mondo, come Prefetto del Dicastero per il Clero. Lei è stato più volte in questo Santuario. Oggi vi ritorna da Cardinale, dopo il Concistoro del 27 agosto scorso. Il Suo profondo amore alla Madonna è impresso anche nel Suo stemma episcopale. Assieme a Lei saluto i confratelli vescovi, i sacerdoti, i religiosi, le religiose, il Sindaco e le altre distinte autorità civili e militari, e tutti i fedeli e i pellegrini presenti. Un saluto speciale va a tutti coloro che ci seguono attraverso la televisione, specie agli ammalati, agli anziani, ai detenuti e alle persone diversamente abili. Questa celebrazione vuole anche aprire solennemente la memoria dell’evento fondante la storia della Nuova Pompei: il 150° anniversario dell’arrivo di Bartolo Longo, con l’illuminazione interiore che cambiò per sempre il volto di questa Valle. Il 2 ottobre 1872, dopo la sua conversione, il giovane avvocato Bartolo Longo venne a Valle di Pompei, incaricato dalla Contessa De Fusco di curare l’amministrazione dei suoi terreni. Alcuni giorni dopo, mentre si aggirava per questi luoghi, all’epoca ben poco ospitali, ripensava agli errori commessi e si chiedeva come avrebbe potuto ottenere la salvezza, quando ebbe un’illuminazione interiore: «Se cerchi salvezza, propaga il Rosario. È promessa di Maria. Chi propaga il Rosario è salvo!».
Colpito da quelle parole, egli stabilì di non muoversi da Pompei finché non avesse propagato il Rosario. L’impegno preso da Longo non ha una pregnanza solo religiosa. Certo, la preghiera e, in particolare, la preghiera del Rosario è essenziale; ma proprio in forza della preghiera del Rosario, egli ha trasformato questa terra anche sotto l’aspetto sociale, economico, civile. Intorno al Santuario cominciò a svilupparsi una vera e propria Città. Egli parlava ai contemporanei e continua a parlare a noi oggi. Perciò vogliamo celebrare il 150° anniversario del suo arrivo a Pompei, ricordandone, per un anno intero, la figura e le opere e coinvolgendo i devoti della Madonna di Pompei nel mondo. Non è un evento locale, ma universale. Questa Città mariana guarda al mondo per veicolare, in un tempo difficile, un messaggio di pace e di concordia tra i popoli. E, per questo anniversario, Papa Francesco, ha concesso ai fedeli che verranno a Pompei il dono dell’indulgenza plenaria dal 1° ottobre 2022 fino alla fine di ottobre 2023.
Desideriamo, altresì, vivere il 150° come un’occasione per fare nostra la missione di Bartolo Longo, ognuno per la sua parte: diffondere il Rosario e tenere vivo l’impegno di carità. Qui in Piazza sono presenti alcuni responsabili e ospiti delle nostre opere sociali. Nei giorni scorsi abbiamo accolto 160 bambini e ragazzi nei Centri Diurni, mentre nella Mensa “Papa Francesco” i nostri poveri, che per tutto il tempo della pandemia hanno ritirato il pasto caldo da asporto, sono tornati a sedersi a tavola per consumare assieme il pranzo; è ripreso anche il servizio docce, barbiere e parrucchiere. Nelle case famiglia sono arrivati diversi bambini provenienti da situazioni difficili e ora respirano un clima di amore e di generosità, per la pace!” Carità e fede. Erano questi i capisaldi della vita dell’apostolo del Rosario, Bartolo Longo, e ancora oggi guidano il cammino della Chiesa di Pompei. Per questo ricorderemo con gioia, con un convegno, anche il 20° anniversario della Lettera Apostolica “Rosarium Virginis Mariae”, con la quale, il 16 ottobre 2002, San Giovanni Paolo II volle rilanciare il Santo Rosario. Questa preghiera mariana è un vero e proprio itinerario verso Cristo che, mentre ci fa riflettere sulle tappe della Sua vita terrena, ci aiuta a mettere in pratica i Suoi Insegnamenti.
Il Santo Rosario è il fondamento stesso del nostro Santuario, secondo l’illuminazione interiore udita da Bartolo Longo: «Se cerchi salvezza, propaga il Rosario. È promessa di Maria. Chi propaga il Rosario è salvo!». Nella Supplica, che reciteremo al termine della santa Messa, Bartolo Longo definiva il Rosario, «Catena dolce che ci rannodi a Dio, vincolo di amore che ci unisci agli Angeli, torre di salvezza negli assalti dell’inferno, porto sicuro nel comune naufragio». Restiamo allora tutti uniti, laici e presbiteri, religiosi e famiglie, pompeiani e devoti della Madonna nel mondo intero, restiamo uniti grazie a questa catena d’amore che ci rannoda a Dio e ci fa fratelli! Benvenuto, Eminenza!
Tommaso Caputo
Arcivescovo-Prelato e Delegato Pontificio
L’omelia del ✠ Cardinale Lazzaro You Heung-sik
Prefetto del Dicastero per il Clero
 
“Non stanchiamoci di pregare per la pace!”
 
Carissimi fratelli e sorelle, è con senso di profonda gratitudine che ho accolto l’invito dell’Arcivescovo Tommaso Caputo, a presiedere questa celebrazione e a condividere con voi tutti l’Ora del Mondo. Così il Beato Bartolo Longo definiva la recita solenne della Supplica alla Beata Vergine del Santo Rosario, «Augusta Regina delle Vittorie, Sovrana del Cielo e della Terra». Sono molto lieto di trovarmi nuovamente in questo splendido santuario mariano, centro mondiale di spiritualità, luogo di pellegrinaggio anche per tanti miei connazionali che, dalla lontana Corea del Sud, vengono a Pompei per raccogliersi in preghiera davanti al Trono di Maria, come ho fatto io, già tante volte. Desidero salutare i confratelli Vescovi, i sacerdoti, i religiosi, le religiose, il Sindaco e tutte le autorità civili e militari, i fedeli presenti e quelli lontani, che sono spiritualmente accanto a noi, grazie ai collegamenti televisivi e alle dirette streaming. Saluto in modo speciale chi è più vicino a Gesù nella sofferenza fisica o morale.
Sappiate che non siete soli e oggi, in modo speciale, pregheremo proprio per voi la Madonna, pensando che Gesù ha riposto nelle sue mani «tutti i tesori delle Sue grazie e delle Sue misericordie». 1. Le parole del profeta Abacuc, appena ascoltate nella Prima Lettura, sembrano raccontare il nostro tempo. Sappiamo poco di questo portavoce di Dio, considerato “profeta minore”, ma solo per la brevità dei suoi scritti e non per il loro valore. È probabile, secondo i biblisti, che sia vissuto intorno al VII secolo prima di Cristo.
Descrive l’ingiustizia del suo tempo, i tratti di un’umanità dominata da prepotenza, violenza, ingiustizia: una valle oscura nella quale l’uomo si sente solo, impotente, spaventato. Anche il Signore sembra silenzioso rispetto a quel dolore, a quella preghiera accorata che chiede aiuto. Il giusto chiede ragione a Dio dell’iniquità e della violenza del mondo: perché tutto questo, perché il male, perché la guerra? E così noi, oggi, possiamo chiedere: perché questa guerra fratricida in Ucraina? Perché la guerra in Siria e in tanti altri posti? Perché tanta ingiustizia nel mondo, tanta povertà, tanta fame? Perché il rischio di un conflitto atomico? «Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti», domanda Abacuc, il quale non cede alla tentazione di perdere la propria fede, anzi la rafforza. Il profeta continua a pregare, malgrado le sue implorazioni sembrino cadere nel vuoto e non trovare ascolto. «Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede», gli promette il Signore. Non vediamo forse oggi la stessa prepotenza, la stessa violenza, la stessa ingiustizia? Non stanchiamoci di pregare per la pace, come ci esorta spesso Papa Francesco, per un’economia che non uccide, per un dialogo senza riserve e perché la fraternità non abbia confini.
La pandemia, le guerre, le ricchezze nelle mani di pochi e la miseria di tanti. Sono molte, in apparenza, le ragioni per arrendersi, ma il Signore ci dice di continuare ad avere fiducia in Lui, di continuare a pregare, di avere occhi per vedere che, malgrado tutto, Egli è presente e cammina accanto a noi rivelandosi nella Santissima Eucarestia, ma anche nella carità, nella speranza in un mondo nuovo, nell’amore familiare, nell’amicizia autentica. Egli è presente e visibile ogni qual volta le nostre ginocchia si piegano accanto ai nostri fratelli che chiedono aiuto. Nello sguardo dei poveri sono infatti gli occhi di quel Dio, che ci ama e ci dà segno della sua presenza nel mondo.
Come un albero che stende le sue radici fino alle profondità della terra, così Abacuc ha fede, una fede che plasma tutta la sua persona e il suo agire. È la stessa fede che ha dato forza e linfa vitale all’opera di Bartolo Longo, fondatore del Santuario e delle sue Opere di carità. Centocinquant’anni fa, in un tempo altrettanto segnato da conflitti, ingiustizie e miseria, il giovane avvocato arrivò a Valle di Pompei, abitata da pochi poveri contadini la cui esistenza era resa difficile dalla fatica, dalla malaria e dai briganti. Nell’ottobre 1872, mentre camminava lungo i sentieri di questa terra, sentì un’ispirazione interiore, che gli diceva: «Se cerchi salvezza, propaga il Rosario».
Quella diventò la sua prima ragione di vita. Senza la preghiera, che dà testimonianza alla fede, ogni desiderio di bene vacilla, così come il nostro passo è debole e noi siamo fragili senza la mano materna di Maria, che ci accompagna. Se il Beato si fosse affidato alle sue sole forze oggi non saremmo qui, uno accanto all’altro, a pregare la Vergine nel suo Santuario, né ci sarebbero, intorno a noi, Opere di carità dalle porte sempre aperte ai poveri.
D’altra parte, è evidente che tutto ciò che oggi vediamo qui a Pompei non può che essere opera di Dio che, per realizzare il bene, cerca la collaborazione dell’uomo, il quale deve farsi docile strumento nelle Sue mani. Ne era ben consapevole il Beato Bartolo, che – fedele alla Parola di Dio – alla fine della sua giornata continuò a ritenersi un servo inutile, pronto a dire: «Ho fatto quanto dovevo fare». Più umili ci facciamo, più grandi diventiamo agli occhi di Dio, che stravolge ogni regola e convenzione umana. Dinanzi alle tante ed inevitabili difficoltà, che lungo il percorso di noi tutti non mancano mai, Bartolo Longo pregò con il Rosario tra le mani. Nei pericoli, nelle afflizioni, nelle calamità, nel mondo traviato, il Beato ebbe una sola risposta, un nome beatissimo, che pronunceremo sino all’ultimo istante della nostra vita: Maria! Quel nome soave, che per noi ha la stessa melodia della parola “mamma”, è già in sé una preghiera che ci consola e ci solleva fino a mostrarci il Cielo.
 
2. Quanto è grande il dono della fede che, col salmista, ci fa cantare: «Acclamiamo la roccia della nostra salvezza. Accostiamoci a lui per rendergli grazie, a lui acclamiamo con canti di gioia» (Sal 94, 1-2). È un bene prezioso che, come esorta San Paolo nella Seconda Lettura, siamo chiamati a custodire. Credere, però, non ci impedisce di vedere la realtà della vita, talvolta difficile e molto dura da accettare.
Il cuore di un credente è scosso da alcune domande: perché il Signore tace? Perché accadono le tragedie umane? Fino a quando il malvagio sembrerà prevalere sui propri fratelli? Sarebbe difficile trovare una risposta a queste domande se non credessimo che, alla fede, si accompagna sempre la speranza, che ci sostiene nei tempi difficili. Nell’Udienza Generale del 26 maggio 2021, Papa Francesco parlava di un’esperienza comune, che tutti noi abbiamo vissuto. Diceva il Santo Padre: «Abbiamo pregato, pregato, per la malattia di questo amico, di questo papà, di questa mamma e poi se ne sono andati, Dio non ci ha esauditi». Tante volte ancora abbiamo pregato senza che nulla sia avvenuto, ma poi, con il trascorrere del tempo, tutto si è sistemato nel modo scelto da Dio. Nel “Padre Nostro”, ricordava il Papa, chiediamo che non si realizzi «il nostro progetto, ma la sua volontà nei confronti del mondo. Meglio lasciar fare a Lui». La nostra speranza si fonda sulla certezza che il Signore ci ascolta sempre e ci ama, ci ascolta perché ci ama e, amandoci, ci ha destinati alla vita in pienezza e alla gioia che non ha mai fine. Sta a noi ascoltare la sua voce e seguirlo per la strada che ha pensato per noi. Nel Messaggio per la 59ª Giornata Mondiale per le Vocazioni, Papa Francesco ha ricordato che Dio «in ciascuno di noi vede delle potenzialità, talvolta ignote a noi stessi, e durante tutta la nostra vita opera instancabilmente perché possiamo metterle a servizio del bene comune. La vocazione nasce così, grazie all’arte del divino Scultore che, con le sue “mani” ci fa uscire da noi stessi, perché si stagli in noi quel capolavoro che siamo chiamati a essere. In particolare, la Parola di Dio, che ci libera dall’egocentrismo, è capace di purificarci, illuminarci e ricrearci. Mettiamoci allora in ascolto della Parola, per aprirci alla vocazione che Dio ci affida! E impariamo ad ascoltare anche i fratelli e le sorelle nella fede, perché nei loro consigli e nel loro esempio può nascondersi l’iniziativa di Dio, che ci indica strade sempre nuove da percorrere».
Noi sacerdoti possiamo essere davvero un formidabile esempio e modello per tanti giovani, solo grazie alla personale testimonianza di vita e alla concordia che deve caratterizzare il nostro presbiterio. 3. Nel brano del Vangelo secondo Luca, oggi proclamato, vediamo gli apostoli che chiedono a Gesù di accrescere la loro fede. La risposta del Signore fa comprendere la grandezza di un dono che siamo chiamati ad accogliere: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe» (Lc 17, 6-7). Carissimi fratelli e sorelle, questo mese di ottobre è il mese missionario. Ci ricorda che la fede è un talento prezioso da trafficare con coraggio per il bene degli altri. Abbiamo ricevuto il dono dell’Amore di Dio non soltanto per noi, ma per comunicarlo, con fantasia e con creatività. È il momento opportuno per mettersi in cammino, di dare ascolto alle parole che Gesù rivolse a Pietro, Giacomo e Giovanni nel Getsemani: «Alzatevi, andiamo!» (Mc 14, 42). Alziamoci e andiamo nelle strade delle nostre città! Il mondo ha bisogno della nostra fede operosa. Ovunque, a cominciare dalla nostra interiorità e dalle nostre famiglie, c’è pace da donare e ci sono lacrime da asciugare, ferite da curare, porte da aprire a Cristo e ai fratelli. Abbiamo fede: possiamo farlo! Non sempre il nostro passo sarà sicuro, saldo, ma proprio allora, quando sentiamo la nostra fragilità e l’imperfezione della nostra fede, rivolgiamoci al Signore con le parole degli apostoli: «Signore, accresci in noi la fede!» (Lc 17, 6).
Non abbiamo paura! Una stella ci guida ed è Maria, stella dei naviganti e dei viandanti nel pellegrinaggio della vita. Come Bartolo Longo, avviciniamoci a Lei con fiducia e apertura del cuore e Lei ci porterà a Gesù. Trasformiamo il nostro cuore in un calice vuoto e pronto ad accogliere il dono di Dio. All’annuncio dell’Angelo, Maria ha avuto timore e forse un leggero tremore ha mosso le sue membra, ma la sua voce è stata salda nel dire il suo “eccomi”, “fiat”, quel “sì” che lei ha ripetuto ogni giorno, nella gioia e nel dolore, nella luce e nell’oscurità, fino al Golgota, ai piedi della croce, e all’effusione dello Spirito nel Cenacolo. Carissimi fratelli e sorelle: anche noi, alziamoci e andiamo!
 
✠ Cardinale Lazzaro You Heung-sik
 
Prefetto del Dicastero per il Clero

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