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Case di Accoglienza

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*Flash sulle Opere dei Carità del Santuario

Chi siamo!

Pompei Città dell’Amore - L’emergenza educativa: un problema di sempre
Ci sono ragazzi ai quali la vita rende difficile o quasi impossibile crescere, studiare, giocare, vivere. Questi ragazzi, vittime di abbandoni familiari, del degrado sociale, orfani di uno o di entrambi genitori, a volte costretti a vivere per strada, o comunque in situazioni di disagio economico e sociale, non possono andare a scuola come gli altri, devono lavorare invece che giocare, hanno “amici” che spesso li inducono a fare errori e cose sconsiderate senza valutarne le conseguenze. Quotidianamente questi bambini e questi ragazzi sono esposti ai pericoli della strada, di una vita senza punti di riferimento e alla violenza di chi non ha rispetto della loro purezza e innocenza, tutto ciò permea le loro esperienze e il loro vissuto soggettivo, un vissuto che diventa ogni giorno più difficile da rimuovere.
Questa realtà determina numerose difficoltà che impediscono a questi giovani di accedere a normali percorsi educativi e formativi e minano pesantemente la loro crescita morale e spirituale. Tanto più le condizioni di questi bambini e ragazzi sono precarie e instabili, tanto più essi saranno preda di violenze, abusi, soprusi, ingiustizie e pericoli. Il processo educativo è, dunque, uno dei principali strumenti attraverso cui arginare questi fenomeni di degrado sociale e ridare una speranza di vita migliore a questi giovani privi di futuro.Questa è un’esigenza di tutti i tempi, un’esigenza che non fa distinzione di Nazioni, razze, religioni. Dunque, la costruzione di una società libera e in Pace, nasce proprio da qui.
Questo è ciò che è accaduto a Pompei, dove l’esigenza di educare e formare i giovani si è sentita fin dalla città stessa. E a intuire tutto ciò è stato un avvocato, un laico, poi diventato Beato, che ha fondato una città, un santuario e numerose opere di carità che ancora oggi offrono una casa, l’educazione e l’amore a tanti bambini e ragazzi che provengono da difficili situazioni di disagio economico e sociale. L’artefice di tutto questo è il Beato Bartolo Longo, colui che ha dato vita alla Nuova Pompei.
In oltre cento anni di vita, le Opere Sociali realizzate dal Beato Bartolo Longo hanno accolto, preparato alla vita ed al lavoro, migliaia e migliaia di ragazzi e ragazze: certamente oltre centomila ad iniziare dal 1886.
Il Fondatore del Santuario di Pompei, fin dal 1886, diede vita ad un grandioso progetto di carità indirizzato agli afflitti, agli emarginati e ai poveri del suo tempo. In particolare, la sua opera mirava ad offrire accoglienza, educazione e amore all’infanzia orfana o abbandonata e dunque priva di punti di riferimento familiare per la propria crescita umana e sociale. Allargò in seguito. La sua azione benefica puntando soprattutto ai casi più difficili di allora, quali i figli e le figlie dei detenuti. Così, accanto agli asili sorti nel 1886, gli oratori per il catechismo e alle “Case operaie”, del 1887, Bartolo Longo costruì tre Istituti per ospitare i minori disagiati del suo tempo. Nel 1887, vide la luce l’Orfanotrofio Femminile che accolse le fanciulle orfane ed abbandonate, salvaguardandole dai pericoli provenienti dalla loro situazione di miseria materiale e morale. Il Fondatore ne affidò la direzione alle Suore Domenicane “Figlie del Santo Rosario di Pompei”. Con lo stesso scopo, Bartolo Longo fondò, nel 1892, l’Ospizio per i figli dei carcerati, affidandone la direzione ai Fratelli delle scuole Cristiane.
Nel 1922, pochi anni prima della sua morte, diede vita a “L’ultimo voto del cuore”, come lui stesso lo definì: l’Ospizio per le figlie dei carcerati che affidò alle cure amorevoli delle stesse Suore.
Sempre pronte a cogliere i segnali ed a rispondere alle necessità provenienti dalle fasce deboli della società, negli anni ’60, le opere del Beato cominciarono a subire le prime trasformazioni, resesi necessarie a seguito dell’evolversi della società e dei nuovi bisogni emergenti, così da modificarne la tipologia e il numero di utenti.
Inoltre, per far fronte alle nuove esigenze educative e scongiurare il nascere di forme di emarginazione sociale, alcuni locali dell’Orfanotrofio e dell’Ospizio furono adibiti all’uso scolastico.
I cambiamenti si sono susseguiti nel tempo, in modo continuo e costante, fino ai tempi più recenti, durante i quali, anche a seguito delle norme introdotte in materia, nuove e profonde trasformazioni sono state apportate alle Opere sociali fondate dal Beato, dando vita a strutture in grado di offrire ogni tipo di accoglienza e di supporto indispensabile alle necessità che, di volta in volta, l’emergenza educativa presentava.
L’ideale pedagogico di Bartolo Longo
“Ho già detto che la Carità, nel senso più largo della parola, cioè l’amore, deve essere la base, deve essere la base, il fondamento di ogni sistema pedagogico che voglia pervenire a sicuri e lodevoli risultati; e aggiungo ora, che con l’amore e per l’amore si ottiene educato il fanciullo. Ancorché incorreggibile, o come dicono, delinquente nato. Fategli comprendere che lo amate, perché è sventurato; che lo educate solo perché lo amate; ed egli vi amerà, e per amore si sforzerà di corrispondere alle assidue e amorevoli cure che voi spendete per educarle. E voi troverete nei fatti che la Carità supera tutti i mezzi suggeriti dalla pedagogia e dalle Scienze; e nel campo didattico, come in qualsiasi altro, assicura vittorie certe, grandi e definitive.
Però la carità, come ho provato altre volte, non è nemica della Scienza.
Quindi se io pongo la carità a base dell’Educazione di fanciulli reietti e nati male, non escludo verun ritrovato della scienza e segnatamente della Pedagogia, che è destinata a formar l’Uomo, e quindi è la più ardua com’è la più importante tra le scienze. Ma dico solo che il fondamento di ogni educazione è l’amore cristiano”. (Bartolo Longo, “Il Triplice Trionfo della Istituzione a pro dei Figli dei carcerati”, Pompei, 1895, pp. 66-67).
Attraverso le parole del Beato Bartolo Longo emerge chiaramente il suo ideale pedagogico, la sua fiducia nell’amore come principio educativo e nella carità come mezzo per arrivare a rendere migliore la vita dei minori in difficoltà che, come tutti, hanno il diritto di crescere circondati dall’affetto e dalle cure di chi si occupa di loro.
Sulle orme di Bartolo Longo
Bartolo Longo si spegne il 5 ottobre del 1926. Da quel giorno tutte le opere realizzate in vita dal Fondatore devono essere portate avanti senza di lui. La società, nel contempo, si va trasformando ed evolvendo e il criterio ispiratore degli interventi sociali deve essere adeguato al processo di modernizzazione.
Nel corso degli anni, dunque, subiscono mutamenti e trasformazioni per essere adattati alle diverse emergenze sociali. Le realtà caritative realizzate dal Fondatore, che sono nate e si sono sviluppate secondo un percorso socio-pedagogico che ha costantemente tenuto fede al suo carisma originario, attraverso la loro storia, raccontano i cambiamenti della società in questi 120 anni.
Le opere sociali oggi
Oggi tutti i progetti di carità realizzati da Bartolo Longo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, hanno subito notevoli trasformazioni, soprattutto a seguito dell’evoluzione legislativa che ha interessato il campo dell’assistenza sia nei confronti dei minori abbandonati o in gravi difficoltà economiche e sociali, che degli orfani.
È a partire dagli anni ’70 che le norme legislative regionali e regionali hanno previsto nuovi assetti organizzativi nel campo educativo e in quello sanitario e sociale. La più grande trasformazione ha riguardato proprio il progetto “Istituto”.
Questo tipo di struttura, dotato di un’organizzazione e di un’identità definita, rispondeva all’esigenza di assistere orfani, abbandonati o mentalmente deboli.
Ma ben presto, nonostante ciò, si cominciò a dubitare della sua efficienza, nonché delle gravi perdite economiche che causava allo Stato.
La delibera regionale del 25 giugno del 1992, rifacendosi alla legge n. 698 del dicembre 1975 che trasferiva alle Regioni i poteri di vigilanza e controllo su tutte le istituzioni pubbliche e private di assistenza ai minori, stabiliva altresì i requisiti organizzativi, strutturali e pedagogici necessari per l’autorizzazione al funzionamento.
Tra le forme di accoglienza, oltre alla comunità di tipo familiare e alla comunità alloggio, era prevista quella dell’istituto educativo-assistenziale con un massimo di 40 posti.
A seguito di questa delibera, nel 1997, l’Orfanotrofio Femminile venne trasformato in “Centro Educativo Beata Vergine del Rosario”, suddiviso in diverse comunità di accoglienza, ognuna con una propria autonomia.
Nel 2000, con la legge n. 328, gli Istituti-Comunità scomparvero del tutto e vennero previsti solo “interventi di sostegno per i minori in situazioni di disagio tramite il sostegno al nucleo familiare di origine e l’inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare”.
Inoltre la stessa legge prevedeva ancora che “i servizi e le strutture a ciclo residenziale destinati all’accoglienza dei minori devono essere organizzati esclusivamente nella forma di strutture comunitarie di tipo familiare”.
Con la legge n. 149 del 2001 è stata poi modificata la disciplina sull’adozione e sull’affidamento dei minori, prevedendo che la comunità di tipo familiare fossero solo abitazioni “di passaggio” per il minore che, al più presto, doveva essere adottato e doveva ritornare, qualora fosse possibile, presso la famiglia di origine.
Infine, entro il 2006, “il ricovero in istituto doveva essere superato mediante affidamento ad una famiglia e, ove ciò non sia possibile, mediante inserimento in una comunità di tipo familiare caratterizzata da organizzazione e da rapporti interpersonali analoghi a quelli di una famiglia”.
Le trasformazioni introdotte dalla vigente normativa in materia non hanno tuttavia intaccato l’eredità longhiana, e i principi di carità e solidarietà del Fondatore in materia di accoglienza e assistenza ai minori in difficoltà, integralmente recepiti, sono stati attualizzati e adeguati alle presenti esigenze sociali.
Attualmente le forme di accoglienza e le relative strutture adeguate allo scopo, gestite e amministrate dal santuario di Pompei, sono: il Centro “Beata Vergine del Rosario” suddiviso in diverse comunità, ognuna dotata di un regolamento autonomo, e il Centro “Bartolo Longo”, suddiviso in “Centro di Accoglienza Oratoriale semiresidenziale” e “Polo Scolastico. Ciascuna di queste strutture si articola, a sua volta, in più interventi rivolti a fasce diverse.
Le équipe educative dei nostri centri sono, dunque, impegnate e coinvolte in prima persona accanto ai minori e in stretta collaborazione con i servizi sociali territoriali, valutano i nuovi e possibili ingressi in struttura, elaborano e concordano il progetto educativo individuale, attuando percorsi per potenziare l’autostima e l’autonomia di ciascun minore.
Grande attenzione è rivolta poi alla famiglia di provenienza e pertanto, periodicamente, sono previsti incontri collettivi e colloqui individuali con i genitori.
Le finalità che i Centri Educativi del Santuario si propongono mirano a: dare un concreto aiuto alla famiglia mediante il potenziamento della capacità genitoriali; fornire ai minori un contesto educativo favorevole allo sviluppo della crescita psicofisica; recupero scolastico; favorire la socializzazione fra i minori e l’apertura al contesto del gruppo e della comunità. È prevista periodicamente la consulenza di psicologi, logopedisti e scambi informativi con la scuola.
Lo stile di vita dei nostri centri diurni si caratterizza per un’organizzazione di vita di tipo familiare e lo stesso metodo educativo riprende in pieno i sentimenti di amore e carità del nostro Fondatore.
*Storia Centri Educativi
"La sua lunga vita è stata ispirata da una fede semplice ed eroica e densa di episodi suggestivi, durante la quale sgorgò e si sviluppò il miracolo di Pompei. Iniziando dall’umile catechesi ai contadini della valle di Pompei, e dalla recita del Rosario davanti al famoso Quadro della Madonna, fino all’erezione dello stupendo Santuario e all’istituzione delle opere di carità per i figli e le figlie dei carcerati, Bartolo Longo portò avanti con intrepido coraggio un’opera grandiosa che ancora oggi ci lascia stupiti ed ammirati".
San Giovanni Paolo II (Omelia del 26 ottobre 1980, beatificazione di Bartolo Longo)
In oltre cento anni di vita, le Opere Sociali realizzate dal beato Bartolo Longo hanno accolto, preparato alla vita e ad un lavoro, migliaia e migliaia di ragazzi e ragazze.
Il Fondatore del Santuario di Pompei, fin dal 1886, diede vita ad un grandioso progetto di carità indirizzato agli afflitti, agli emarginati e ai poveri del suo tempo. In particolare, la sua opera mirava ad offrire accoglienza, educazione e amore a tutti i bambini e ragazzi orfani o abbandonati che, quindi, non avevano punti di riferimento familiari per la propria crescita umana e sociale. Allargò, in seguito, la sua azione benefica puntando soprattutto ai casi più difficili di allora, quali i figli e le figlie di detenuti. Così, vicino agli asili sorti nel 1886, agli oratori per il catechismo e alle “Case operaie”, del 1887, Bartolo Longo costruì tre Istituti per ospitare i minori disagiati del suo tempo.
Nel 1887, vide la luce l’Orfanotrofio Femminile che accolse le fanciulle orfane ed abbandonate, salvaguardandole dai pericoli provenienti dalla loro situazione di miseria materiale e morale. Il Fondatore ne affidò la direzione alle Suore Domenicane “Figlie del Santo Rosario di Pompei”.
Esempio personale, istruzione, esortazioni, carità, pazienza, tolleranza e fermezza senza durezza, erano i punti di un orientamento educativo che si ispirava ai principi evangelici della pedagogia cristiana.
Con lo stesso scopo, Bartolo Longo fondò, nel 1892, l’Ospizio per i figli dei carcerati, affidandone la direzione ai Fratelli delle Scuole Cristiane.
Nel 1922, pochi anni prima della sua morte, fondò “l’ultimo voto del cuore”, come lui stesso lo definì: l’Ospizio per le figlie dei carcerati che affidò alle cure amorevoli delle stesse Suore.
Negli anni ’60, l’allora Vescovo di Pompei, Mons. Aurelio Signora, per evitare che le figlie dei carcerati venissero emarginate ed additate come figlie di delinquenti, volle fondere l’Orfanotrofio e l’Ospizio Sacro Cuore, destinando l’uno all’accoglienza delle alunne di Scuola Materna, Scuola Media, Scuola Superiore e Scuola Professionale e l’altro alle bambine della Scuola Elementare e ai maschietti della Scuola Materna. Nel 1966, si operò una divisione anche all’interno dell’Istituto Bartolo Longo. I maschietti della Scuola Elementare, finora affidati ai Fratelli delle Scuole Cristiane, furono trasferiti nei locali dell’IPSI (Istituto per la Specializzazione Industriale), che fu denominato Istituto “Assunta Ponzo”, in onore di una benefattrice del Santuario, ed affidati alle cure delle Suore, pensando che, per bambini di così tenera età, esse fossero più adatte a sostituire la figura materna.
Ancora Mons. Signora, nel 1973, inaugurò una struttura per il Seminario, che in seguito, fu in grado di ospitare anche i bambini dell’Istituto “Assunta Ponzo”.
Negli anni ’80, i quattro Istituti pompeiani ospitavano complessivamente circa 600 alunni.
In seguito, con l’evolversi della società e i nuovi bisogni emergenti, anche la tipologia e il numero degli utenti cambiarono completamente.
Questa trasformazione impose un’approfondita riflessione. Negli anni ’90, il Santuario promosse corsi di aggiornamento per le educatrici e gli educatori.
In questo stesso periodo anche la legislazione riguardante le strutture per l’accoglienza dei minori cambiò. A seguito di una legge regionale del 1994, che prevedeva strutture con non più di quaranta minori, si decise di ristrutturare l’Orfanotrofio Femminile creando un’alternativa educativa specifica, adeguata ai dettami della nuova legislazione. Nel settembre del 1994, furono così avviati i lavori di ristrutturazione e le alunne dell’Orfanotrofio furono trasferite in parte presso l’Istituto “Sacro Cuore” e in parte presso l’Istituto “Assunta Ponzo”, rimanendovi fino all’agosto del 1997, anno in cui fu inaugurata la nuova struttura.
La stessa denominazione “Orfanotrofio Femminile” fu trasformata in Centro Educativo “Beata Vergine del Rosario”, strutturata in quattro comunità autonome: comunità “Angeli Custodi” che accoglieva bambini e bambine di scuola materna; comunità “Marianna De Fusco” per l’accoglienza di ragazze di scuola superiore; comunità “Nuova Eva” e comunità “Arcobaleno” per le ospiti di Scuola Media e Scuola Elementare.
Anche gli altri Istituti cambiarono denominazione. L’Istituto “Sacro Cuore” divenne Centro Educativo “Sacro Cuore” con, all’interno, tre comunità femminili di Scuola Elementare: comunità “Santa Maria Goretti”, comunità “Nazareth”, comunità “Santa Teresa del Bambin Gesù”.
L’Istituto “Assunta Ponzo” divenne Centro Educativo “Assunta Ponzo”, con tre comunità maschili di Scuola Elementare: comunità “Shalom”, comunità “Simpatia” e comunità “Nuovi Orizzonti”.
Anche l’istituto “Bartolo Longo” divenne Centro Educativo “Bartolo Longo”, con quattro comunità maschili di Scuola Media e Istituto Professionale: comunità “San Giuseppe”, comunità “Sacra Famiglia”, comunità “Angeli Custodi”, comunità “San Domenico Savio”.
Nello stesso anno, 1997, il Centro Educativo “Assunta Ponzo” fu trasferito presso il Centro Educativo “Sacro Cuore” le cui ospiti vennero progressivamente trasferite presso le comunità del Centro Educativo “Beata Vergine del Rosario”.
Nell’anno scolastico 2000/01 il calo numerico degli ospiti dei diversi centri fu notevole. Nel 2000, infatti, la legge quadro 328/00 per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, prevedeva “...interventi di sostegno per i minori in situazione di disagio tramite il sostegno al nucleo familiare di origine e l’inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare e per la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza”. Inoltre, per favorire la deistituzionalizzazione, la medesima legge prevedeva la chiusura degli Istituti entro il 31 dicembre 2006 e la trasformazione dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale nella forma di strutture comunitarie di tipo familiare. Nasceva così l’esigenza di avviare un percorso di evoluzione e trasformazione dei Centri Educativi del Santuario sia come risposta agli ultimi interventi legislativi sia come bisogno di compiere quel salto ideologico che portava al superamento definitivo della logica dell’Istituto, prevista anche dalla legge 149/2001, recante modifiche alla precedente legge (184/83) sull’adozione e affidamento dei minori.
Far maturare nuove iniziative significava dare alle opere del beato Bartolo Longo continuità nel tempo, adeguandole ai continui mutamenti del contesto sociale e culturale. È esperienza condivisa che, l’inserimento di un bambino in una comunità di tipo familiare, piuttosto che in una grande struttura, abbia degli esiti positivi sul suo sviluppo psico-affettivo.
Nasceva così, il 6 novembre 2000, la Comunità di tipo familiare “Giardino del Sorriso”, che ha avuto come prima sede il Villino Squillante, ubicato in Via Plinio. Successivamente, il 30 ottobre del 2003, la comunità fu trasferita in Via Arpaia, luogo dove ebbe inizio la missione del Beato.
*Storie di quotidiana rinascita nelle case famiglia
«Il servizio civile è entrato nella mia vita allo stesso modo in cui un ospite entra in casa tua quando non hai il tempo per accoglierlo. Mentre mi affannavo a cercare la mia strada, è arrivato lui chiedendomi di fermarmi! È lui che mi ha scelta!». A parlare così è Sara, 24 anni, che sta svolgendo il Servizio Civile nella Casa “Santa Maria del Cammino” del Centro Giovanni Paolo II del Santuario, che ne ospita nel complesso cinque. «Il mio primo pensiero, però – ha continuato Sara - è andato all'arricchimento materiale di questa esperienza: portafogli più pieno, curriculum più ricco. E l’ho pensato con l’avidità di chi vuole agguantare e non gustare. Poi, tutte le mie convinzioni sono andate in frantumi e mi sono fermata davvero, mi sono fermata negli occhi di Cocò, mi sono fermata davanti ai silenzi di Stefano, mi sono fermata a contemplare la felicità, a prendere una boccata di vita». Ora ha quasi terminato il suo percorso e, facendo un bilancio della sua esperienza, ci ha raccontato che, per lei, il Servizio Civile è stato un anno di grazia in cui ha capito alcune cose fondamentali, ovvero che “Sara non è il centro dell’universo, Sara non possiede la verità, che un sorriso può salvare tutti in tutte le circostanze, che la verità senza carità non è verità, che ognuno è unico e speciale, che nessuna vita è inutile e che solo vivere in comunione ti dona una vita piena”. Sara ha assaporato ogni attimo di questa esperienza, lasciandosi illuminare dai sorrisi di chi è stato accolto, dall’amore di chi accoglie.
E lo stesso accade a chi bussa alla porta accanto, e all’altra ancora, e in tutte le case del Centro Giovanni Paolo II. Ognuna spalanca le porte alla solidarietà e, insieme, ogni giorno, portano avanti progetti e iniziative che coinvolgono tutti, come il laboratorio creativo dedicato ai bambini o l’ergoterapia che ha dato vita all’orticello “Giovanni Paolo II”. Sono state tante le accoglienze in questo 2019 e molti i “lieto fine”. Come la storia di C. che, dopo un anno e mezzo in Casa “Chiara Luce”, è potuto finalmente ritornare dalla sua mamma, o quella di D., di circa un anno e mezzo, arrivata piccolissima nella casa “Oasi Vergine del Sorriso”, e che ha finalmente trovato una famiglia adottiva. Ora, in casa sono stati accolti P. e B. due fratellini di 2 e 4 anni. Da qualche settimana, anche la Casa “Chiara Luce” ha accolto tre fratellini di 10, 6 e 4 anni.
La loro è una storia di violenza familiare e di profondo disagio sociale. In casa c’è anche S., una ragazzina di 12 anni che si trova lì da circa un anno, sottratta ad un nucleo familiare coinvolto nello spaccio di stupefacenti e, poi, Rosy e Leo, una coppia di coniugi che, dal 1999, accoglie bambini in affido e offre ospitalità a chi, per brevi periodi, ha bisogno di un tetto sotto cui rifugiarsi e trovare conforto. Anche la Casa “Maria Madre della Provvidenza” ha accolto due bimbi molto piccoli e la Casa “Maria, Madre di Misericordia” continua, ogni giorno, ad accogliere chi è nel bisogno.  
Le case del Centro Giovanni Paolo II non sono, dunque, solo luoghi di passaggio e accoglienza, ma storie di mamme, bambini, donne sole, immigrati, operatori e volontari che hanno intrecciato le loro vite tra le mura del Centro. Sono storie che aiutano a fare memoria del passato e a riprogettare continuamente il futuro. Ognuna di esse è unica e speciale, e spiega, nel profondo, il percorso che ciascuno compie all’interno della Casa in cui è accolto.
*Accoglienza ai minori
 
“L’amore, deve essere la base e il fondamento di ogni sistema educativo che voglia pervenire a sicuri e lodevoli risultati” (Bartolo Longo). Luogo privilegiato dove l’amore si esprime e si concretizza è la famiglia, piccola Chiesa domestica in cui “la paternità e la maternità umana hanno in sé in modo essenziale ed esclusivo una somiglianza con Dio, sulla quale si fonda la famiglia, intesa come comunità di persone unite nell’amore” (Lettera del Papa alle famiglie).
 
Purtroppo questo luogo privilegiato per molti bambini è inesistente e tutti sappiamo quanto siano devastanti le conseguenze per la loro vita.
 
Ed ecco finalmente una nuova legge quadro (328 dell’8 novembre 2000) che tutela il diritto dei minori ad avere una famiglia. Questa legge prevede, per le famiglie in difficoltà, come intervento prioritario aiuti economici e prestazioni sociali; là dove per inadeguatezza genitoriale o altri motivi si rende necessario l’allontanamento dei minori dalla famiglia di origine è previsto l’affido familiare e/o l’adozione; per i casi in cui i due precedenti interventi non sono possibili, è consentita l’accoglienza dei minori in strutture comunitarie di tipo famiglia.
 
Le Opere educative di Pompei, già avviate alla riconversione dal 1997 con la ristrutturazione dell’ex Orfanotrofio formando gruppi con non oltre 13 minori, si incamminano ora verso una completa conversione. A spingerci non sono solo le nuove norme legislative ma anche la presa di coscienza di quanto sia fondamentale per la crescita e lo sviluppo armonico del bambino crescere in un contesto familiare. È chiaro che anche la comunità di tipo familiare non può sostituirsi alla famiglia, ma è comprovato che una comunità fondata sull’amore, sul rispetto della persona in quanto tale, può avere gli strumenti necessari che aiutano il bambino a soddisfare i suoi bisogni emotivi-affettivi che gli consentono di crescere armonicamente.
*Elenco Opere di Carità del Santuario
 
CENTRO DIURNO ORATORIALE “CRESCERE INSIEME” per minori in disagio economico e sociale
 
CENTRO PER L’AIUTO ALLA VITA
 
CENTRO DI ACCOGLIENZA ORATORIALE SEMIRESIDENZIALE “BARTOLO LONGO” per minori in disagio economico e sociale
 
“CASA EMANUEL PER GESTANTI, MADRI E BAMBINI
 
CASA FAMIGLIA PER MINORI "OASI VERGINE DEL SORRISO" “Fraternità di Emmaus”
 
CASA FAMIGLIA "MARIA MADRE DI MISERICORDIA" Casa di Preghiera e di Accoglienza “Comunità Papa Giovanni XXIII”
 
CASA FAMIGLIA "MARIA MADRE DELLA PROVVIDENZA" Casa di Accoglienza per minori “Fraternità di Emmaus”
 
COMUNITÀ "CHIARA LUCE" Residenza per minori con disabilità “Fondazione Giuseppe Ferraro onlus”
 
CASA FAMIGLIA "SANTA MARIA DEL CAMMINO" Casa di Fraternità e di Accoglienza “Comunità Papa Giovanni XXIII”
 
MENSA PER I POVERI presso la Casa del Pellegrino
 
SCUOLA DELL'INFANZIA - SCUOLA PRIMARIA
 
“UN MESTIERE PER IL FUTURO” Laboratori per idraulico, falegname, estetista e parrucchiere per i minori dei Centri Educativi
 
CONSULTORIO FAMILIARE DIOCESANO "San Giuseppe Moscati"
 
STUDI MEDICI, PEDIATRICO E MATERNO-INFANTILE Confraternita di Misericordia

*Casa di Accoglienza Centro per il bambino e la famiglia "Giovanni Paolo II"
Tra i nuovi servizi di carità del Santuario di Pompei una casa di accoglienza per gestanti, madri e bambini
Il 12 marzo 2002, si presentava da noi Maria Rosaria, una ragazza minorenne, incinta e orfana di entrambi i genitori. L’accompagnavano la sorella, in qualità di tutrice, e il cognato. Ci chiesero di ospitarla per un po’ di tempo perché non erano in condizioni di poterla sostenere.
Cosa fare? Eravamo abituate ad accogliere bambini orfani, figli di detenuti o con un forte disagio familiare, ma non ragazze madri. Attimi di incertezza sulla risposta da dare, ma subito il pensiero è andato al nostro Fondatore, il Beato Bartolo Longo. Cosa avrebbe fatto lui di fronte a questa situazione?
E allora ricordandoci della sua audacia e del suo coraggio, senza nessuna esitazione, l’abbiamo accolta con la convinzione che la Provvidenza c’indicava un nuovo cammino e ci chiedeva di volgere il nostro servizio di carità anche ad altre necessità ed emergenze.
Ora Maria Rosaria è madre di un bellissimo bimbo e spesso viene a trovarci insieme al papà. È stata poi la volta di Simona, Mirella, Annamaria, Romina e Amelia: ognuna di loro con una storia di disagio, di dolore e di sfruttamento alle spalle.
Il nostro nuovo impegno inizia ufficialmente il 7 ottobre 2003, in occasione del pellegrinaggio a Pompei di Giovanni Paolo II. In quella circostanza fu intitolato al Santo Padre il "Centro per il
Bambino e la Famiglia". Qualche ora dopo la sua partenza, accogliamo un neonato e la sua mamma Anna. Il bimbo, Emanuele, era nato il 5 ottobre, festa liturgica del Beato Bartolo Longo.
Quante coincidenze! Quanti segni!
Una nostra Suore, Sr. Maria Teresita, accogliendo tra le braccia il piccolo Emanuele commentò compiaciuta: - La nostra Casa di accoglienza per gestanti, madri e bambini si chiamerà "Casa Emanuel" – "Dio con noi".
Da quel giorno sono continuate le richieste di accoglienza: Elena e la piccola Federica di appena 18 mesi; Clotilde insieme ai suoi bambini: Pasquale di quattro anni e Anna Pia di tre anni; Marta e Aneta, due giovani madri polacche, e Cira con il piccolo Giuseppe di appena 12 giorno ed in questo momento registriamo la testimonianza di Aneta, al nono mese di gravidanza e, ormai, prossima al parto, che ci racconta la sua storia.
"Sono venuta in Italia per lavorare.
In un giornale polacco ho letto che in Italia c’era molto lavoro per gli stranieri, ma purtroppo non ho avuto fortuna. In Polonia ho conosciuto già una persona cui ho dovuto dare duecento euro con la promessa di mettermi in contatto con un’altra persona in Italia che mi avrebbe fatto lavorare. Giunta in Italia, il 13 luglio, ho dovuto pagare altri duecento euro più le spese per il viaggio, restando così senza soldi.
Mi hanno offerto di lavorare, dapprima, in un ristorante, ma non era ciò che mi aspettavo e, poi, perché mi avanzavano delle richieste che non potevo accettare.
Ho cambiato lavoro, ma la situazione non è cambiata. Non sapevo cosa fare. Ero sola e senza soldi. Un giorno ho accettato la proposta di un’amica ucraina che mi invitava ad accompagnarla per una vacanza di tre giorni in montagna. Lì ho conosciuto un uomo che mi ha subito affascinato con le sue parole. Voleva una famiglia e, finalmente, aveva trovato in me la donna dei suoi sogni. Ho creduto alle sue parole perché ero sola e stanca di andare di qua e di là… ed è lui il padre del bambino che aspetto. Purtroppo quando gli ho detto che ero incinta è cambiato subito. Voleva che abortissi perché la sua intenzione era quella che io lavorassi per lui.
Ero disperata, lontano da tutte le cose che volevo. Ho chiamato subito in Polonia alla mia famiglia chiedendo aiuto ma loro mi hanno risposto che il problema era solo mio. Con me avevo Bartolomeo, il mio primo figlio di dieci anni. Aveva ascoltato la mia telefonata e la risposta che mi avevano data, quella cioè di abortire perché non potevo tornare in Polonia, incinta e senza soldi. Mi ha chiesto: "mamma che significa aborto"? Non appena gli ho spiegato di che cosa si trattasse, con le lacrime agli occhi, mi ha detto: "mamma, non fare questo al mio fratellino". Ogni giorno quando andava a scuola mi baciava la pancia dicendomi di stare attenta perché il suo fratellino era piccolo. Ciò mi ha dato la forza per andare avanti, ma non avevamo soldi. Quell’uomo non ci dava niente ed io ero preoccupata soprattutto per mio figlio. Per questo telefonai a un’amica in Polonia per chiederle aiuto. Mi offrì la sua disponibilità ad accogliere Bartolomeo, che subito è partito.
Intanto la sorella di quell’uomo mi aveva trovato un lavoro di assistenza ad una donna anziana e malata. Lavoravo notte e giorno, ma era troppo pesante tanto che il dottore mi ha consigliato di lasciare questa occupazione perché avrei potuto perdere il bambino.
Presa dallo sconforto ho chiamato il "numero verde" del servizio contro la tratta degli immigrati, che mi aveva dato una signora polacca. Ho raccontato. Ho raccontato che volevo lasciare il mio bambino in ospedale, non appena fosse nato, perché non potevo farcela da sola. Ero senza casa e senza soldi e lontana dall’altro mio figlio che voleva il fratellino. Gli operatori del servizio mi hanno subito trovato una sistemazione la "Casa Emanuel" di Pompei, che accoglie madri e bambini in difficoltà. Io non sapevo che esistevano queste case. Ora sono qui, vivo circondata da suore molto affettuose, le quali vogliono bene sia a me che al piccolo che sta per nascere. Ringrazio il Signore che sa tutto di me per avermi aiutato. In questo luogo, dedicato alla Madonna del Rosario, ho trovato la tranquillità e la pace che prima non avevo. Ho tutto: cibo, vestiti, medicine e tanto amore. Prima pensavo che le suore pregassero solo, invece ho capito e visto che loro lavorano tutto il giorno per tante persone in difficoltà.
Ho imparato da loro cosa significa amare senza interesse, senza ricevere niente in cambio.
Non so cosa farò quando non sarò più qui, senza l’aiuto delle suore e senza questo luogo di pace. Ma so che non voglio lasciare mai solo questo bambino. L’ho capito quando sono stata dalla dottoressa, in
una visita di controllo, mi ha detto di non vedere le manine e i piedini del bimbo. Ho pianto e solo allora ho capito quanto lo desideravo e ho provato una grande paura di perderlo, come gli altri due che avevo prima. Ho pianto per due giorni, senza dormire e senza voglia di mangiare. Anche in questo terribile momento ho pregato: "Dio dammi ancora forza, soffro così tanto".
Poi ho fatto un’altra visita e il dottore, questa volta, mi ha rassicurato che il bambino è sano. "Grazie Signore, sei davvero grande". Ora aspetto con gioia il mio bambino che si chiamerà Tristan Emanuel". Noi possiamo aggiungere, esprimendo la nostra gioia e la nostra condivisione, che, il bimbo di Aneta è nato.
Intanto la comunità di accoglienza ha vissuto con intima gioia la celebrazione del Battesimo di Emanuele e Daniel, svoltasi durante la solenne Veglia della Pasqua di Risurrezione, presieduta dal Vescovo di Pompei, Mons. Carlo Liberati.
È stato un grande dono pasquale. "Prima accompagnavamo le nostre giovani all’altare per il matrimonio, ora invece accompagniamo i bimbi al Battesimo…" ha commentato Suor Maria Margherita impegnata nel gruppo lavoro del "Movimento di Aiuto alla Vita".

(Autore: Maria Neve Cuomo)

*Monsignor Russo in visita al Centro "Giovanni Paolo II"

Nel pomeriggio di sabato 5 ottobre 2019, il Vescovo Stefano Russo, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, accompagnato dal nostro Arcivescovo, ha visitato le comunità di accoglienza presenti nel Centro per il Bambino e la Famiglia "Giovanni Paolo II".
Il Presule si è soffermato a parlare con i responsabili delle varie case, ascoltando le difficoltà, le fatiche, le gioie e le conquiste che tale impegno comporta, apprezzando, come ha affermato lui stesso nell'omelia della Messa il giorno della Supplica, "i frutti del servizio" a Dio e al prossimo e avendo parole di incoraggiamento per tutti. Ha, poi, conosciuto tutti gli ospiti presenti, dai piccoli di pochi mesi agli adulti, diversi per tante ragioni, ma tutti amati allo stesso modo in queste loro nuove case.
È stato un momento di grande gioia per tutti, vissuto con semplicità, in un clima davvero familiare, che ha dato nuovo slancio ai tanti che ogni giorno spendono la propria vita per aiutare fratelli e sorelle in difficoltà. L’incontro con il Segretario della C.E.I. ha fatto sentire a tutti l’amore specialissimo e concreto di tutta la Chiesa italiana. (L.S.)

*Centro Giovanni Paolo II
Proprio di fianco al santuario, in piazza Bartolo Longo sorge il Centro per il Bambino e la Famiglia “Giovanni Paolo II”, realizzato nelle ex-case operaie, fatte costruire dall’Avv. Bartolo Longo nel 1887, per accogliere le famiglie degli operai impegnati nella costruzione del nascente santuario. Spaziose e rese funzionali da un accurato restauro, sono costituite da cinque corpi autonomi, uniti da cortili, ed ognuno costituito da tre livelli. Al loro interno sono ospitate diverse opere gestite da varie associazioni in modo completamente autonomo, con il supporto del Santuario, che sono:
La Casa famiglia “Oasi Vergine del Sorriso”
Inaugurata l’8 dicembre 2013, è la prima opera del Centro per il Bambino e la Famiglia “Giovanni Paolo II”. È affidata alle cure dei coniugi Alfredo e Roberta Cretella, della Fraternità di Emmaus, che insieme ai cinque figli, hanno scelto di lasciare la loro casa per condividere la quotidianità con i piccoli che vivono situazioni di particolare difficoltà familiare.
Contatti: 0818634795 - E-mail: trzepizurr@gmail.com
La Casa Famiglia “Maria Madre di Misericordia”
La Casa di accoglienza “Maria, Madre della Provvidenza”
La Casa famiglia “Chiara Luce”
La Casa famiglia “Santa Maria del Cammino”
*Dieci anni fa l’inaugurazione della prima casa famiglia
L’inizio del cammino
Dieci anni fa, il 7 dicembre 2013, fu inaugurata, tra le Opere di Carità del Santuario, la prima casa famiglia del “Centro per il bambino e la famiglia Giovanni Paolo II”. Fu chiamata “Oasi Vergine del Sorriso” e affidata ai coniugi Alfredo e Roberta Cretella della Fraternità di Emmaus. In poco più di un anno altre quattro case furono abitate dalle rispettive famiglie: “Maria, Madre di Misericordia” e “Santa Maria del cammino”, affidate alla Comunità “Papa Giovanni XXIII”; “Maria, Madre della Provvidenza”, anch’essa curata dalla Fraternità di Emmaus; Comunità “Chiara Luce”, residenza per minori con disabilità seguita dalla Fondazione “Giuseppe Ferraro onlus”. «Questa nuova forma di accoglienza – disse l’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, nel giorno dell’inaugurazione – prosegue il cammino tracciato dal fondatore di Pompei, il Beato Bartolo Longo, modernizzando sì le strutture, ma mantenendone intatto lo spirito d’amore». Tra le diverse forme di accoglienza familiare, quella della casa famiglia è, probabilmente, la più “sfidante”. Casa famiglia vuol dire accogliere, nel proprio nucleo familiare, tante persone diverse, con problemi ed esigenze differenti, tutte accomunate dal bisogno di cura, un bisogno spesso di elevata intensità, ma tutte abbracciate dall’ordinaria quotidianità di una famiglia Vedere Roberta e Alfredo all’opera, con i loro cinque figli naturali e quelli mandati “dalla Provvidenza”, è una straordinaria esperienza. Per loro ‘accogliere’ è del tutto spontaneo, è parte del loro progetto di vita, una scelta che arricchisce loro stessi e la propria famiglia.
Decine di bambini accolti
In questi dieci anni, i bambini che Roberta e Alfredo hanno accolto sono decine, ognuno, seppur molto piccolo di età, già con un vissuto particolarmente difficile alle spalle e un diverso grado di autonomia e di difficoltà. Accogliere per questi coniugi è una missione, è un modo per vivere meglio la propria famiglia, non è solo una scelta di solidarietà, è una scelta che arricchisce e completa innanzitutto la propria esistenza.
Il giorno in cui fu inaugurata l’Oasi, Alfredo e Roberta hanno offerto le proprie vite al servizio di Dio e del prossimo, dicendo: «Noi ti consegniamo, o Padre, la nostra piccola vita, i nostri desideri, le nostre aspirazioni, ma anche le nostre paure e sconfitte; ti consegniamo i nostri figli, uno ad uno». Da quel momento, i due coniugi si sono completamente dedicati all’accoglienza dando una famiglia a chi una famiglia non ce l’ha. Nei mesi scorsi, hanno accolto due bambini molto piccoli. Mario (nome di fantasia), che era stato lasciato in ospedale dalla madre e che, dopo un periodo trascorso tra le cure e l’affetto di Roberta, Alfredo e i loro figli, è stato adottato, e Maria (nome di fantasia), proveniente da una famiglia segnata da un profondo disagio sociale ed economico. Anche lei è stata data in adozione ad una nuova famiglia pronta ad accoglierla. Di recente, inoltre, l’Oasi ha aperto le sue porte a Francesca (nome di fantasia), una bambina nata da poche settimane e anche lei abbandonata dalla madre.
La principale risorsa dell’accoglienza, nelle case famiglia, è dunque proprio “l’essere famiglia”! È così che diventa davvero risorsa sociale. Scegliere di essere “casa famiglia” dovrebbe essere sempre più un orizzonte possibile per tutti e non tanto la scelta eroica di pochi.
(Autore: Marida D’Amora)
*Monsignor Russo in visita al Centro “Giovanni Paolo II”
Nel pomeriggio di sabato 5 ottobre 2019, il Vescovo Stefano Russo, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, accompagnato dal nostro Arcivescovo, ha visitato le comunità di accoglienza presenti nel Centro per il Bambino e la Famiglia “Giovanni Paolo II”. Il Presule si è soffermato a parlare con i responsabili delle varie case, ascoltando le difficoltà, le fatiche, le gioie e le conquiste che tale impegno comporta, apprezzando, come ha affermato lui stesso nell’omelia della Messa il giorno della Supplica, “i frutti del servizio” a Dio e al prossimo e avendo parole di incoraggiamento per tutti. Ha, poi, conosciuto tutti gli ospiti presenti, dai piccoli di pochi mesi agli adulti, diversi per tante ragioni, ma tutti amati allo stesso modo in queste loro nuove case.
È stato un momento di grande gioia per tutti, vissuto con semplicità, in un clima davvero familiare, che ha dato nuovo slancio ai tanti che ogni giorno spendono la propria vita per aiutare fratelli e sorelle in difficoltà. L’incontro con il Segretario della C.E.I. ha fatto sentire a tutti l’amore specialissimo e concreto di tutta la Chiesa italiana. (L.S.)

*Casa di accoglienza Maria, Madre della Provvidenza
Casa di accoglienza per minori - "Fraternità Emmaus

La Carità che si rinnova
Il "Centro per il Bambino e la Famiglia Giovanni Paolo II" del santuario si arricchisce di una nuova struttura intitolata a "Maria, Madre della Provvidenza", affidata ad una coppia di coniugi che ha intrapreso il cammino della Fraternità di Emmaus.
Saranno così accolte adolescenti e donne con bambini, tutti accomunati dall’aver vissuto maltrattamenti, abusi, violenze.
É dedicata a "Maria, Madre della provvidenza" la nuova realtà di accoglienza che ha preso vita, nelle scorse settimane, all’interno della struttura "Centro per il Bambino e la Famiglia Giovanni Paolo II" del Santuario, sorto nelle ex case operaie.
La nuova "casa" va ad arricchire il complesso dedicato al compianto Papa polacco, che, nel corso del 1013/2014, ha già visto nascere al suo interno due casa famiglia, gestite da altrettante coppie di coniugi, i Cretella e i Buonocore.
"Maria Madre della Provvidenza", i cui locali sono stati benedetti martedì 3 febbraio 2015 da
Mons. Tommaso Caputo, Arcivescovo di Pompei, è stata affidata a Marco Giordano e Carmela Memoli, membri della Fraternità di Emmaus e della Fondazione Progetto Famiglia, Marco e Carmela hanno conosciuto la Fraternità circa venti anni fa.
Da diciassette sono marito e moglie, La scelta di vivere "accogliendo l’altro" ha plasmato le loro vite e quelle dei loro figli.
Dopo aver trascorso cinque anni in un’Oasi della Fraternità, dove tutti trovano "casa" se accettano di lasciare le loro sicurezze e mettersi in gioco per l’altro, hanno portato avanti il loro impegno attraverso la Federazione Progetto Famiglia, una rete di volontari che opera a sostegno della famiglia, della maternità, dei minori in difficoltà, e porta avanti numerose iniziative che hanno come filo conduttore le problematiche familiari e minorili.
Oggi sono una famiglia affidataria e, assieme ai loro tre figli, accolgono una ragazzina proveniente da una situazione di profondo disagio familiare.
Da settembre, il percorso iniziato in Fraternità li ha portati qui a Pompei dove, ancora una volta, hanno deciso di "rischiare per amore", "È sorprendente – ci ha detto Marco – sperimentare come il Signore ti accompagni quotidianamente, se accogli e ti esponi al rischio!".
Marco e Carmela, grazie alla loro esperienza in Oasi, hanno appunto compreso come l’essere famiglia non esclude la possibilità di aprirsi all’altro e così, a gennaio, hanno accolto la prima mamma.
La struttura "Maria Madre della Provvidenza" è suddivisa, infatti, in due case; l’una per mamme con bambini, l’altra per adolescenti.
Ciò che accomuna gli ospiti di queste due diverse realtà sono storie di maltrattamenti, abusi, violenze, disagi psicologici.
La giornata in casa si svolge come quella di una qualsiasi famiglia. Qui ci si sostiene a vicenda, ci si ascolta, si condividono gioie e dolori, e, grazie ad un’équipe di sette persone specializzate nel
campo, si affronta un percorso di recupero fisico, psichico e relazionale.
Anche se già attiva, la nuova struttura verrà inaugurata ufficialmente il 10 maggio 2015, in occasione della V Settimana del Diritto alla Famiglia, in programma dal 9 al 17 maggio, con centinaia di eventi in numerose città e migliaia di partecipanti.
Marco e Carmela, la cui vita di coppia e di genitori si svolge altrove, in questa ulteriore sfida iniziata a Pompei, come responsabili della nuova struttura, si sentono protetti e guidati dalla Madonna e da Bartolo Longo, esempio di laico impegnato a servizio della Chiesa e degli ultimi.
I coniugi Giordano, sulle orme de Beato, continuano, con l’aiuto e la collaborazione della Diocesi mariana, l’impegno di carità che, nella città di Maria, è iniziato oltre 130 anni fa.
(Autore: Marida D'Amora)

*Inaugurata la casa di accoglienza "Maria, Madre della Provvidenza"
Per donne e bambini vittime di violenza

"Si vorrebbe essere un balsamo per molte ferite". È Etty Hillesum a scrivere questa frase nel suo diario. Ebrea olandese, morta ad Auschwitz nel novembre del 1943, a 29 anni. Qui scelse di andare volontariamente, avendo la possibilità di fuggire, per "seguire il destino del suo popolo".
La giovane Etty ci offre potenti stimoli di riflessione e soprattutto ci interpella a fare della vita un gesto di responsabilità. Ognuno è chiamato a essere "balsamo per molte ferite", quando la violenza, i maltrattamenti, l’aborto, spezzano i legami familiari, personali, affettivi e generano divisioni interiori e drammi incontenibili. È quello che da venticinque anni cerca di fare la "Fraternità di Emmaus", un movimento ecclesiale che, accanto ad una proposta di fede articolata e matura, è impegnata a dare, attraverso l’équipe di Progetto Famiglia, una risposta culturale, sociale e concreta ad alcuni drammi che squarciano il tessuto umano, personale e familiare.
In questa scia si inserisce l’inaugurazione della casa "Maria, Madre della provvidenza" per donne e bambini vittime di violenza. Il desiderio di aprire un nuovo canale di condivisione e di solidarietà in
seno all’attività del movimento nasce da un incontro con una donna. Giulia (nome di fantasia) ha 32 anni, quattro figli e un marito da cui riceveva da 15 anni continui e terribili maltrattamenti. Giustificava e copriva tutto con la coltre dell’amore.
Quando era fuori per lavoro, giacca e cravatta, sembrava il marito più socievole e buono di questo mondo ma a casa, protetto dalle mura domestiche e sotto l’effetto dell’alcool, la maltrattava e umiliava. Dopo l’ennesima violenza, temendo per i suoi figli, Giulia ha deciso di denunciare il marito. Ha chiesto aiuto e si è rivolta al Progetto Famiglia. La sua storia chiedeva una risposta, i suoi figli avevano il diritto a crescere in un ambiente sereno. Da questo incontro con Giulia, è nata l’esigenza di aprire un nuovo canale di solidarietà per donne e bambini vittime di maltrattamenti e di violenze quasi sempre perpetuate dai loro compagni o da altri membri della famiglia o addirittura in ambito lavorativo. Un fenomeno in aumento e che molte volte sfocia nel femminicidio. Come dimostra anche il rapporto dell’Eures, in Italia aumentano gli omicidi delle donne in ambito familiare, il 66,4%: la maggior parte per mano del marito o convivente (55,1%); cui seguono gli ex coniugi/ex partner (18 vittime, pari al 14,8%) ed i partner non conviventi (8 vittime, pari al 6,6%). "Occorrono politiche, nazionali, efficaci, globali e coordinate, che pongono, che pongano i diritti della vittima al centro di tutte le misure e che siano attuate attraverso una collaborazione efficace tra tutti gli enti, le istituzioni e le associazioni – afferma Marco Giordano, presidente di Progetto Famiglia -. Ma occorre dare anche una risposta immediata con la possibilità di avere una casa, un luogo dove poter stare ed essere accompagnate da un punto di vista psicologico, amicale e relazionale all’acquisizione di quella autonomia persa a causa dei continui maltrattamenti". È questa la missione della casa "Maria Madre della Provvidenza" che, domenica 10 maggio, è stata inaugurata nell’ambito del complesso del "Centro per il Bambino e la Famiglia Giovanni Paolo II".
Un altro tassello importante, accanto all’Oasi "Vergine del Sorriso", inaugurata due anni fa, di quella grande opera che a Pompei si perpetua sulle orme di Bartolo Longo, apostolo di carità e che vede l’Arcivescovo, Mons. Tommaso Caputo, particolarmente impegnato perché la preghiera, di cui il Santuario è espressione per eccellenza e la carità che ogni giorno si consuma attraverso il Centro, possano essere i due fari che illuminano la terra di Maria. "Nel cuore di Pompei, nel mezzo della vita ordinaria – ha commentato l’Arcivescovo di Pompei – lì dove la gente vive, il Centro per il Bambino e la Famiglia ci ricorda non solo l’importanza e la bellezza della famiglia ma soprattutto che lì dove una storia familiare presenta delle ferite, ci sono persone disposte a condividerle e a cercare di sanarle". "La storia si costruisce attraverso un impegno concreto – ha sottolineato Don Silvio Longobardi, custode della "Fraternità di Emmaus" – la nostra non è battaglia ideologica, in questi anni abbiamo cercato di dare risposte concrete accogliendo bambini, mamme, famiglie per periodi più o meno lunghi". La benedizione è stata preceduta da una Marcia per la Vita, con centinaia di passeggini vuoti per ricordare tutti i bambini mai nati a causa dell’aborto ed è stata seguita da una Tavola rotonda su un tema molto delicato che è quello degli effetti antropologici, psicologici e spirituali dell’aborto sulla donna.
Nell’ambito di questa settimana speciale per il diritto alla famiglia, organizzata dalla Federazione Progetto Famiglia in più di 300 città italiane, l’altro appuntamento importante tenutosi a Pompei è stato il Convegno Nazionale di Studi, "Scelte a misura di bambino. Tra progettazione delle accoglienze e prevenzione delle cause degli allontanamenti", svoltosi presso la casa del Pellegrino il 15 maggio 2015.
La convention ha inteso offrire un momento di riflessione e confronto tra gli operatori pubblici e no-profit impegnati nel campo della tutela minorile, del disagio familiare e dell’accoglienza
residenziale e familiare. Quando ci si trova di fronte alla necessità di allontanare un minorenne dal proprio nucleo familiare, la scelta del contesto in cui inserirlo non va fatta "solo" optando per la comunità o per altri interventi, ma anche andando nel dettaglio di quale comunità o famiglia occorre proporgli e di quale progetto individualizzato realizzare per offrire la risposta più adeguata ai bisogni specifici in gioco.
È vero anche che l’intervento sociale deve innanzitutto prevenire le cause che portano ad un allontanamento del minorenne. Bisogna lavorare dunque per prevenire l’incuria e il maltrattamento dei minori attivando, ad esempio, reti di solidarietà familiare, ritessendo dal basso dei micro-network locali di presa a carico condivisa dei ragazzi e delle loro famiglie in difficoltà.

Più di 400 partecipanti iscritti e convenuti da tutta la Campania e dal territorio extraregionale. Molteplici anche gli interventi programmati; molti dei quali provenienti da altre realtà nazionali del privato e del pubblico che hanno dato spessore e ricchezza di contenuto alla giornata.

(Autore: Giovanna Abbagnara)

*Casa famiglia "Chiara Luce"

Residenza per minori con disabilità
Intitolata alla giovane Beata savonese morta nel 1990 a soli 18 anni, è gestita dalla “Fondazione Giuseppe Ferraro onlus”, creata dai coniugi Luigi ed Elisa Ferraro.
La comunità residenziale accoglie minori disabili o provenienti dal disagio economico e sociale.

*Maria, Madre della Misericordia

La Carità che si rinnova
Il "Centro per il Bambino e la Famiglia Giovanni Paolo II” del Santuario si arricchisce di una nuova struttura intitolata a “Maria, Madre della Provvidenza”, affidata ad una coppia di coniugi che ha intrapreso il cammino della Fraternità di Emmaus. Saranno così accolte adolescenti e donne con bambini, tutti accomunati dall’aver vissuto maltrattamenti, abusi, violenze.
É dedicata a "Maria, Madre della provvidenza" la nuova realtà di accoglienza che ha preso vita, nelle scorse settimane, all’interno della struttura “Centro per il Bambino e la Famiglia Giovanni Paolo II” del Santuario, sorto nelle ex case operaie. La nuova “casa” va ad arricchire il complesso dedicato al compianto Papa polacco, che, nel corso del 1013/2014, ha già visto nascere al suo interno due casa famiglia, gestite da altrettante coppie di coniugi, i Cretella e i Buonocore. “Maria Madre della Provvidenza”, i cui locali sono stati benedetti martedì 3 febbraio 2015 da Mons. Tommaso Caputo, Arcivescovo di Pompei, è stata affidata a Marco Giordano e Carmela Memoli, membri della Fraternità di Emmaus e della Fondazione Progetto Famiglia, Marco e Carmela hanno conosciuto la Fraternità circa venti anni fa. Da diciassette sono marito e moglie.
La scelta di vivere “accogliendo l’altro” ha plasmato le loro vite e quelle dei loro figli. Dopo aver trascorso cinque anni in un’Oasi della Fraternità, dove tutti trovano “casa” se accettano di lasciare le loro sicurezze e mettersi in gioco per l’altro, hanno portato avanti il loro impegno attraverso la Federazione Progetto Famiglia, una rete di volontari che opera a sostegno della famiglia, della maternità, dei minori in difficoltà, e porta avanti numerose iniziative che hanno come filo conduttore le problematiche familiari e minorili. Oggi sono una famiglia affidataria e, assieme ai loro tre figli, accolgono una ragazzina proveniente da una situazione di profondo disagio familiare. Da settembre, il percorso iniziato in Fraternità li ha portati qui a Pompei dove, ancora una volta, hanno deciso di “rischiare per amore”, “È sorprendente – ci ha detto Marco – sperimentare come il Signore ti accompagni quotidianamente, se accogli e ti esponi al rischio!”. Marco e Carmela, grazie alla loro esperienza in Oasi, hanno appunto compreso come l’essere famiglia non esclude la possibilità di aprirsi all’altro e così, a gennaio, hanno accolto la prima mamma. La struttura “Maria Madre della Provvidenza” è suddivisa, infatti, in due case; l’una per mamme con bambini, l’altra per adolescenti. Ciò che accomuna gli ospiti di queste due diverse realtà sono storie di maltrattamenti, abusi, violenze, disagi psicologici.
La giornata in casa si svolge come quella di una qualsiasi famiglia. Qui ci si sostiene a vicenda, ci si ascolta, si condividono gioie e dolori, e, grazie ad un’équipe di sette persone specializzate nel campo, si affronta un percorso di recupero fisico, psichico e relazionale. Anche se già attiva, la nuova struttura verrà inaugurata ufficialmente il 10 maggio 2015, in occasione della V Settimana del Diritto alla Famiglia, in programma dal 9 al 17 maggio, con centinaia di eventi in numerose città e migliaia di partecipanti.
Marco e Carmela, la cui vita di coppia e di genitori si svolge altrove, in questa ulteriore sfida iniziata a Pompei, come responsabili della nuova struttura, si sentono protetti e guidati dalla Madonna e da Bartolo Longo, esempio di laico impegnato a servizio della Chiesa e degli ultimi. I coniugi Giordano, sulle orme de Beato, continuano, con l’aiuto e la collaborazione della Diocesi mariana, l’impegno di carità che, nella città di Maria, è iniziato oltre 130 anni fa.
(Autore: Marida D'Amora)

*Casa famiglia "Oasi Vergine del Sorriso"

Inaugurata l’8 dicembre 2013, è la prima opera del Centro per il Bambino e la Famiglia “Giovanni Paolo II”. È affidata alle cure dei coniugi Alfredo e Roberta Cretella, della Fraternità di Emmaus, che insieme ai cinque figli, hanno scelto di lasciare la loro casa per condividere la quotidianità con i piccoli che vivono situazioni di particolare difficoltà familiare.
Affidata ad una coppia di coniugi della "Fraternità di Emmaus" la prima struttura delle ex Case Operaie, nella quale è sorta una casa famiglia per l'accoglienza dei minori.
Tornano a vivere e a risuonare di voci e rumori le case operaie (nella prima foto), l’inaugurazione), volute nel 1887 dal Beato Bartolo Longo per accogliere le famiglie degli operai impegnati nella costruzione del nascente santuario. Poste proprio al centro della nuova città, furono il primo esempio di edilizia popolare, che anticipava perfino la “Rerum Novarum” (1891) di Papa Leone XIII. Per circa cento anni hanno ospitato numerose famiglie di dipendenti del santuario, trasferite, all’inizio degli anni ’90 del XX secolo, nelle nuove case di piazza Schettini. Considerando la centralità degli edifici, situati tra il santuario ed il comune, e la maestosità delle costruzioni (cinque corpi autonomi, uniti da cortili, ed ognuno costituito da due piani) si rendeva assolutamente necessario il loro restauro e riutilizzo, tenendo fede al primitivo scopo sociale.
In occasione della seconda visita di Papa Giovanni Paolo II a Pompei, nel 2003, si pensò di farle diventare, grazie anche al contributo degli enti pubblici, sede del “Centro per il bambino e la famiglia” dedicato proprio al Papa polacco. Alterne vicende, lungaggini burocratiche ed altri ostacoli hanno fatto sì che ci volessero ben dieci anni per vedere realizzata, almeno in parte, questa nuova opera. Sabato, 7 dicembre 2013, vigilia dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, è stata inaugurata la casa famiglia “Oasi Vergine del Sorriso”, affidata ad una coppia di sposi della “Fraternità di Emmaus”, associazione fondata da Don Silvio Longobardi, sacerdote della diocesi di Nocera-Sarno (SA), e composta da sposi, vergini e presbiteri disponibili ad accogliere la chiamata alla santità ricevuta nel battesimo e che vogliono essere annunciatori e testimoni della nuova vita che nasce dalla Risurrezione. Durante la Santa Messa, celebrata nella Cappella del Beato e presieduta dall’Arcivescovo di Pompei, Mons. Tommaso Caputo, i coniugi Alfredo e Roberta Cretella, entrambi avvocati, hanno offerto le proprie vite al servizio di Dio e del prossimo, con queste parole: “Noi ti consegniamo, o Padre, la nostra piccola vita, i nostri desideri, le nostre aspirazioni, ma anche le nostre paure e sconfitte; ti consegniamo i nostri figli, uno ad uno: Emanuela, Antonio, Raffaele Giovanni Paolo, David Maria e infine la nostra piccola Maria Celeste, che vedrà la luce tra pochi giorni, all’ombra della tua Madre; sono tuoi! Fa’ per loro ciò che Tu vuoi”. Il rito, molto suggestivo e ben curato, ha visto la partecipazione di numerosi appartamenti alla “Fraternità di Emmaus”. Nell’omelia, Mons. Caputo ha ringraziato l’associazione ed in particolare la famiglia Cretella (la cui quinta figlia è nata pochi giorni dopo l’evento) per l’impegno che hanno preso di servire Dio ospitando bambini in necessità nel calore della propria casa.
La presenza di una vera famiglia aiuterà i piccoli in affidamento a ritrovare la serenità perduta e a superare eventuali traumi, mentre la rete dei volontari qualificati sosterrà il lavoro dei coniugi nella gestione di una non semplice realtà. “Questa nuova forma di accoglienza – ha sottolineato Mons. Caputo – prosegue il cammino tracciato dal Fondatore di Pompei, il Beato Bartolo Longo, modernizzando sì strutture, ma mantenendone intatto lo spirito d’amore”. Proprio l’intreccio tra preghiera e carità è, infatti, uno dei pilastri fondamentali della “Fraternità di Emmaus”, giovane movimento ecclesiale nato intorno agli anni ’90, che oggi vede la presenza di altre Oasi, oltre che in Italia, anche in Burkina Faso e in Ucraina.
Un’attenzione particolare alla famiglia, nata sotto l’impulso del magistero di Giovanni Paolo II, che si concretizza in un’attenta azione culturale e in una generosa condivisione quotidiana grazie alla disponibilità di tante famiglie. Una scelta, quella della famiglia Cretella, che pone anche l’accento sul protagonismo dei laici nella Chiesa, in piena continuità con il pensiero e l’opera del Beato Bartolo Longo che scelse di restare laico e in prima persona consumò la sua vita nel servizio alla Chiesa attraverso la preghiera e la carità. Il Beato Bartolo Longo, alla fine della sua entusiasmante e carismatica vita, sempre densa di fede filiale nella Divina Madre ebbe a dire: “Credevamo di essere protagonisti e ci siamo accorti di essere stati solo semplice spettatori”. Questa verità ed intuizione profetica in questa frase, che accompagna il cammino di ogni cristiano di buona volontà che, come il Beato, sperimenta quanto il suo sì sia solo la miccia che serve a Dio per compiere meraviglie, Le Oasi sono il frutto e il segno di una storia plasmata dallo Spirito.
 
Sono i conventi del terzo millennio, nei quali sposi e vergini condividono, fianco a fianco, la gioia di vivere e testimoniare il Vangelo. Sono luoghi in cui la comunione fraterna diventa legge di vita, obiettivo irrinunciabile verso cui tendere nonostante le ferite generate dall’umana fragilità. Sono piccole case in cui la preghiera s’intreccia con la carità, l’ascolto della Parola con l’accoglienza dei fratelli imparando così a coniugare amore di Dio e amore del prossimo, come in tutte le famiglie cristiane. La presenza di una piccola Cappella con Gesù Eucaristia all’interno dell’Oasi sottolinea maggiormente che il servizio sgorga limpido dalla preghiera e dall’ascolto. Solo in ginocchio si impara ad amare l’altro e a servirlo. “Abbiamo lasciato la nostra casa per iniziare quest’avventura di carità, spinti dal desiderio di rispondere ad un invito di Dio.
L’eucarestia quotidiana e la concreta condivisione con i nostri amici della - Fraternità di Emmaus - sono la nostra forza”, affermano, trepidanti ma sereni, Alfredo e Roberta, certi che la Vergine Maria accompagna e guida i loro passi. Nel corso dell’inaugurazione, l’Arcivescovo Caputo ha ricordato che questo complesso, che presto si arricchirà di nuove iniziative, è il frutto di una serena e cordiale collaborazione tra il Comune ed il Santuario di Pompei. Dal canto suo, il Sindaco, Avv. Claudio D’Alessio, ha espresso la propria gioia per la realizzazione di un’opera di accoglienza in linea con le tradizioni della Città di Pompei, tradizioni dettagliate dai principi di solidarietà, accoglienza e carità tramandate dal Fondatore. Continua, così, grazie alla generosità di gruppi, singoli e famiglie, la storia ultracentenaria di accoglienza del Santuario di Pompi, fondata sul binomio fede e carità.
(Autori: Giovanna Abbagnara e Loreta Somma)
“Il Tabernacolo realizzato nella Cappella dell’Oasi Vergine del Sorriso”
 
L’opera in pietra rappresenta un’ostia cosparsa di petali di fiori. Il riferimento si trova nella vita e nella spiritualità di Santa Teresa di Lisieaux, patrona della “Fraternità di Emmaus”. Teresa ricorda che da bambina le piaceva gettare petali di rosa al passaggio del Corpus Domini, quanto più in alto possibile, nella speranza che potessero toccare l’ostensorio e nel discendere, santificare tutto ciò che toccavano.
 
Sulla grande ostia che è Gesù è stata riprodotta una piccola ostia bianca nella quale Teresa vuole trasformarsi, per essere sempre più simile a Lui.
 
La spiritualità di Teresa è cristocentrica, perché pone sempre Gesù Eucarestia al centro della sua vita. Ella si offre a Lui come vittima e da Gesù riparte per diffondere il suo amore attraverso lo Spirito Santo nel mondo.
 
Ecco l’immagine dei petali che si dipartono dal Tabernacolo.

*Casa famiglia "Santa Maria del Cammino"

Casa di Fraternità e di Accoglienza - "Comunità Papa Giovanni XXIII"

Responsabile della Casa famiglia "Santa Maria del Cammino"
Anna D'Ambrosio e Renata Trzepizur

News dalla Casa famiglia "Santa Maria del Cammino"

Il prezioso lavoro della Casa Famiglia "Santa Maria del Cammino"

Inaugurata il 4 agosto 2016 nel Centro per il bambino e la famiglia "Giovanni Paolo II", la struttura, affidata alla Comunità Papa Giovanni Paolo XXIII, fondata da don Oreste Benzi nel 1973, accoglie ragazze madri con i loro figli e bambini ed adolescenti con problematiche relative alla propria salute.
"Litighiamo spesso, ma ci vogliamo davvero molto bene. È normale avere delle divergenze quando si proviene da posti diversi con culture diverse. Ognuno di noi, poi, ha la sua storia e il suo vissuto. Eppure condividiamo la vita". A raccontarci la quotidianità della Casa Famiglia "Santa Maria del Cammino" sono le responsabili, Anna D’Ambrosio e Renata Trzepizur.
Inaugurata il 4 agosto del 2016, la Casa Famiglia fa parte delle cinquecento strutture, disseminate nel mondo, della Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi nel 1973. Nella città mariana, tra le Opere di Carità del Santuario, ne sono nate due. Nel 2014, ha preso vita la Casa "Maria, Madre di Misericordia", affidata ai coniugi Raffaela e Salvatore Buonocore. Oggi, nello stesso edificio, il Centro per il Bambino e la Famiglia "Giovanni Paolo II", è stata inaugurata anche la "Santa Maria del Cammino". Nel centro, sorto nelle ex case operaie fondate dal Beato Bartolo Longo per i lavoratori che prestavano la loro opera alla costruzione della nascente Pompei, sono inoltre ospitate anche altre comunità di accoglienza, affidate alla Fraternità di Emmaus e alla Fondazione G. Ferraro onlus. "Nelle strutture della Comunità Papa Giovanni – ci raccontano, ancora, ancora, Anna e Renata – non esistono operatori che si danno il cambio ed effettuano dei turni.
Questa è la nostra casa, la nostra famiglia". Unite da questa esperienza del 2010, Anna e Renata hanno già collaborato nella Casa di San Cipriano Picentino e in quella di Montecorvino Rovella, entrambe in provincia di Salerno.
Attualmente la casa di Pompei ospita due ragazze madri con le loro bambine. Miriam, giovanissima, di appena 21 anni, è di nazionalità nigeriana e, da pochi mesi, ha dato alla luce una splendida bimba, assistita in ospedale proprio da Anna. "Sono stata con lei giorno e notte durante il travaglio e i giorni di ricovero", ci ha detto. "Noi siamo le sorelle, le mamme, le zie e le nonne – le fa eco Renata – di tutte le persone che accogliamo". Rosa, trentaquattrenne, è, invece, di nazionalità rumena. Con lei, la sua bimba di due anni e mezzo. Poi, ci sono Mario di 14 anni, autistico, e Paolo di 9 anni, idrocefalico, anche lui rumeno. "Non conosciamo molto bene le loro storie – ci dicono Anna e Renata – Mario è stato affidato alla Comunità da quando aveva tre anni e mezzo perché la madre non ha saputo gestire la sua disabilità. Mentre Paolo è stato affidato alla Papa Giovanni XXIII da quando aveva solo quattordici mesi.

È stato lasciato dai genitori in ospedale dove, nato prematuro, è stato ricoverato in terapia intensiva fino al tredicesimo mese di vita. Non appena le sue condizioni sono migliorate è stato affidato ad una delle nostre strutture".
La famiglia della "Santa Maria del Cammino", come tutte le famiglie della Comunità Papa Giovanni, è molto particolare. Qui non c’è una specifica tipologia di accoglienza, chiunque ha bisogno può chiedere aiuto. "L’obiettivo – ci dice Anna – è portare chi ci viene affidato ad essere autonomo, a poter gestire la propria vita da solo.

Ma molto decidono, nonostante tutto, di rimanere qui, pur trovando un lavoro e riuscendo ad essere indipendenti dal nostro sostegno". In tanti, dopo aver vissuto in una Comunità Papa Giovanni XXIII, scelgono di continuare a vivere nella propria famiglia "allargata". Qui, la serenità e la condivisione sono il sale principale di ogni giornata.

E non desta meraviglia questa scelta, basta guardare gli occhi di Anna e renata che sono felicissime di essere entrate a far parte della Comunità fondata da don Benzi. "Il progetto di don Oreste – spiega Renata – era quello di dare una famiglia a chi non ce l’ha. Perché la famiglia ti dà amore, non solo accoglienza". La gioia che traspare dai volti e dai sorrisi degli ospiti della casa ne dà testimonianza concreta.

Nonostante le storie difficili e il vissuto profondamente drammatico di alcuni, nella "Santa Maria del Cammino" si respira serenità e Anna e Renata sono al punto di riferimento di tutti, come lo è ogni genitore.
(Autore: Marida D’Amora)

*Centro Accoglienza Oratoriale Semiresidenziale "Bartolo Longo" - Un Mestiere per il futuro"

Per minori in disagio economico e sociale

Il Centro di Accoglienza Oratoriale semiresidenziale "Bartolo Longo", che offre supporti educativi nelle attività scolastiche ed extra-scolastiche ha, al suo interno, il "Polo Scolastico", che racchiude tutte le scuole, dalle elementari alle superiori, rette dal Santuario. Attivo dal gennaio 2010, facendo seguito alla legge n. 206/03, e retto dai Fratelli delle scuole Cristiane, il Centro offre sostegno scolastico e la possibilità di partecipare ad innumerevoli attività pomeridiane a circa 160 ragazzi, di età compresa trai 3 e i 17 anni, provenienti da famiglie con gravi problemi sociali che, grazie al lavoro quotidiano svolto da appartenenti a varie associazioni di volontariato, ricevono un’adeguata istruzione, coadiuvata da esperienze di socializzazione.
Ne è Responsabile il Direttore "pro tempore", nella persona di Fratel Giovanni Decina dei Fratelli delle scuole Cristiane, mentre Coordinatore di tutte le attività del Centro è Fratel Filippo Rizzo.
Il Centro, offrendo l’accoglienza per l’intero arco della giornata, dalle 8.15 alle 19.30, costituisce
un punto di riferimento per minori che non hanno supporti familiari per la loro crescita umana e sociale, per le famiglie con gravi problemi economici e culturali e per i Servizi Sociali dei comuni limitrofi. I Fratelli delle scuole Cristiane, ai quali è affidato il Centro, fedeli al carisma del Fondatore, svolgono con amore la loro missione pedagogica al servizio dei bambini e ragazzi provenienti da situazioni di grave disagio economico e sociale e da contesti familiari problematici.
Oggi, come nel passato, promuovono un’educazione basata sui principi della solidarietà, della tolleranza e dell’accettazione delle diversità di cultura, razza, tradizioni.
Il centro, che offre un’accoglienza "formato famiglia", si articola in spazi funzionali allo svolgimento contemporaneo di diverse attività, dotato di ambienti adeguati secondo le norme di sicurezza e idoneamente attrezzati per attività culturali, sportive, ludiche e sociali.
All’interno della struttura sono presenti una sala internet dotata di moderne strutture informatiche, laboratori di elettronica, un laboratorio di lavorazione della ceramica, sale di musica e di canto, una palestra interna, un campetto di pallacanestro esterno all’edificio, una mensa scolastica e "sale relax" per le ore di svago.
Ogni anno, inoltre, sono organizzate mostre, convegni, spettacoli e altri eventi culturali, nonché
feste aperte a chiunque voglia partecipare.
Il "Centro di Accoglienza Oratoriale semiresidenziale" favorisce nel concreto la crescita culturale, morale e sociale dei ragazzi, offrendo una adeguata istruzione coadiuvata da esperienze di socializzazione, formazione spirituale e preparazione all’inserimento nella società. Attraverso la disponibilità e la competenza educativa del personale operativo, si interviene per risanare situazioni precarie di partenza, segnalate sia dai servizi sociali che dai Tribunali per i minori o da Associazioni presenti nel sociale.
Gli educatori sono tutti di valida e consolidata esperienza, coadiuvati da volontari per attività varie, iscritti all’Associazione di Volontariato "I Lasalliani" o alla "Famiglia Lasalliana".

*Un Mestiere per il futuro
Presso il Centro Educativo “Bartolo Longo” di Pompei a breve partirà il progetto “Un mestiere per il futuro”, pensato dal Santuario di Pompei in collaborazione con la Caritas Nazionale, per i giovani considerati “a rischio”. L’idea nasce con l’intento di offrire ai giovani che vivono situazioni di disagio economico e sociale la possibilità di creare, per il proprio futuro, una valida alternativa alla vita di strada.
Il progetto si pone come risposta al bisogno di inserimento lavorativo, necessario non solo ai giovani, ma anche alle loro famiglie, spesso non in grado di sostenerli. “Un mestiere per il futuro” coinvolgerà 16 ragazzi, di età compresa tra i 16 e i 18 anni, che potranno frequentare, per tre anni, laboratori teorici e pratici, durante i quali alle lezioni frontali si alterneranno fasi di reale apprendistato. L’iniziativa è volta alla valorizzazione delle capacità e delle abilità dei giovani a rischio esclusione, attraverso un nuovo modello di reinserimento psico-sociale basato sui principi di responsabilità, legalità e solidarietà.
Cuore del progetto sono i laboratori per falegname, idraulico, estetista e parrucchiere che offrono la possibilità di valorizzare le competenze, accrescerle e potenziarle e, soprattutto, di imparare un mestiere, reale opportunità di riscatto per questi giovani. Obiettivi specifici del progetto sono: aumentare il senso di impegno civico e di utilità sociale dei ragazzi; diminuire la percezione di esclusione sociale da parte dei giovani a rischio e/o con minori opportunità; offrire occasioni di socializzazione e di confronto; offrire la possibilità di un reinserimento sociale.
Per i soli aspiranti estetista o parrucchiere il progetto prevede la partecipazione a corsi specifici organizzati da Scuole riconosciute giuridicamente che, al termine del percorso, rilasceranno apposita certificazione che consentirà ai partecipanti di avviare il mestiere di estetista o parrucchiere. I corsi si terranno al mattino, dal lunedì al venerdì, e avranno la durata di 3 ore. I ragazzi saranno accompagnati da un Educatore con un pulmino. I giovani che frequenteranno i laboratori per falegname ed idraulico riceveranno un attestato rilasciato dall’artigiano esperto che li guiderà durante il corso. Il progetto coinvolgerà anche i genitori, attraverso percorsi di counselling che avranno come obiettivo l’aumento della consapevolezza e la loro crescita umana e relazionale.

*Centro per l'Aiuto alla Vita

L’Associazione, mediante iniziative di volontariato, opera a tutela della maternità, dell’accoglienza della vita e della dignità della donna, all’assistenza e al sostegno dei sofferenti.
L’Associazione persegue gli obiettivi prefissati attraverso l’ospitalità presso case-famiglia e case-accoglienza per gestanti, servizi di consulenze mediche, legali, etiche e psicologiche gratuite, integrazioni materiali per i meno abbienti, convenzioni con le AA.SS.LL. e con le strutture socio-sanitarie operanti sul territorio, servizi di informazione sanitaria e di orientamento, assistenza per le gravidanze a rischio, corsi di informazione sulla regolazione della fertilità, disbrigo di pratiche presso enti pubblici e privati. L’Associazione non persegue alcuno scopo di lucro. Può collaborare con altri enti aventi le stesse finalità.
Martedì: ore 9.00 - 12.00 accoglienza
Venerdì: ore 15.30 - 17.00 distribuzione aiuti

*Comunità Arcobaleno
L’impegno di solidarietà del Santuario: La Comunità Arcobaleno

Ragazzi pieni di vita nonostante il disagio

Nel nostro percorso di presentazione e di conoscenza del servizio di accoglienza e di solidarietà in cui è impegnato il Santuario di Pompei, incontriamo, ora, la "Comunità Arcobaleno", ubicata presso il Centro Educativo "Beata Vergine del Rosario".
Sono circa trenta i minori che la compongono, dai 6 ai 14 anni, tutti provenienti da famiglie con gravi problemi, soprattutto economici.
Di fronte alle nuove povertà derivanti, anzitutto, dalla crisi della famiglia e da altre cause come il flusso migratorio e il grave problema della disoccupazione, in linea con il pensiero del Fondatore, il Beato Bartolo Longo, sempre sensibile ai segni dei tempi, abbiamo pensato di accogliere anche i figli dei genitori separati o di madri nubili, nonché ragazzi provenienti da nazioni extracomunitarie.
Nella Comunità la vita scorre secondo i ritmi propri dei ragazzi e dei bambini di quell’età. Dopo la scuola e il pranzo, un po’ di relax e di giochi all’aperto, al pomeriggio si studia.
Lo studio impegna gran parte del pomeriggio. Nell’eseguire i compiti, i bambini e i ragazzi sono aiutati dalle Suore educatrici, quattro in tutto, ognuna impegnata nell’educazione di un gruppo composto da sei ad otto unità, tra bambini e ragazze.
In quest’opera di assistenza allo studio, gli ospiti della comunità sono aiutati anche da studentesse universitarie, provenienti dalle Facoltà Universitarie di Scienze dell’Educazione e di Servizio
Sociale di Napoli e Salerno, che adempiono, in questo modo, al loro piano di studi che prevede l’esperienza di "tirocinio guidato", le cui ore sono stabilite in collaborazione tra i responsabili della nostra comunità e quelli delle Facoltà Universitarie convenzionate.
L’azione educativa, facilitata anche dalla presenza e dalla collaborazione di laici che condividono un cammino comune nella ricerca di risposte operative e risolutive alle problematiche legate al disagio, guarda alla centralità del minore come persona, rispettandone l’autonomia e facendo leva sulle sue peculiarità. In questo processo, pertanto, è fondamentale che il ragazzo sia sempre al centro. Occorre partire dai suoi bisogni reali e dai suoi valori personali, rendendolo sempre protagonista del suo sviluppo, perché crescendo, possa realizzare il proprio progetto di vita.
Questo percorso educativo esige degli educatori un serio impegno di conoscenza della complessa realtà in cui i ragazzi sono inseriti, attraverso una presenza attenta e aperta all’ascolto e ad analisi e studi, sempre più approfonditi, delle cause che generano situazioni di disagio, per poterle trasformare in esperienze vivibili.
L’educazione diventa, così, il primo spazio di prevenzione del disagio, perché capace di accompagnare i minori attraverso uno sviluppo progressivo delle proprie risorse; attenta allo sviluppo della sessualità e generatrice di una cultura della solidarietà e del senso di giustizia, e, soprattutto, perché atta a promuovere in loro un’apertura verso il trascendente, e una conoscenza ed esperienza dei valori evangelici, fino all’incontro con Gesù.
Questo cammino avviene grazie alla stretta collaborazione con la vicina Parrocchia del SS.mo Salvatore, guidata da Don Giuseppe Esposito.
Il lavoro educativo tende anche a far maturare nel minore il senso della vita familiare, partendo proprio dalla sua famiglia: anche se carente o in disfacimento essa è continuamente sollecitata a vivere la propria responsabilità che viene monitorata attraverso un progetto d’intervento redatto insieme ai Servizi Sociali dei Comuni di appartenenza.
Anche lo sport, con il suo alto valore educativo, è contemplato nelle attività che si svolgono nella Comunità. Chi lo desidera può frequentare corsi di danza, pattinaggio, pallavolo, calcetto. Attualmente i più piccoli, allenati con passione e competenza dal signor Renato Pisani, sono impegnati con profitto nei campionati di tennis da tavolo, riportandone vittorie e trofei.

*Comunità Incontro
Dal mese di settembre 2004, su iniziativa dell’Arcivescovo, Mons. Carlo Liberati, è operativa a Pompei, una nuova sede della "Comunità Incontro", fondata da Pietro Gelmini.
Al Gelmini, che ha inaugurato centri simili in tutto il mondo, il Santuario ha donato, in comodato gratuito, una fattoria di sua proprietà in Via Stabiana, Località Le Mattine.
La struttura, nella quale possono trovare posto 15 persone, oltre all’abitazione, è dotata di una sala convegni, di locali per l’allevamento degli animali e di 14.ooo mq di terreno coltivabile.
Tutto è cominciato con Emanuele, un giovane che, all’epoca, aveva tre anni di vita comunitaria alle spalle, una esperienza tale da permettergli di poter guidare i primi "ospiti" della comunità di Pompei.
I primi ragazzi accolti, provenienti dalle sedi della Comunità di tutta Italia, hanno ripulito tutti i locali e l’area circostante. Hanno realizzato lavori di muratura, di idraulica, di falegnameria, di tinteggiatura, grazie anche alla collaborazione di personale del Santuario.
Si sono occupati anche di dissodare le terre, per poter seminare erba medica, graminacee e verdure, e particolare attenzione hanno dedicato ai locali per l’allevamento del bestiame, che sono stati rimessi a nuovo.
Oggi a guidare la Comunità è Ivan. A Pompei da 4 mesi, Ivan si occupa del programma di recupero dei 5 giovani attualmente ospiti della struttura.
Nella Comunità di recupero Incontro, seguendo gli insegnamenti e la guida di Pietro Gelmini, suo fondatore, tutto è improntato alla vita comunitaria, al dialogo, al confronto, alla riflessione.
Il programma di recupero da sempre seguito dal Gelmini è, infatti, la "Cristoterapia".
Sono i medicinali dunque a "curare" questi ragazzo, la droga non è una malattia, ma il punto di arrivo di una vita desolata, disastrata, dove la droga ha trovato terreno fertile.
La Comunità Incontro, infatti, non è una comunità terapeutica, ma una scuola di vita, o meglio, una proposta di vita che deve educare l’uomo a vivere i grandi valori della famiglia, dell’amore, della fede, del lavoro. L’introspezione, la preghiera, il dialogo, il guardarsi dentro riconoscendo i propri errori, questa è la "terapia" giusta.
Attraverso uno stile di vita povero, ma "fecondo", i ragazzi possono superare il momento di "disorientamento" che li ha portati a fare uso di stupefacenti.
In Comunità ognuno deve poter contare sulle proprie forze, ognuno deve diventare protagonista della propria vita. All’inserimento in Comunità, ogni ragazzo trova un gruppo di amici pronti ad accoglierlo e a condividere con lui la quotidianità. Otto ore sono dedicate al lavoro, otto al dialogo, otto al riposo.
In Comunità, dunque, non esistono terapie mediche, ma si offre l’opportunità, attraverso il confronto, di riscoprire il vero senso della vita. Uno dei momenti più importanti è la "tavola", che diventa un’importante occasione di incontro.
In Comunità è vietato isolarsi, si sta sempre tutti insieme. Particolare importanza assume, infine, l’incontro periodico con le famiglie, che costituisce un fondamentale momento di crescita per il ragazzo e per la sua famiglia.
La Comunità Incontro è l’unica ad aver sperimentato questo tipo di percorso, che ha durata triennale.

*Tornare alla vita con l’aiuto di Maria

Tra le nostre opere di carità rientra una struttura per il recupero di chi vive il dramma della tossicodipendenza. La sede della città mariana fu inaugurata nel 2004. Il Santuario mise a disposizione una fattoria di 17 mila metri quadrati in località Le Mattine.
Sono ormai trascorsi dieci anni da quando, a Pompei, è stata inaugurata una sede della
Comunità Incontro, per il recupero dei tossicodipendenti, fondata da don Pierino Gelmini. Il fondatore, nato a Pozzuolo Martesana il 20 gennaio 1925 e scomparso il 12 agosto scorso ad Amelia, ha dato vita a duecento centri simili in tutto il mondo ed ha voluto che una delle sue tante sedi godesse della protezione materna della Vergine del Rosario. Dal settembre 2004, il Santuario ha, dunque, messo a disposizione la fattoria di sua proprietà sita in via Stabiana, località Le Mattine, per un gruppo di ragazzi della Comunità. Una tenuta di 17.000 mq, composta di terreno da coltivare e una fattoria da gestire. Un centro di recupero e reinserimento sociale che è andato ad arricchire le innumerevoli iniziative di carità del Santuario mariano. Dare ospitalità ai giovani che vivono nel disagio sociale è, infatti, il carisma della città di Maria, nel solco del suo fondatore, il Beato Bartolo Longo. Gestita completamente dai ragazzi della "Comunità
Incontro", la tenuta è stata affidata loro con fiducia e amore, quell’amore che, facendosi solidarietà, porta ogni persona alla consapevolezza e alla responsabilità.
Ed è qui che, illuminati dalla presenza di Maria, i giovani tossicodipendenti compiono il loro percorso di recupero alla vita sociale. Attraverso l’impegno quotidiano nel lavoro di coltivazione e di cura degli animali presenti in fattoria, riacquistano la loro dignità, abbandonando la cultura dello sballo e riportando al centro delle loro esistenze quella della vita. Terminato il cammino in Comunità, i ragazzi fanno rientro nelle loro famiglie, potendo tornare a quella vita serena che l’uso di stupefacenti aveva loro rubato.

L’amore per la vita riacquistato ha portato questi ragazzi ad amare così tanto la loro comunità-casa che, in prima persona, si sono dedicati, fin dall’inizio, ai lavori di pulizia e messa in uso dell’area donata loro, impegnandosi anche in lavori di muratura, idraulica, falegnameria e tinteggiatura della struttura e di bonifica del terreno circostante. Missione difficile quella di portare questi ragazzi fuori dal tunnel della dipendenza in cui sono finiti. A tutti è data una proposta di vita diversa.
Uno degli strumenti più efficaci è certamente il lavoro quotidiano. Gli ospiti lavorano sodo ogni giorno e sono seguiti sotto l’aspetto sia psicologico sia spirituale. Quel che spesso gli manca è il
senso della propria esistenza, la ragione per cui vivere senza lasciarsi attrarre da proposte che danno solo felicità temporanee, di poca durata, e soprattutto false. A ciascuno si danno regole ed educazione rendendoli capaci di cambiare totalmente la propria vita. È ovvio che ognuno abbia le sue problematiche e che gli specialisti della Comunità debbano considerare ogni singola persona nelle sue caratteristiche e nelle sue problematiche.

In questo senso è fondamentale, sin dai colloqui iniziali, il ruolo del personale medico e degli psicologi, ma è altrettanto essenziale il ruolo degli ex ragazzi che continuano a risiedere nelle strutture della comunità. La relazione è infatti fondamentale per risolvere i problemi. Da soli non si va davvero da nessuna parte.
Il primo passaggio che i ragazzi affrontano è il colloquio iniziale. Serve per capire quale terapia utilizzare per il recupero. Nel primo mese in comunità gli ospiti sono accolti in un centro d’accoglienza e sono seguiti in ogni loro esigenza. Solo al termine di questo primo periodo, durante il quale l’ospite non ha rapporti con la propria famiglia d’origine, si decide il trasferimento in una delle sedi della comunità.
Qui i ragazzi sono ospitati presso quelli che sono definiti "moduli", cioè veri e propri appartamenti da tre o quattro persone. A tutti è garantita la continua assistenza medica, il supporto di psicologi e psichiatri, l’assistenza ospedaliera odontoiatrica e, infine, l’assistenza legale.

(di Daria Gentile)

*Comunità all'interno del Centro Educativo Beata Vergine del Rosario

All’interno dell’area del Santuario sorge il Centro Educativo “Beata Vergine del Rosario” con all’interno: “Casa Emanuel”, comunità per gestanti, madri e bambini, donne sole, immigrate; il Centro Diurno Oratoriale “Crescere Insieme”, per l’accoglienza e il sostegno educativo dei minori che provengono da situazioni di disagio economico e sociale e il “Centro di Aiuto alla Vita” che opera a tutela della maternità, dell’accoglienza della vita e della dignità della donna, all’assistenza e al sostegno dei sofferenti; il Centro Polifunzionale Diurno “Crescere Insieme”; il Centro di Ascolto “Myriam”; il Movimento per la Vita e Centro di Aiuto alla Vita; la Comunità familiare “Giardino del Sorriso” e “Gruppo Appartamento”.

1) Casa Emanuel

La nuova iniziativa di Carità del Santuario di Pompei
La Comunità “Emanuel” si inserisce a sostegno delle donne-madri accogliendo la loro storia, il loro soffrire, il loro sperare, il loro combattere; madri e figli in difficoltà in cammino da avviare verso il futuro di pace. E pace diventa ogni gesto concreto di solidarietà e di apertura all’altro, a chi subisce emarginazione, povertà, dolore. Si offre un posto per mamma e bambino perché possano sentirsi al sicuro e cominciare a ricostruirsi un avvenire.
Sentirsi parte di un progetto a contatto con persone che hanno lo stesso problema o che lo hanno già superato significa credere al valore della vita. E l’opera di Pompei vuole rispondere a questi ideali.
La difesa della vita, dal grembo materno al finire dei giorni, è cuore dell’attività di Pompei.
(Autore: Luisa De Maio)
Casa Emanuel
Il Centro Educativo “Beata Vergine del Rosario” racchiude al suo interno la Casa Emanuel”, il Centro Polifunzionale Diurno “Crescere Insieme”, il Centro di Ascolto “Myriam”, il “Movimento per la Vita e Centro di Aiuto alla Vita”, la comunità di tipo familiare “Giardino del Sorriso” e il “Gruppo Appartamento”.
“Casa Emanuel”, affidata alle cure delle Suore delle Suore della Congregazione “Figlie del Santo Rosario”, fondate dal Beato nel 1897, nasce nel 2002 per offrire accoglienza a ragazze madri, a donne o ragazze in difficoltà per una gravidanza fuori dal matrimonio o per una maternità indesiderata o subita a causa di abusi, a donne che decidono di portare a termine la gravidanza pur volendo poi dare in adozione il loro bambino, a donne con figli costrette a fuggire da una situazione familiare difficile a causa di un partner violento.
Attualmente la “Casa Emanuel” può accogliere 6 madri e un numero massimo di 12 bambini, senza distinzione di etnie, lingua e religione. Naturalmente la Comunità si avvale della collaborazione degli Enti e Servizi territoriali, permettendo così, alle donne accolte, di risolvere i loro problemi non perdendo i contatti con la società.
Ma quello che, soprattutto, offre “Casa Emanuel” è una presenza amorevole là dove c’è bisogno di aiuto, facendo vivere alle mamme e ai loro bambini un clima di serenità che possa aiutarli a riscoprire i valori profondi della vita e a consolidare la fiducia nelle proprie capacità.      
“Casa Emanuel” sostiene queste giovani donne affinché possano maturare una loro identità, offrendo loro un ambiente familiare dove la condivisione diviene esperienza di corresponsabilità, un’esperienza anche di fede, che apre alla vita e alla speranza.
Casa Emanuel
Casa Emanuel è una delle opere sociali del Santuario di Pompei.
Si tratta di una struttura che accoglie madri, gestanti e bambini da 0 a 3 anni donandogli tutto il necessario nel loro percorso di crescita personale e sociale. L'Opera, che vive nel carisma del Beato Bartolo Longo, offre sostegno alla relazione madre-bambino e aiuto donne che si trovano in difficoltà di tipo sociale o relazionale. Offre inoltre un’esperienza di vita comunitaria come occasione per una maturazione personale che faciliti l’acquisizione di autonomia. La prima mamma ed il suo piccolo Emanuele, dal quale prende il nome la casa, sono stati accolti l’8 ottobre 2003. A partire da questa data l’impegno a favore di donne e bambini in situazione di disagio si è reso sempre più incisivo, tanto che ad oggi si contano circa 70 mamme ospitate con i loro piccoli. L’accoglienza segue la segnalazione dei Servizi Sociali Territoriali ed è organizzata per dare ospitalità ad un numero massimo di 6 madri con bambini, senza distinzione di etnia, lingua e religione e nel rispetto dell'identità culturale e di fede.
In collaborazione con i Servizi Sociali del territorio di provenienza, si lavora perché la persona, dopo un cammino di progressiva presa di coscienza della situazione, arrivi a sviluppare e programmare una nuova vita autonoma. Negli ultimi anni la crescente complessità dell’iter burocratico e l’accoglienza di donne e minori con percorsi biografici di non facile trattazione hanno richiesto un supporto più assiduo e professionalizzato che ha condotto alla nascita di un’equipe interna, composta dalla Coordinatrice dr.ssa Antonietta Bianco, dall’Educatrice Professionale dr.ssa Luigina D’Amore e dalla Sociologa dr.ssa Anna Sicignano, in grado di garantire il giusto sostegno nel percorso di autonomia. Il lavoro dell’equipe socio-educativa avviene con un “dietro le quinte” silenzioso, nel rispetto della mamma e del bambino e soprattutto garantendo l’acquisizione di strumenti atti al raggiungimento degli obiettivi previsti. Nel corso del tempo, infatti, si sono concretizzati percorsi di autonomia diversi per ogni ospite della casa, alcune mamme infatti, dopo un periodo più o meno prolungato presso la struttura, hanno fatto rientro in famiglia.
Altre, seguendo un percorso d'autonomia personale e sociale, hanno finalmente avuto la possibilità di riappropriarsi della propria dignità e di mettere in pratica quanto appreso durante il soggiorno, dimostrando nella vita quotidiana le proprie capacità genitoriali. In alcuni casi, oltre al raggiungimento degli obiettivi indicati, si assiste a radicali e rapidi cambiamenti che portano le donne e i loro bambini a saper "progettare" un futuro migliore, più dignitoso, con orizzonti chiari di speranza.
2) Centro di Ascolto "Myriam"
La nuova iniziativa di Carità del Santuario di Pompei
Fondazione "Centro Myriam"
La riprogettazione dell’opera sociale svolta da ormai cento anni a Pompei, cittadella per antonomasia della carità verso i più deboli e i più poveri, è stata operata con apertura alle normative vigenti e a quelle sperimentali.
Nasce così il Centro di ascolto "Myriam" aperto alle problematiche sociali, che rivolge la sua particolare attenzione alle donne in difficoltà, un tipo di emarginazione questo che colpisce il nostro paese in una forma subdola e quanto mai dolorosa.
È una porta aperta alla solidarietà, all’accoglienza, alla sollecitudine per percorrere insieme strade di reinserimento sociale, finalizzate alla riconquista della propria personalità, alla possibilità di essere protagonisti nella scelta della propria vita.
Avvertiamo l’urgenza di fare nostro il bisogno dell’altro e accoglierlo, condividendo e offrendo un accompagnamento verso possibili soluzioni.
La difesa della dignità di ognuno è una lotta senza termine, ma questo lottare, entrando nel cuore dell’uomo, apre grandi speranze. L’amore, il dono di sé, pur fatto di piccole attenzioni nella quotidianità, di rispetto, di considerazione reciproca, di riconoscimento dell’altro, dilata il cuore, rinnova l’anima. L’altro diventa un dono meraviglioso, non una semplice relazione ma un’alleanza, un cantico d’amore.
*Il Centro di ascolto "Myriam": un aiuto concreto per dare speranza alle persone in difficoltà
Tra i nuovi percorsi di carità che il Santuario di Pompei sta attivando da alcuni mesi vi è anche il Centro di ascolto "Myriam". Inaugurato IL 10 dicembre 2003, dopo un lungo cammino di studio e di approfondimento delle necessità del territorio. Il Centro vuol essere, per chi ne ha bisogno, una antenna di speranza e di concreto soccorso, secondo l’esempio del Beato Bartolo Longo.
Per poter intraprendere con competenza e senza improvvisazioni questa nuova e delicata esperienza di testimonianza di servizio di carità tutti gli operatori, Suore e Volontari, hanno partecipato ad un corso di formazione, durante il quale, sotto la guida di esperti tutors, sono stati affrontati temi riguardanti le metodologie per l’ascolto e la relazione di aiuto, l’organizzazione del Centro, le ipotesi progettuali d’intervento, il lavoro  di équipe e il rapporto tra centro di ascolto e risorse del territorio.
Il Centro è aperto all’accoglienza, all’informazione, all’orientamento e all’accompagnamento di persone afflitte da varie emergenze sociali, con particolare riguardo alle necessità delle donne immigrate. Ha, inoltre, lo scopo di favorire l’accesso e la fruizione dei Servizi Pubblici esistenti sul territorio: Servizi Sociali, Consultori Familiari, Asl, Dipartimento di Salute Mentale.
Le richieste di aiuto non si sono fatte attendere.
Abbiamo accolto così Valjeta, una ragazza albanese di9 n23 anni con un carico di esperienze negative. Venuta in Italia con il fidanzato per trovare4 lavoro e poi sposarsi, si è ritrovata improvvisamente sola perché il ragazzo l’ha lasciata per sposare un’italiana con la quale poi è ritornato in Albania. Ci chiedeva aiuto per ottenere un alloggio. Abbiamo così contattato, attraverso la Caritas Diocesana di Nocera, un Centro di prima accoglienza per immigrati. L’abbiamo anche accompagnata, ma l’eccessiva distanza dal luogo del lavoro consigliava distanza dal luogo del lavoro consigliava di rivolgersi altrove. Intanto lei riusciva a trovare, attraverso alcune sue conoscenze, una fissa dimora, un piccolo locale con camera e bagno. Le occorreva soltanto un letto e qualche suppellettile; cose che le abbiamo procurate in breve tempo.
Abbiamo ricevuto molte richieste per un posto di lavoro. Spesso, però, dietro la richiesta di aiuto si nascondeva un disagio molto più profondo, un bisogno inespresso di tipo relazionale, con carenze e problemi di tipo affettivo, difficoltà a comunicare, ad organizzarsi la vita, a dare un senso alla propria esistenza.
È il caso, ad esempio, di Francesco, un ragazzo di 29 anni, venuto con la mamma per chiedere lavoro: Nei suoi occhi azzurri si leggeva tutto un dramma familiare di cui lui, il più giovane dei fratelli, si era fatto carico.
A Francesco, mentre la donna raccontava la situazione disastrosa in cui versava la sua famiglia (marito in carcere e figlio maggiore drogato), si riempivano gli occhi di lacrime e ci guardava come se avesse voluto dirci qualcosa. Gli abbiamo domandato: "Ma tu non sei venuto qui solo per chiederci lavoro?" E lui: "È vero, ma sono venuto anche per poter mettere fuori quello che mi porto dentro da tanti anni e non ho detto mai a nessuno per non far dispiacere mia mamma.
Ora non ce la faccio più. È un peso troppo grave per me. Sto sempre chiuso in casa, non ho amici e, come se non bastasse, mia madre mi ripete sempre che andrò a finire al manicomio". È scoppiato in lacrime ed è uscito dalla stanza quasi a nascondere la sua debolezza. Ci siamo lasciati con la promessa di rivederci, magari senza la presenza della mamma e del suo sguardo, spesso invadente e inibente, perché, incontrando volti nuovi possa trovare anche amici che lo comprendano.
Le persone hanno bisogno di raccontare i propri problemi a qualcuno che le ascolti e le comprenda, che le aiuti a non sentirsi sole di fronte a situazioni angoscianti e a confrontarsi sui modi per venirne fuori. I problemi rimuginati nel proprio intimo, diventano giganteschi, paurosi e soffocano la speranza fino a far perdere il gusto della vita.
Di questo aveva bisogno anche Vincenzo, quando si è presentato al Centro: un uomo distrutto dal dolore per la separazione dalla moglie e con un grande bisogno di parlarne. La sua speranza è di vedere un giorno la moglie ritornare da lui serenamente insieme con le sue due bambine dalle quali non riesce a vivere lontano. Le parole gli uscivano dalle labbra come un fiume in piena riversando sull’operatore che lo ascoltava tutto il suo dolore. Prima di andarsene ha salutato dicendo: "Grazie per avermi ascoltato! È la prima volta che parlo senza essere interrotto, mia moglie non mi faceva mai parlare!". (Autore: Isabella Speciale)
Centro di ascolto "Myriam" nel Centro Educativo "Beata Vergine del Rosario"
Il Centro Educativo "Beata Vergine del Rosario" racchiude al suo interno la "Casa Emanuel", il Centro Polifunzionale Diurno "Crescere Insieme", il Centro di Ascolto "Myriam", il "Movimento per la Vita e Centro di Aiuto alla Vita", la comunità di tipo familiare "Giardino del Sorriso" e il "Gruppo Appartamento".
Il Centro di ascolto "Myriam", inaugurato nel dicembre 2003, "è aperto all’accoglienza, all’informazione, all’orientamento e all’accompagnamento di persone afflitte da varie emergenze sociali, con particolare riguardo alle necessità della donna immigrata".
Il Centro, come suggerisce il nome stesso, si propone di aiutare tutti coloro che si trovano in difficoltà, ascoltando e cercando assieme alla persona interessata, le soluzioni più adeguate. L’Ascolto, che avviene sia mediante il colloquio diretto, sia via telefono, cerca sempre di instaurare un contatto diretto con il soggetto in disagio, facendolo sentire amato e meno solo. Il Centro si propone anche di facilitare l’accesso e la fruizione ai servizi Pubblici esistenti sul territorio.
3) Centro Polifunzionale Diurno "Crescere Insieme"
Per minori in disagio economico e socile
Il Centro Educativo “Bartolo Longo” promuove un’educazione informata ai principi della solidarietà, della tolleranza, dell’accettazione dell’altro.
Giorno per giorno i ragazzi e i bambini che frequentano il Centro, oggi “Centro Polifunzionale Diurno”, diretto dai Fratelli delle Scuole Cristiane, potranno scoprire e imparare le regole della socializzazione, della fratellanza e dello stare insieme.
L’istituto infatti, nelle ore pomeridiane, offre ai ragazzi la possibilità di prendere parte a diverse attività ludiche, sportive e culturali.
Il Centro è dotato di una “Sala Internet” dove i ragazzi hanno la possibilità di usufruire di moderne attrezzature informatiche; un laboratorio per la lavorazione della ceramica; sale di musica e canto; sale relax in cui i ragazzi possono trascorrere del tempo insieme guardando la televisione, giocando a ping-pong o anche ai videogiochi; una palestra; un campetto di pallacanestro; un teatro e vari laboratori di elettronica.
L’istituto, inoltre, avvalendosi della disponibilità e dell’esperienza di validi educatori e volontari, dedica ai ragazzi ore di doposcuola e approfondimento delle materie scolastiche.
L’aspetto culturale e sociale viene inoltre valorizzato attraverso mostre, eventi culturali e giochi organizzati ogni anno.
Il Centro, offrendo l’accoglienza per l’intero arco della giornata, diventa punto di riferimento per minori provenienti da un precario contesto familiare e sociale e per i Servizi Sociali.
Da non dimenticare, infine, l’importanza delle associazioni di volontariato che operano a favore del Centro: la “Famiglia Lasalliana”, genitori di allievi o simpatizzanti che ogni giorno condividono con i ragazzi momenti di preghiera e svago; i “Lasalliani”, ex alunni ora universitari e ragazzi del 4° e 5° anno dell’Istituto Professionale, che aiutano i bambini delle scuole primarie e medie nelle ore di studio pomeridiano; l’Associazione “Accademia dell’Anima”; l’Associazione “La Salle” e il Complesso Bandistico “Bartolo Longo-Città di Pompei”.
Il Centro Polifunzionale Diurno "Crescere Insieme" nel Centro Educativo "Beata Vergine del Rosario"
Il Centro Educativo "Beata Vergine del Rosario" racchiude al suo interno la "Casa Emanuel", il Centro Polifunzionale Diurno "Crescere Insieme", il Centro di Ascolto "Myriam", il "Movimento per la Vita e Centro di Aiuto alla Vita", la comunità di tipo familiare "Giardino del Sorriso" e il "Gruppo Appartamento".
Il Centro Diurno "Crescere Insieme" nasce, invece, come forma di aiuto per tutti quei minori che versano in condizioni di disagio familiare, realizzando un percorso educativo e culturale concordato con i Servizi territoriali competenti.
Anche la condizione del Centro "Crescere Insieme" è affiancata alle Suore Domenicane "Figlie del Santo Rosario" e accoglie minori di età compresa tra i 5 e i 15 anni, che provengono da famiglie "a rischio", per l’intero anno scolastico dalle ore 8.30 alle ore 18.30/19.00.
I minori accolti vengono coinvolti in numerose attività extra- scolastiche che, favorendo il dialogo, la riflessione, lo svago, permettono l’apprendimento del valore della vita comune, della solidarietà e del rispetto dell’altro e, nel contempo, offrono percorsi di crescita interculturale, attraverso i quali, i piccoli ospiti, pur appartenendo ad etnie, razze, culture e sesso diversi, imparano reciprocamente a rispettarsi. Il Centro prevede, inoltre, nel mese di luglio un campo estivo di 15/20 giorni. I minori sono accolti su segnalazione dei Servizi Sociali territoriali e provengono da contesti multiproblematici nei quali tipologie di disagio differenti si intrecciano, andando a comporre quadri complessi di patologia sociale: genitori separati, genitori tossicodipendenti, genitori detenuti, famiglie monogenitoriali femminili, precarietà economica, minori a rischio di emarginazione e di devianza.
4) Comunità Familiare "Giardino del Sorriso" e "Gruppo Appartamento"
Fondazione "Comunità Giardino del Sorriso"
Eccellente iniziativa di Carità del Santuario di Pompei
Il "Giardino del Sorriso" comunità educativa di tipo familiare, di cui in precedenza fu annunciata la nascita e poi per problemi di struttura ne fu sospesa l’attività, riapre le porte e accoglie due nuclei familiari, bambini fra i tre e i dodici anni provenienti da situazioni disagiate. E il sorriso riappare sui loro volti.
Tutti hanno il diritto ad essere felici soprattutto i più piccoli.
Ad essi spetta conoscere l’aspetto più bello della vita per prepararsi ad affrontarne i momenti più impegnativi.
La collaborazione e lo scambio di solidarietà diventa momento di forte esperienza tra quanti sono con noi volontari a servizio della carità; operatori ed educatori responsabili e partecipi di una piccola fetta di mondo ad accogliere e accompagnare nel cammino insostituibile e unico di ciascuno.
È offerto un sostegno di amicizia ma anche psicologico, materiale, morale ed educativo per aiutare la vita anche quando le condizioni esistenziali rendono difficile ogni scelta.
Il pellegrino, il benefattore, la turista, qui a Pompei, vedranno un nuovo volto d’amore di fronte alle povertà create dai nostri tempi.
Le grandi strutture cedono alle piccole comunità di accoglienza nelle quali, in modo diverso, si continua a ridonare speranza, a promuovere la persona, in un clima di gioia e di entusiasmo.
Il devoto di Maria oggi è invitato a vedere in Pompei e nella sua carità lo sguardo lungimirante di Bartolo Longo, anticipatore dei nuovi tempi.
La storia continua, e la carità serve i poveri del mondo d’oggi, ricchi di gioia esplosiva: i nostri bambini della Casa Famiglia "Giardino del Sorriso".
Trascorrere anche solo una giornata con loro diventa motivo di ricarica interiore e di certezza che la provvidenza di Dio non abbandona nessuno e il bene che pensiamo di fare lo si riceve in abbondanza.
Alle famiglie divise, ai minori in difficoltà, alle madri senza casa, alle vite povere che dal grembo materno invocano aiuto, agli stranieri emarginati, alle donne maltrattate o abusate, Pompei offre amicizia e sostegno.
Essi potranno guardare a questa Valle come un’oasi di speranza, a un porto sicuro perché c’è la Madre che accoglie e consola ogni dolore.
Il "Giardino del Sorriso" nel Centro Educativo "Beata Vergine del Rosario"
Il "Movimento per la Vita" e il "Centro di Aiuto alla Vita" racchiude al suo interno la "Casa Emanuel", il Centro Polifunzionale Diurno "Crescere Insieme", il Centro di Ascolto "Myriam", il "Movimento per la Vita e Centro di Aiuto alla Vita", la comunità di tipo familiare "Giardino del Sorriso" e il "Gruppo Appartamento".
La Comunità di Tipo Familiare "Giardino del Sorriso" nasce nell’ottobre del 2003 come struttura "ponte" tra un minore accolto e una famiglia che possa adottarlo o averne l’affido temporaneo.
Il numero dei minori accolti non può superare le 6 unità, e i bambini ospiti devono avere un’età compresa tra i 4 e i 10 anni. L’accoglienza, finalizzata a offrire al minore un sostegno, a comprenderne le problematiche e a individuare le soluzioni per lui più adatte, è temporanea e non superare i 24 mesi.
La Comunità opera in collaborazione con i Servizi Sociali territoriali e con il Tribunale competente per reinserire il minore nella famiglia di origine, o qualora ciò non fosse possibile, presso una famiglia adottiva o affidataria.
5) Confraternita “Misericordia di Pompei”
Il Centro Educativo “Beata Vergine del Rosario” racchiude al suo interno la “Casa Emanuel”, il Centro Polifunzionale Diurno “Crescere Insieme”, il Centro di Ascolto “Myriam”, il “Movimento per la Vita e Centro di Aiuto alla Vita”, la comunità di tipo familiare “Giardino del Sorriso”, il “Gruppo Appartamento” e la Confraternita “Misericordia di Pompei”.
Dal 2008, fortemente voluta dall’Arcivescovo di Pompeio, Mons. Carlo Liberati, ha sede presso il Centro Educativo “Beata Vergine del Rosario”, anche la Confraternita “Misericordia di Pompei”, che già dal 2001 collabora (attraverso varie iniziative, gratuite, di carattere sociale ed educativo) con l’ente mariano. Tra i 19 volontari in forza a Pompei, presieduti dalla Dott.ssa Antonietta Bianco, Governatore, ci sono medici, sociologi, psicologi, educatori. La Confraternita, oltre a dar vita a numerose iniziative di beneficenza che oltrepassano i confini del territorio cittadino, collabora, attraverso diverse forme di volontariato, presso le diverse comunità presenti nel Centro Educativo stesso.
6) Gruppo Appartamento
Fondazione "Gruppo Appartamento" – Nel Centro Educativo B.V. del Rosario
Il Centro Educativo "Beata Vergine del Rosario" racchiude al suo interno la "Casa Emanuel", il Centro Polifunzionale Diurno "Crescere Insieme", il Centro di Ascolto "Myriam", il "Movimento per la Vita e Centro di Aiuto alla Vita", la comunità di tipo familiare "Giardino del Sorriso" e il "Gruppo Appartamento".
Il "Gruppo Appartamento" offre accoglienza residenziale a giovani donne prossime ai 18 anni o già maggiorenni, che, attraverso un percorso di crescita in comune, possono acquisire e fortificare il giusto approccio nei confronti della vita.
7) Movimento per la Vita e "Centro aiuto alla Vita"
Fondazione "Movimento per la Vita"
Un’altra iniziativa di Carità del Santuario di Pompei
Il Movimento della Vita, come momento culturale e il Centro di Aiuto alla vita, suo braccio operativo.
Nel solco del carisma longhiano, affermano il diritto della persona umana alla vita, alla famiglia, alla propria identità.
Ci si pone dalla parte della vita contro il nulla che avanza; e l’obiettivo principale è ricreare un ambiente generale in cui la "Vita… sia di casa! Sempre e in qualsiasi situazione".
La famiglia nella nostra società avverte il disagio dell’ora presente e chiede aiuto a chi, con occhio vigile, legge i segni del tempo che corre veloce.
I nuovi Progetti partiti con tanto entusiasmo ci chiedono tempestività di azione e attenta analisi dei bisogno che da ogni parte possono interpellarci, tenendo conto anche dei numerosi pellegrini che ogni giorno si riversano a Pompei.
La nostra prima preoccupazione è quella di trasmettere il messaggio che non si deve aver paura di vivere, anche se ciò comporta dolore.
Grandezza dell’uomo è accogliere della vita sia le gioie che i dolori.
Spesso il male di vivere è solitudine e ignoranza che possono derivare da incontri non autentici.
Noi operatori nei centri pompeiani lo sperimentiamo: l’altro che ci sta davanti con il suo bisogno, è più importante della sua reale conoscenza.
La risposta del Santuario di Pompei" è stato il tema di un Convegno tenutosi con la partecipazione di Assessori regionali e provinciali. Autorità locali, rappresentanti dell’ASL Napoli 5 e del tribunale per i minori di Napoli, il Vice-Presidente Nazionale del "Movimento per la Vita" educatori e operatori dei servizi sociali.

*Consultorio Familiare Diocesano "San Giuseppe Moscati"
Un luogo per curare le ferite delle famiglie
L’Ufficio, diretto da Mons. Giuseppe Lungarini e attivo dal 2010, aiuta donne sole, vittime di violenza, in attesa di un figlio non desiderato e del quale non sono pronte a prendersi cura, ma anche famiglie, mogli e mariti in crisi, genitori che vivono la difficoltà di comunicare con i propri figli. Qui trova cura il "disagio quotidiano". Dopo la fase dell’accoglienza e dell’ascolto, si cercano, insieme, le soluzioni ai problemi.
Piazza Bartolo Longo, cuore della Nuova Pompei. Un continuo viavai di gente, giardini sempre verdi, una fontana accesa, le panchine rivolte verso il Santuario e verso le strade del centro brulicanti di persone.
Ma la bellezza della Piazza, l’allegria chiassosa dei passanti, i colori vivaci delle piante di quei giardini che le fanno da sfondo, non coprono il senso di oppressione, di abbandono e le difficoltà di chi, a pochi passi, si rivolge al Consultorio Familiare diocesano "San Giuseppe Moscati". Attivo dal 2010, non è solo un centro medico, ma un punto di ascolto, un riferimento.
Per molte donne e molte famiglie l’unico. Per raggiungerlo bisogna attraversare il Piazzale Giovanni XXIII del Santuario. Un giardino silenzioso, i cui alberi alti accompagnano i passi di chi lo percorre con la speranza nel cuore.
Prestare il proprio tempo al "San Giuseppe Moscati" significa conoscere il disagio dei pazienti, l’emarginazione, la solitudine. Come quella di P. 47 anni, che ha vissuto anni tremendi, tristi e angosciosi, a causa dei tradimenti del marito, che, nonostante lei lo avesse perdonato, ha preferito andare via di casa e vivere il suo amore per un’altra donna. "Fino a qualche anno fa – racconta P. – pensavo di avere una vita perfetta, ero sposata con l’uomo che amavo e avevo due figli meravigliosi. Poi scopro che mi tradisce.

Lo perdono, ma non serve.
Sono stati anni terribili. Ho pregato, recitato tutte le novene. Ma lui è andato via di casa". P. parla poi della sua depressione e la decisione, nonostante tutto, di non ricorrere alla separazione legale, ma di restare fedele al sacramento del matrimonio, rinunciando, così, ad ogni forma di mantenimento economico da parte del marito. "Nessuna cifra – dice – potrebbe ripagare un matrimonio finito e una famiglia spezzata. Grazie alla Provvidenza, poi, in questi anni, sono riuscita ad andare avanti".
La storia di P. dimostra quanto sia importante, nei momenti di difficoltà, avere qualcuno che ti faccia da filtro con la vita, che ti dia nuovi spunti, nuovi punti di partenza, perché non è vero che le persone non hanno speranza, fiducia, fede. Molti hanno solo perso la possibilità di guardare al futuro e non sanno da quale spiraglio affacciarsi per ritrovarla. Per P. lo spiraglio è stato il gruppo "Comminiamo con Gesù".

Venuta a conoscenza dell’esistenza del Consultorio "San Giuseppe Moscati" e di questo gruppo, ha cominciato a partecipare agli incontri per separati e divorziati, guidati da Monsignor Giuseppe Lungarini, responsabile della struttura di carità del Santuario e direttore dell’Ufficio per la Pastorale Familiare e della Vita. Qui P. ha incontrato molti che l’hanno sostenuta, che hanno condiviso con lei sofferenze e difficoltà di un matrimonio finito, che, come lei, hanno cercato un motivo per trasformare la rabbia in speranza. "Quando ti senti una nullità – continua P. – hai bisogno di sentirti amato, di qualcuno che ti dica che vali.

La mia salvezza è stata ritrovare la fede, affidarmi completamente a Dio. Non ha fatto tornare mio marito a casa, ma mi ha dato la forza per affrontare questa nuova vita, testimoniando la Sua grandezza, il Suo mantenere le promesse. Affido a Lui ogni mio nuovo giorno. Ero morta dentro, ora sono rinata". E sono tanti quelli come lei che al Consultorio (dove psicologi, avvocati, dermatologi e tanti volontari si dedicano a chi ha bisogno di dar voce alla sofferenza) hanno ritrovato la luce. Nessuno escluso è il caso di dire.

Al Consultorio tutti hanno la possibilità di esprimersi, di raccontarsi, di chiedere aiuto. Donne sole, donne vittime di violenze, donne in attesa di un figlio non desiderato o del quale non sono pronte a prendersi cura. Famiglie, mogli e mariti in crisi, genitori che vivono la difficoltà di comunicare con i propri figli.

Qui trova cura il "disagio quotidiano", quella forma di malessere che ha radici nell’ordinario, che nasce a poco a poco in forma sotterranea e latente, nella fatica e nelle difficoltà di ogni giorno, facendo aumentare la fragilità e il rischio di sofferenza familiare, una sofferenza che trova terreno fertile innanzitutto nella condizione di solitudine vissuta da molti nuclei familiari. E qui, dunque, che Monsignor Lungarini e i volontari operano come in un cantiere dove le viti e i bulloni sono la speranza e l’amore capaci di sanare ciò che è rotto.

(Autore: Marida D’Amora)

*Mensa "Papa Francesco"

Presso la Casa del Pellegrino

Gestione della Mensa "Papa Francesco" - Sovrano Militare Ordine di Malta
Migliaia di pasti serviti e nuovi servizi per i poveri

La struttura della carità, dedicata al santo Padre dopo la sua visita del 21 marzo 2015 raggiunge il primo anno di attività. Qui, grazie all’impegno del Sovrano Ordine Militare di Malta, centinaia di bisognosi trovano un pasto caldo ogni giorno. Ora avranno anche la possibilità di accedere ad un servizio docce e di usufruire delle prestazioni di un barbiere e di un parrucchiere, che doneranno la propria opera e il proprio tempo.
La Mensa dei Poveri "Papa Francesco" del Santuario ha compiuto un anno. L’esperienza a favore dei senzatetto della città mariana, ospitata presso la "Casa del Pellegrino", è nata il 21 novembre 2014, grazie all’impegno del Sovrano Militare Ordine di Malta, che la gestisce. Per festeggiarne il primo compleanno, è stata celebrata una santa Messa in Basilica, presieduta dall’Arcivescovo della Chiesa pompeiana, Monsignor Tommaso Caputo.

Alla mensa eucaristica, officiata ad un anno esatto dalla nascita del servizio, hanno partecipato il Gran Priore di Napoli e Sicilia dello SMOM, fra’ Luigi Naselli di Gela, il Cancelliere, Arturo Martucci di Scarfizzi, e il Ricevitore, Umberto Maria Ferrari di Pantane, oltre ai numerosi volontari e agli studenti ed ex alunni del Liceo "Ernesto Pascal", impegnati nella distribuzione dei pasti.
Un intenso anno di attività, durante il quale tanti hanno trovato non solo un pasto caldo, ma anche una famiglia, un vero e proprio punto di riferimento. La mensa, intitolata al Santo Padre in occasione della sua visita a Pompei nel marzo scorso, è diventata, infatti, nel tempo, per i poveri della città e per quelli dei comuni vicini, un luogo dove trascorrere qualche ora in compagnia, dove incontrare la solidarietà e l’amicizia di chi vive le stesse problematiche. Qui si respira un clima sereno e familiare, ma soprattutto, si riceve un aiuto concreto alle numerose difficoltà che si incontrano nella vita di ogni giorno.
Il servizio di carità affidato alle cure dello SMOM ha cercato, in maniera costante, di offrire agli indigenti e alle famiglie che vi si rivolgono un aiuto che andasse oltre il "pasto caldo". Si è creata in questo tempo, intorno alla Mensa, una vera e proprio rete di solidarietà che ha reso possibile offrire anche altri tipi di conforti ai senzatetto che bussano alle sue porte.
Sulla scia dell’analoga iniziativa inaugurata lo scorso febbraio in Vaticano, voluta proprio da Papa Francesco Bergoglio, nel giorno del primo compleanno della Mensa dei Poveri della città mariana è stato inaugurato il servizio docce ed è stata creata anche una postazione per il barbiere e il parrucchiere che, a seconda delle esigenze, offriranno gratuitamente il loro lavoro ai senzatetto. "Sono felice che siamo riusciti a realizzare questo ulteriore servizio", ha detto la dott.ssa Maria del Rosario Steardo, dama dello SMOM e coordinatrice della Mensa. "I poveri che si rivolgono a noi li conosciamo tutti, uno per uno, siamo al corrente delle singole problematiche e difficoltà e cerchiamo di offrire loro un aiuto diversificato per quello che possiamo, grazie anche alla generosità di tanti.

Ad esempio – ha raccontato la Steardo -  nel giorno in cui hanno usufruito del servizio doccia, abbiamo fornito biancheria da bagno, biancheria intima e un cambio abiti puliti ad ognuno. È stata una gioia vederli così contenti!". Nei giorni delle festività natalizie, inoltre, sono stati organizzati dei pranzi speciali, ai quali ha reso parte anche l’Arcivescovo Caputo, felice di questa opera di carità che va ad aggiungersi alle tante altre del Santuario mariano fondate dal Beato Bartolo Longo e che, ancora oggi, offrono ospitalità e aiuto a chi vive situazioni di profondo disagio economico e sociale.
Il lavoro alla "Papa Francesco", dunque, continua e i risultati positivi ottenuti sono frutto della collaborazione tra i numerosi volontari, tra cui anche cuochi e cuoche professionisti in pensione, che offrono con amore il loro tempo a chi ha più bisogno.

(Autore: Daria Gentile)
News dalla Mensa "Papa Francesco"

*Uno strumento nelle mani della Provvidenza
La Mensa quotidiana per i poveri

Sono circa cento i pasti caldi serviti ogni giorno nella nuova struttura della carità pompeiana. Collocata nella Casa del Pellegrino del Santuario, è gestita dal Sovrano Militare Ordine di Malta e beneficia dei prodotti assegnati dalla Fondazione Banco Alimentare Campania.
Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi» (Mt 25, 34-36). Le parole del Vangelo di Matteo spiegano la benevolenza di Dio per coloro che, nelle sue mani, diventano strumento della Provvidenza e testimoni dell’amore di un Dio che predilige i più bisognosi. Certo ogni cosa umana ha il suo tempo ed assume forme diverse nel passaggio dei decenni e dei secoli. È così anche per la carità, che a Pompei ha il suo santuario. La città mariana è la casa dei poveri. Ora, da qualche mese, questa dimora si è arricchita di una nuova opera, una Mensa quotidiana per chi non ha nemmeno il cibo per sfamarsi e che garantisce ogni giorno circa cento pasti. Collocata nella Casa del Pellegrino del Santuario e gestita dal Sovrano Militare Ordine di Malta, il 21 novembre la struttura è stata benedetta dall’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo. Alla breve cerimonia, animata dal Complesso bandistico "Bartolo Longo-Città di Pompei", erano presenti, tra gli altri, Fra’ Luigi Naselli di Gela, Gran Priore del Gran Priorato di Napoli e Sicilia del Sovrano Militare Ordine di Malta; il Dottor Arturo Martucci, Marchese di Scarfizzi e Cancelliere; e l’Avvocato Umberto Maria Ferrari, Barone di Pantane, Ricevitore del medesimo Gran Priorato. Ad accogliere le persone, assistere e custodire la struttura sarà il CISOM di Pompei, diretto dalla Dottoressa Maria del Rosario Steardo, la quale coordinerà i tanti volontari che hanno dato la propria disponibilità a mettere a servizio dei poveri parte del loro tempo. Ed è molto bello, è un segno di speranza che, tra gli altri, siano i giovani a dare un apporto fondamentale ad un’attività benefica. Ad aiutare la Mensa sono in particolare i ragazzi del Liceo "E. Pascal" di Pompei, accompagnati dalle insegnanti di religione. La nuova istituzione della carità è nata come risposta alle continue esortazioni di Papa Francesco, che invita la Chiesa ad uscire dalle strutture ecclesiali per andare verso le periferie esistenziali, luoghi in cui s’incontra Cristo, di cui si vedono i tratti autentici nei volti dei sofferenti. Ma verso le periferie non si va da soli. La Mensa è una grande opera che ha il sostegno di tanti. A garantire gli alimenti necessari ogni giorno è la Fondazione Banco Alimentare Campania, che fu fondata nel 1989 da don Luigi Giussani e che, solo nel territorio regionale, aiuta ogni mese 140 mila persone attraverso 310 strutture caritative convenzionate.

(Autore: Giuseppe Pecorelli)
*Quella fiducia in Dio che fa superare gli ostacoli

Ogni inizio anno è sempre caratterizzato da buoni propositi e belle speranze. Sembra però che non facciamo in tempo neanche ad assaporare il gusto di questa speranza che subito svanisce. Non appena reimmersi nel nostro vivere quotidiano, facciamo i conti con la realtà e questa speranza sembra non trovare più una fonte da cui abbeverarsi. Rientrati al lavoro, alla riapertura del Banco Alimentare Campania, siamo stati letteralmente sommersi da richieste di famiglie che chiedono un piccolo aiuto, qualcosa da mangiare per i loro figli e subito ci è sembrato che il mondo ci crollasse addosso. Ad oggi sono 140.000 le persone che aiutiamo in tutta la regione e le mense che sosteniamo erogano circa 2500 pasti al giorno. Un mare di bisogno di fronte al quale non basta appena buona volontà o perfetta organizzazione. Allora mi sono chiesto: ma qual è la speranza che vien meno? Quella che si fonda su noi stessi, sulla nostra bravura, sulla nostra capacità di rispondere. Quella viene meno perché è troppo evidente la sproporzione tra quello che la realtà urge, grida e la nostra capacità di rispondere. Così, l’altra sera, rileggevo un pezzo di don Luigi Giussani, fondatore del movimento di Comunione e Liberazione, che diceva così: "Quanto più uno cerca di vivere, tanto più capisce la sproporzione" e capisce che solo un Altro può rispondere per davvero. "Così si cammina umilmente, perché questo Altro che interviene mi prende ogni momento, mi prende e mi riprende, mi rilancia, e compirà l’opera che ha iniziato: ci fa giungere al destino. Se si accetta quest’annuncio come un’ipotesi di lavoro, allora il respiro ritorna, tutto diventa più semplice, si dice pane al pane e vino al vino, vita alla vita e morte alla morte, amico all’amico, si diventa più contenti e tutto diventa ancor di più origine di stupore". Prima ancora di un piatto da mettere a tavola, ciascuno di noi ha bisogno di questo per vivere. Noi per primi. Per non illuderci di essere noi la risposta a questo grande bisogno. Allora abbiamo ripreso con letizia e con stupore il nostro lavoro, subito rinfrancati dalle prime buone notizie che arrivano dal Ministero e dalla Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura).
Sono già stati assegnati i lotti per il latte, la farina, la pasta, l’olio, il formaggio, la polpa di pomodoro, il minestrone. Perché davanti ad una domanda vera, un Altro risponde sempre. Nel concreto. Il nostro compito è dare il pane ai poveri. Ma possiamo farlo solo nella consapevolezza che: "La vita è fatta di corpo e di anima: il corpo cerca il pane, l’anima cerca il senso. Senza pane, il senso è astratto; senza il senso, il pane non basta per vivere". Con questa speranza, che è allora una certezza nel futuro in forza di una realtà presente, auguriamo a tutti buon anno. Con un sorriso, con un abbraccio, con tanta gratitudine.

Roberto Tuorto - Direttore Banco Alimentare – Campania
*I poveri sono la nostra ricchezza

I volontari della struttura del Santuario, gestita dal Sovrano Militare
Ordine di Malta, che offre oltre cento pasti al giorno agli indigenti di Pompei e dei comuni limitrofi, raccontano la propria esperienza. Dalle loro parole emerge la convinzione che aiutare gli altri faccia bene soprattutto a sé stessi.
Una catena di solidarietà e di amore capace di creare legami profondi. E quella che si rinnova ogni giorno alla Mensa dei Poveri "Papa Francesco" del Santuario di Pompei. Nata circa un anno e mezzo fa presso la Casa del Pellegrino, grazie all’impegno del Sovrano Militare Ordine di Malta, la struttura offre cento pasti caldi al giorno ai senzatetto della città e dei comuni vicini.
Qui le storie degli ospiti e dei volontari si mescolano, le distanze si annullano, la mensa riunisce
ed unisce generazioni, etnie e culture diverse. Bambini, anziani, giovani, famiglie si ritrovano ogni giorno per condividere non tempo, un sorriso, una parola di Conforto. "Si è creata una vera e propria famiglia – racconta la dottoressa Maria del Rosario Steardo, dama dello SMOM e responsabile dell’opera di carità – non si tratta solo di servire il pasto. Nel tempo trascorso insieme, chiediamo loro quali altre difficolta vivono e, quando possibile, proviamo a dare qualche aiuto in più oltre le mura della mensa". Alla mensa "Papa Francesco" operano circa sessanta volontari. Milly, Maria, Luisa, insieme ad Anna, cuoca professionista, ogni giorno offrono il loro aiuto in cucina. Spesso, a dare una mano, anche gli studenti del Liceo Scientifico "Ernesto
Pascal" della città. Ma sono tanti quelli che, dopo aver ricevuto aiuto, hanno iniziato a darlo a loro volta. Da queste esperienze ha preso il via la catena di solidarietà che ha reso speciale la Mensa Papa Francesco. Come la storia di A., quasi ventenne, un fratello minore, un papa disabile è una mamma che lavora saltuariamente. La sua e una storia di disagio economico, una delle tante che ha visto l’ennesima famiglia privata della dignità del lavoro e della possibilità di fare persino la spesa. Per questo, ogni giorno, ricevono il pacco di generi alimentari dalla Mensa. Ed e cosi che ad A. e venuta voglia di dare a sua volta un aiuto a chi, come lui, vive nell’indigenza.
Molti tra i ragazzi che servono il pasto agli ospiti della struttura hanno storie difficili, situazioni familiari complicate o vivono nel disagio economico. Aiutare gli altri, a volte ancor meno fortunati di loro, li fa sentire utili, gratificati. Rispondere al bisogno di un’altra persona significa accogliere quel bisogno facendone una ricchezza per se stessi. Ed e nel senso di responsabilità che nasce dal prendersi cura dell’altro che ogni volontario cambia il proprio approccio alla vita quotidiana. Ad esempio, alcuni dei ragazzi impegnati qui ogni giorno hanno una lieve disabilita intellettiva e, dunque, difficolta ad inserirsi nel mondo del lavoro. E l’impegno alla mensa a farli sentire utili, adulti, autonomi, capaci di rivestire il ruolo affidatogli, affinando le proprie competenze. Ma c’è anche chi trova la forza per superare una quotidianità difficile. "Stare a contatto con chi è più povero di me mi ha reso una persona migliore, ringrazio Dio e la Madonna per quello che ho".
A parlare cosi e Alfredo, tredici fratelli, ha perso i genitori molto presto. Oggi vive con una delle sue sorelle, ragazza madre. Aiutare alla mensa e stato per lui uno spiraglio di luce. A dodici anni e stato coinvolto in un incidente stradale che ha segnato profondamente la sua vita. Da quel momento si e avvicinato molto alla fede e oggi spera di poter intraprendere il cammino sacerdotale. Aiutare gli altri e un primo passo verso la scelta di seguire Cristo. Come anche M., giovane donna che sta compiendo il cammino vocazionale, sperando di poter presto prendere i voti. Nel suo cammino di fede, c’è anche l’impegno come volontaria alla mensa "Papa Francesco".
Infine, P., ventidue anni, e un difficile rapporto col nuovo compagno della mamma, rimasta vedova qualche tempo fa. Su segnalazione dei servizi sociali, la giovane ha cominciato a servire i pasti in mensa. Tra i volontari si e subito integrata, ha trovato una seconda famiglia. Tutti le vogliono bene e lei, nelle ore trascorse qui, si sente serena. Di storie cosi ce ne sono tantissime, storie che raccontano il legame che si crea tra chi va a chiedere cibo e chi ormai sente il bisogno di passare parte del suo tempo a donare qualcosa, sentendosi, cosi, più ricco. La mensa è solo una delle numerose opere di carità fondate dal Beato Bartolo Longo e sostenute ancora oggi dal Santuario mariano.

(Autore: Marida D'Amora)

*Tre chef per la Mensa "Papa Francesco"

La Casa Famiglia "Maria, Madre di Misericordia" del Centro per il Bambino e la Famiglia "Giovanni Paolo II", accoglie l’iniziativa proposta da Arnoldo Mosca Mondadori. Alcune persone accolte, diversamente abili, svolgono ergoterapia, producendo ostie per le celebrazioni Eucaristiche.
Si chiama «Il senso del pane» il progetto realizzato da Arnoldo Mosca Mondadori, avviato nell’Anno della Misricordia a fine 2015 e approdato nella città mariana nel febbraio 2020.
A Pompei, ha varcato le soglie della Casa Famiglia "Maria, Madre di Misericordia" del Centro per il Bambino e la Famiglia "Giovanni Paolo II", affidata ai coniugi Raffaela e Salvatore Buonocore della Comunità "Papa Giovanni XXIII".
Per la prima volta in Italia, dunque, una casa famiglia è sede di questo meraviglioso progetto, nato all’interno del Carcere milanese di Oropa, e giunto, poi, in Mozambico, in Spagna, in Sri Lanka e in Etiopia, in strutture dedicate al recupero di ex detenuti, di donne vittime della tratta, di ragazzi a rischio. È Salvatore Buonocore a contattare Mosca Mondadori dopo aver letto il libro intervista "Il farmaco dell’immortalità", attraverso le cui pagine viene a conoscenza del progetto e lo sposa in pieno, proponendo di svolgere l’attività di produzione delle ostie all’interno della casa famiglia.
Così, grazie alle attrezzature e alle lezioni fornite dallo stesso Mosca Mondadori, con la sua Fondazione "Casa dello Spirito e delle Arti", a febbraio ha preso il via il progetto, affidato a persone con disabilità che, attraverso il lavoro di produzione delle ostie, svolgono ergoterapia.
Ad inaugurare i locali della nuova attività e le attrezzature, è stato l’Arcivescovo, Mons. Tommaso Caputo. «Questa iniziativa – ha affermato il Presule – mette in risalto il forte legame esistente tra Eucarestia e Carità.
Qui, dove ogni giorno viene accolto
Cristo sofferente in fratelli e sorelle in difficoltà, saranno preparate le ostie che diventeranno, poi, il Corpo di Cristo». Tutte le ostie prodotte grazie al progetto "Il senso del pane" sono, infatti, donate al Santuario mariano e a tutte le parrocchie che ne fanno richiesta.
Un nuovo focolaio di solidarietà, espressione concreta dell’amore di Dio, non poteva che nascere a Pompei, dove la carità, l’accoglienza e l’attenzione per l’altro sono il lievito che le ha dato vita. Un lievito che, il Fondatore Bartolo Longo, ha fatto "crescere" in tante Opere di Carità che, ancora oggi, dopo oltre 130 anni, continuano a dare accoglienza e speranza a tanti che vivono condizioni di disagio sociale, familiare ed economico. Pompei, dunque, attraverso le Opere di Carità e le tante iniziative solidali, continua ad essere faro, fiaccola che si alimenta della Parola
di Dio per portare luce e speranza sempre, nell’impegno educativo, nella ricerca di nuove forme e modalità di accoglienza, nell’attenzione verso l’altro e per il bene comune.
Tutto questo da realizzare uniti, per saper essere fino in fondo interpreti dei segni dei tempi e aver cura delle ferite umane più diffuse, soprattutto nelle famiglie, tra i giovani, e i bambini, per i quali, in particolare, il Beato Bartolo Longo ha speso tutta la sua vita.
Il 28 maggio, tre chef stellati, Crescenzo Scotti, Domenico Iavarone e Michele De Leo, muniti di mascherina e dei necessari dispositivi di protezione individuale, hanno cucinato per gli ospiti della Mensa dei poveri "Papa Francesco" su iniziativa dell’associazione "Tra Cielo e Mare".
Ad arricchire il menu anche i prodotti della società "Eye for Innovation", che fa ricerca in ambito alimentare per l’utilizzo del cibo come strumento di prevenzione e salute. La Mensa dei Poveri "Papa Francesco", gestita dall’Ordine di Malta e guidata dalla dottoressa Maria del Rosario Steardo, non ha mai interrotto le sue attività, anche nel periodo più duro dell’emergenza sanitaria.
Per un periodo ha provveduto, tramite convenzioni con alcuni supermercati, a consegnare alle famiglie assistite beni di prima necessità. Da lunedì 18 maggio, inoltre, ha organizzato la consegna di pranzi d’asporto

(Autore: Loreta Somma)

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