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Vie Storiche - G

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*Via Gaetano Cappabianca *Via Gaetano Donizetti *Via Gaetano Salvemini *Via Gaetano Saraceni *Via Gaetano Troiano *Vico Galatina *Vicolo Gallozzi *Via Giacinto Bosco *Via Gioacchino Rossini *Via Giorgio Perlasca *Via Giovanni Amendola *Via Giovanni Paisiello *Via Giuseppe Bonaparte *Corso Giuseppe Garibaldi *Via Giuseppe Sirtori *Via Giuseppe Verdi  *Via Gramsci
La strada ha inizio all’incrocio con via A.S. Mazzocchi formando con essa il trivio di S. Anna, così ricordato per via dell’edicola che si trova sul lato destro; termina al quadrivio formato con via Albana, via Melorio e via Saraceni. Quasi certamente il suo tracciato ripropone uno dei documenti dell’antica Capua.
Fra la fine del Seicento e il principio del Settecento, tutta la zona era nota come *Piazza dell’Olmo; successivamente, nella seconda metà dello stesso secolo, la via venne chiamata, con voce popolare, anche “a chiazza e’ Napule” per i palazzi che la ricca famiglia Di Napoli vi aveva costruito.
Nota: *Piazza o Platea: è il termine con cui si indicava non solo la strada, ma anche il rione in cui essa era situata. Nel 1738 a S. Maria si contavano otto piazze: quella della Chiesa (che comprendeva S. Maria Maggiore, p.za Matteotti), di S. Erasmo (che comprendeva via P. Morelli, via Anfiteatro, via Campania), del Mercato (piazza Mazzini e le strade ad essa adiacenti), di S. Lorenzo (via ex Emanuele oggi via Gramsci, p.za della Valle, via d’Angiò, via Roma), della Croce (via Mazzocchi, via Avezzana), del Riccio (via Riccio, via Latina, via Saraceni, p.za F.lli De Simone), piazza dell’Olmo (via Cappabianca, via Melorio fino al monastero degli Alcantarini o di S. Marco, e via Albana nella parte che va dalla chiesetta della Concezione verso via Torre), piazza di Casalnuovo (da piazzetta Immacolata a via Albana).
La principale dimora della famiglia Di Napoli era il secondo palazzo sulla destra che, senza dubbio, può essere ascritto, alla scuola vanvitelliana tanto in auge in quegli anni.
Le quattro facciate del cortile riprendono il motivo architettonico del basamento bugnato e gli alti e stretti balconi sono inquadrati fra lesene giganti: tema architettonico caratteristico della reggia di Caserta. L’annesso giardino confinava con la chiesa del convento di S. Teresa.
Nel sec. XVIII, lungo la strada si affacciavano poche abitazioni: il palazzo del Balzo e qualche altro edificio, intervallati da spazi liberi tenuti a giardino o coltivati a orti. In essi, ubicati alle spalle delle dimore, e negli spazi prospicienti la strada erano piantati degli alberi di olmo, piante di alto fusto che servivano sia per creare il fresco estivo, sia per sostenere alcuni filari di vite.
Nel 1740 vennero eseguiti lavori di pavimentazione nella piazza dell’Olmo che principia dalla chiesa dell’Imm.ta Concez,ne Santissima) e tira verso occidente sino al palazzo del Sig. D. Ant.o del Balzo”, lavori eseguiti dagli appaltatori delle strade Gennaro Tuosto e Francesco Micillo.
Il palazzo ove dimorava, fin dalla nascita, Don Antonio Lorenzo del Balzo, 4° duca di Caprigliano (per nuova concessione del titolo nel 1749) membro dell’antica e nobile famiglia venuta al seguito dei d’Angiò, era in origine ad un solo piano ed è ubicato all’inizio della strada, quasi all’incrocio di via Mazzocchi.
Sul lato sinistro della strada, è degno di nota un palazzo rimaneggiato nell’Ottocento.
Sull’arco interno dell’androne, che si affaccia in un primo cortiletto, quale chiave di volta, inciso in un blocco di pietra bianca, appare lo stemma della casa d’Angiò: un tappeto d’azzurro disseminato di gigli d’oro, con in capo un lambello (o rastrello) rosso.
(Ovviamente, nel nostro i colori non appaiono).
Dopo il 1860, la strada prese il nome di via Municipio, in quanto la Casa Comunale, ospitata fino a quella data in alcuni vani al piano terra del palazzo dei tribunali prospicienti in piazza Mazzocchi venne trasferita nella nuova sede ubicata dove, originariamente, esistevano la chiesetta di S. Carlo, un Ospizio per vecchi, e un vasto giardino conservatosi integro nella sua estensione sino alla seconda metà del XX secolo.
Alla chiesetta ed all’ospizio si giungeva percorrendo il vialetto che, fino a pochi anni fa, portava il nome del santo, vicolo s. Carlo e che oggi invece chiamasi vicolo Cappabianca. Il complesso era retto dai Padri Serviti detti di Gerusalemme, gli stessi religiosi del convento di S. Maria di Gerusalemme ad Montem, situato sul monte Rageto, che sovrasta Bellona.
Il 7 agosto 1809, le leggi napoleoniche dichiararono sciolte le congregazioni religiose, e il complesso dovette essere definitivamente lasciato dai Padri Serviti.
Ritornato sul trono Ferdinando IV, la proprietà del Convento venne reclamata da parte del monastero di S. Patrizia di Napoli, perché, secondo il monastero, tale complesso gli era stato concesso dal Real Governo. Pertanto, nel 1818, il succitato monastero, fece istanza al tribunale affinché gli venisse riconsegnato l’intero casamento e l’annesso giardino. La vertenza si protrasse fino al 1849 e si risolse, a favore del Comune di S. Maria Maggiore, nel 1858. Ma, solo nel 1886, il Comune ebbe il pieno possesso del giardino e del fabbricato, che un tempo ospitava l’antico ospizio. L’edificio si presentava, con “sei vani terranei ed undici al primo piano”.
Con delibera del 1887 venne deciso di eseguire una serie di ampliamenti e ristrutturazioni che furono completate nel 1893.
Intanto, nel 1888 con “l’esproprio del giardino di proprietà Bizzozzaro e di alcune casupole di proprietà Adinolfi, fu sistemato lo spazio antistante” e l’immobile venne dotato di un ampio accesso aperto su via Cappabianca, entrata resa elegante per le aiuole sistemate lungo i lati del viale.
Una più precisa descrizione dell’edificio è data dal Prof. Alberto Perconte nella sua dettagliata e pregevole opera: Santa Maria Capua Vetere pag. 90, dalla quale è tratto il seguente brano: “Costruito il portico, internamente, furono realizzati lo scalone e la sala delle riunioni. I lavori furono lo scalone e la sala delle riunioni. I lavori furono eseguiti dall’ing. Emilio Santillo.
Tra il 1900 e il 1910, fu innalzato il secondo piano e rifatta in stile neoclassico la facciata… Nel piano terra, a bugnato liscio, si aprono tre archi, che immettono nell’atrio dell’ingresso, e due finestre; il primo piano ha tre grandi balconi con timpano triangolare; il secondo piano ripete i motivi del primo, ma i balconi centrali sono più piccoli; nel timpano, appena accennato, campeggia tra due leoni lo stemma civico”.
Il terremoto del 1980 rese il fabbricato inagibile e tuttora risulta in via di ricostruzione.
Nell’atrio dell’edificio erano esposte alcune epigrafi.
Una voluta dal comitato popolare della nostra città per il cinquantenario della Battaglia del Volturno, fu dettata dal poeta catanese Mario Rapisardi, convinto repubblicano e grande ammiratore di Garibaldi.
GIUSEPPE GARIBALDI
VINCITORE MAGNANIMO DI SE STESSO
A CHI L’AVEA TORTURATO
PERDONAVA LA VITA
A CHI GLI TRAFFICAVA LA PATRIA
DONAVA UN REGNO
A UN POIPOLO CHE AVEALO COMBATTUTO
CONSACRAVA LA SPADA
VISSUTO TRA LE BATTAGLIE
MIRAVA ALLA FRATELLANZA DEI POPOLI
SDEGNOSO DI BORGIANI GOVERNI
SALUTAVA NELL’UNIONE DEI LAVORATORI
IL SOLE IMPLKACABILE DELL’AVVENIRE
L’altra ricorda la nobildonna Eugenia Ricciardi (1759 – 1800) nostra concittadina che si distinse per la generosità verso i poveri e gli ammalati. A lei, nel 1889 venne intitolata anche una strada.
EUGENIA RICCIARDI MESSORI
DONANDO PER TESTAMENTO TUTTI I SUOI BENI
ALL’OSPEDALE NAPOLETANO DEGLI INCURABILI
VOLLE CHE IL PIO LUOGO
DOVESSE IN OGNI TEMPO ACCOGLIERE E CURARE
GLI INFERMI DI QUESTO COMUNE
E GIA’ DA XLVII ANNI SI GIOVANO
DI TANTO BENEFICIO I POVERI NOSTRI
E DEL BORGO DI SANT’ANDREA DE’ LAGNI
IL MUNICIPIO
PER DEBITO DI GRATITUDINE
E PERCHE’
SI’ NOBILE ESEMPIO FOSSE IMITATO
FECE INSCRIVERE IN MARMO
IL NOME DELLA GENEROSA BENEFATTRICE
MDCCCXXXV
Sul confine nord del Municipio, si estendeva un altro grande giardino; in questi spazi furono costruiti gli edifici che hanno accolto la nuova sede del Tribunale. L’Archivio Notarile, l’Ufficio Postale, la Conciliazione, P.za della Resistenza, ecc, e alcuni condomini.
Attualmente alle spalle del palazzo comunale, cioè negli spazi liberi dell’Ufficio Postale, sono stati ritrovati i resti del Collegio degli Augustali dell’antica Capua con una serie di basi rettangolari adatte ad ospitare delle statue, nonché frammenti di pavimenti con figure geometriche composte da marmi colorati.
Si suppone che, data la vicinanza al Macellum scoperto a poca distanza, in via Albana, il luogo potesse ospitare una importante piazza della città antica e che essa potesse essere la famosa Seplasia. Gli studi su questo importante ritrovamento non sono ancora terminati, ma al loro completamento il sito sarà protetto e reso visibile a tutti.
Costruito il nuovo Tribunale, venne aperto un varco pedonale che mise in comunicazione il vicolo S. Carlo con piazza della resistenza appena completata, ottenendo così il collegamento diretto fra via Cappabianca ed il centro della città.
In fondo al vicolo S. Carlo, verso i primi anni del Novecento, in alcuni ampi locali venne installato un generatore di energia elettrica azionato da una turbina a vapore ottenuto bruciando notevoli quantità di carbon fossile. I fumi della combustione si disperdevano nell’aria tramite una alta ciminiera, che, non più usata già da molti anni, venne abbattuta dopo il 1945. Quando il suddetto impianto smise di funzionare, perché l’energia elettrica venne erogata da un impianto più moderno, di diversa tecnologia, e installato in altra zona della città, una parte dei locali ospitò una cabina di smistamento della corrente elettrica gestita dalla SEDAC, mentre i locali attigui, precedentemente adibiti a sala macchine e deposito carbone, ospitarono negli anni 30 e 40 del Novecento, il cinema “Dopolavoro Mazzocchi”, gestito dall’imprenditore Nicola Cortese. Dopo la guerra, cambiata la gestione, fu chiamato “Cinema Aurora”; purtroppo, verso la fine degli anni 40, chiuse i battenti.
L’evento sismico del 1980, produsse notevoli danni anche nella nostra città e purtroppo dovette essere demolito anche il palazzo sito al numero civico 19, costruito nel 1668, sulla cui facciata si trovava la seguente iscrizione:
FORTUNAS RERUM AUGMETUM
VIRESQUE TUENDI HEC
EADEM ASTRA DIANA
Traduzione: DIANA - Diana (la luna) (e) ASTRA - le stelle SPONDENT – promettono EADEM – per la stessa via (nello stesso modo) FORTUNAS – le fortune, AUGMETUM RERUM – l’aumento delle sostanze, QUE – e VIRES – le forze TUENDI – per custodire HEC – tutto ciò.
Sullo spazio ricavato, venne aperta una nuova strada intitolata alla memoria del sen. Francesco Lugnano. Nei pressi si trova anche il palazzo in cui venne alla luce, il 4 dicembre 1853, Errico Malatesta.
Poco più avanti, quasi dirimpetto all’ingresso del Municipio, all’angolo di via Riccio, (strada aperta nel 1832) è ubicato il palazzo, originariamente ad un solo piano, appartenuto alla famiglia Di Napoli, e successivamente ceduto alla famiglia Cappabianca, che lo ampliò, facendovi soprelevare il secondo.
(Autore: Salvatore Fratta)


Superato l’incrocio con via Avezzana, quadrivio che, nel Settecento, al centro ospitava una croce, si giunge nella strada nota come via Saraceni.
La sua modesta larghezza fa ricordare che era il cardo orientale dell’antica città.
(Autore: Salvatore Fratta)


Proprio nel loro punto d’incontro, oggi si apre via Gramsci, ex via Vittorio Emanuele, conosciuta, nei secoli precedenti, col nome platea San Lorenzo, cioè un’area comprendente anche altre strade, e successivamente come via cittadina.
La via S. Lorenzo si snodava lungo la parte retrostante della chiesa e del suo annesso ospedale, edificati nel 1319, ed era indicata con lo stesso nome della chiesa dedicata al Santo a cui re Roberto D’Angiò, nato nella nostra città, era molto devoto.
La strada che, probabilmente, ricalcava un antico decumano, per molti secoli rimase in terra battuta, fangosa durante la stagione invernale, polverosa durante le calde giornate estive.
Venne sistemata e pavimentata verso il 1835.
Dopo la morte del primo Re d’Italia, avvenuta nel 1878, l’antico nome S. Lorenzo venne sostituito dal nome di Vittorio Emanuele II. La via termina all’incrocio con via Roberto d’Angiò e con uno slargo antistante via Milbitz, e il trivio che ne deriva era conosciuto, un tempo, come il Trivio Rondinelle, denominazione nata da una edicola, incastonata nell’angolo di un fabbricato, dedicata alla Beata Vergine della Rennella (rondinella).
Il 26 febbraio del 1926 il Consiglio Comunale, presieduto dal Sindaco avv. Pasquale Fratta, deliberò che la suddetta piazzetta venisse intitolata a Girolamo della Valle quale doveroso omaggio ad un insigne cittadino che tanto si era prodigato per la sua Terra natia.
Verso il 1980 il nome fu sostituito con quello di Antonio Gramsci.
Nella strada insistono alcuni palazzi che per la loro architettura sono degni di nota: “Palazzo Moschese”, - “Palazzo Auriemma” e “Palazzo della Valle”.
(Autore: Salvatore Fratta)


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