Missioni Mariane dell'Anno 2010 - Istituto Aveta

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Missioni Mariane dell'Anno 2010

Il Santuario > Madonna Pellegrina > Anni 2010/2019

"2010" La Regina di Pompei a:
Barletta (BA)

1/4 Febbraio 2010 – Parrocchia: “Santissimo Crocifisso” - Parroco: Don Ruggiero Caporusso



"2010" La Regina di Pompei a:
Napoli (NA)

12-14 Febbraio 2010 - Parrocchia: "S.Lorenzo Maggiore"


"2010" La Regina di Pompei a:
Gaeta (LT)

18/21 febbraio 2010 – Parrocchia: “S.Nilo Abate e S.Stefano” - Parroco: Don Antonio Cairo


"2010" La Regina di Pompei a:
Bisceglie (Puglia)

Dal 26 Febbraio al 1 Marzo 2010 - Parrocchia “Ss. Matteo e Nicolò”
Dopo aver fatto tappa a Nocera Superiore, nel salernitano, e a Carnello di Sora, nella ciociaria, l’icona pellegrina della Madonna di Pompei si è fermata in Puglia, ospite della Basilica Cattedrale San Pietro e Parrocchia “Ss. Matteo e Nicolò”.
Secondo una discussa ipotesi di Pompeo Sarnelli, Vescovo di Bisceglie, dal 1692 al 1724, il nome di questa città, fondata dai romani, deriva da “Vigiliae” (sentinelle), dalla sua particolare ubicazione che le permetteva di svolgere un’azione di vigilanza sulla costa adriatica.
In realtà, il termine “vigiliae”, che ancora oggi compare in molti documenti ufficiali, è semplicemente frutto di un’erronea trascrizione del nome dialettale del posto, “Vescégghie”, ossia una conosciuta zona della Puglia dove riesce ancora a crescere un tipo particolare di quercia molto diffusa, il “Viscile”. La popolazione, circa 51.000 abitanti, è particolarmente dedita alla produzione e alla commercializzazione di prodotti agricoli quali ortaggi e frutta, così come la pesca.
La devozione alla Vergine del Santo Rosario di Pompei giunge a Bisceglie alla fine del secolo diciannovesimo, nel 1888, quando, nell’Abazia dei Ss. Matteo e Nicolò, l’Abate Francesco Todisco fece erigere l’altare maggiore volutamente del tutto simile a quello del Santuario di Pompei, dando così vita a una Pia Associazione. Il quadro raffigurante la Beata Vergine fu magnificamente realizzato dal noto pittore molfettese “Il Giaquinto”.
Obiettivo della Missione Mariana, voluta dal giovane parroco don Mauro Camero, è stato quello di offrire alla comunità biscegliese, attraverso la presenza dell’Icona pompeiana, l’occasione di un rinnovamento della propria vita di fede e di ravvivare nel popolo il culto alla Madonna.
Secondo obiettivo, è stato quello di calare la preghiera del Rosario nella vita personale, familiare e parrocchiale. Con l’auspicio, che la preghiera, nota in tutto il mondo, grazie anche all’opera di promozione e di diffusione DEL Beato Bartolo Longo, possa entrare nelle pieghe nelle piaghe della storia quotidiana, per orientare scelte, atteggiamenti ed essere di consolazione nei momenti di tribolazione.
Queste attese e queste speranze hanno accompagnato i giorni della missione il ricco programma che si è sviluppato tra l’entusiasmo del popolo.
Particolarmente avvertiti gli incontri con gli ammalati dell’Ospedale Civile, le Autorità Civili, Mons. Savino Giannotti, Vicario Generale, Mons. Sergio Ruggieri, Vicario Episcopale, L’Arcivescovo di Trani-Barletta-Bisceglie, Mons. Giovan Battista Pichierri, che ha manifestato l’affetto e l’amore filiale di tutta la comunità diocesana per la Madonna di Pompei. L’Arcivescovo di Acerenza, Mons. Giovanni Ricchiuti, che ha concluso la missione mariana, i bambini della scuola elementare e i membri delle Confraternite, delle Associazioni e dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme e i Coristi e Strumentisti di “Frammenti di luce”, che hanno voluto omaggiare la Madre del Signore con un concerto-meditazione.
Al termine della Missione, don Mauro, annunciando, per il mese di maggio, il pellegrinaggio di ringraziamento a Pompei per ricambiare la visita della Madonna, ha invocato l’aiuto della Vergine per tutta la comunità, affinchè conservi il dono della fede, accompagnandolo e alimentandolo con una vita cristiana più autentica e visibile, nella continua ricerca e costruzione della pace, della solidarietà, della legalità, della giustizia e del rispetto reciproco.
(Autore: Mario Cavallaro – Fonte: R.N.P. Anno 125 – N.4 - 2009)


"2010" La Regina di Pompei a:
Modica (RG)

11/14 Marzo 2010 – Parrocchia “Sscro Cuore" - Parroco: ...


"2010" La Regina di Pompei a:
Sanza (SA)

18/21 marzo 2010 – Parrocchia “Santa Maria Assunta e San Francesco” Parroco P. Giuseppe Spinelli
È nel cuore dell’entroterra Cilentano che, dal 18 al 21 marzo, ha fatto tappa l’Icona pellegrina della Vergine di Pompei. Questa volta, infatti, l’équipe missionaria di Pompei, guidata dal Delegato, Don Andrea Fontanella, ha visitato la comunità di Sanza, comune del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano.
Sono stati giorni intrisi di spiritualità mariana, quelli della missione, per i sanzesi che, oltre alla profonda devozione per la Madonna della Neve, hanno sempre nutrito un fortissimo amore per la
Madonna di Pompei. Di questo se ne trovano le prime tracce nell’archivio privato della famiglia Bonomo, presente a Sanza da secoli, e in seno alla quale si sono formati, nel corso degli anni, ben sei sacerdoti e nove sindaci.
Numerosi anche i legami epistolari intercorsi tra i Bonomo e il Beato Bartolo Longo, specialmente in occasione  delle offerte inviate per la costruzione della facciata del Santuario, per il monumento alla Pace Universale e continuati in seguito. La comunità di Sanza ed il suo  Vescovo, Mons. Amgelo Spinillo, hanno accolto la venerata effige con grande entusiasmo. Un’immane folla di fedeli era l’ pronta a salutare l’Icona e ad accompagnarla in processione presso la chiesa parrocchiale “S. Maria Assunta e San Francesco   d’Assisi”, dove, il parroco, don Giuseppe Spinillo, alla presenza del sindaco,, Antonio Peluso, del Comandante dell’Arma dei Carabinieri, Luigi Farrarese, del Priore dell’Arciconfraternita “S. Maria della Neve”, Pasquale La Veglia, e del Priore della Confraternita del “SS. Sacramento e Rosario”, Carmine Ciorciori, ha presieduto la Santa Messa dando inizio alle celebrazioni dei giorni di Missione.
(Don Andrea Fontanella)


"2010" La Regina di Pompei a:
Calenzano - Frazione Settimello (FI)

14 Aprile 2010 - Parrocchia "San Prisco" Parroco "Don Severino D’Amico."


"2010" La Regina di Pompei a:
Scandicci (FI)

14-18 Aprile 2010 - Parrocchia "San Vincenzo"
L’Icona pellegrina della Vergine, dal 14 al 18 aprile, ha fatto visita alla piccola comunità  di San Vincenzo a Torri, frazione di Scandicci, in provincia di Firenze.

L’équipe missionaria, all’arrivo, è stata accolta dalle Monache Carmelitane dell’Eremo di Santa Maria degli Angeli, dove è stata celebrata la santa Messa che ha dato inizio ai giorni di Missione.  
L’Icona ha, poi, sostato presso la parrocchia “San Vincenzo”, accolta da una folla di fedeli in festa, che hanno partecipato alla celebrazione eucaristica presieduta dal Delegato della Missione Mariana, don Andrea Fontanella. Tante le persone che, giunte dalle città vicine, hanno “salutato” la Vergine affidandole i propri cari, chiedendole protezione e rivolgendole preghiere, mentre l’équipe pompeiana ha, come sempre,  
Continua.... (Don Andrea Fontanella)


"2010" La Regina di Pompei a:
Orte (VT)

22/25 Aprile 2010 – Parrocchia: “S. Maria Assunta” - Parroco: Padre ...


"2010" La Regina di Pompei a:
Pietralcina (BN)

13/16 maggio 2010 – Parrocchia “Santa Maria degli Angeli” - Parroco: P. Giorgio Ramolo
“Un sogno è diventato realtà: il nostro amato Padre Pio in vita si recò in pellegrinaggio a Pompei per pregare davanti all’Icona della Vergine del Rosario; oggi è l’Icona della Vergine del Rosario a venire in pellegrinaggio a Pietrelcina!”. Con queste parole, il 13 maggio scorso, Padre Giorgio Ramolo, parroco della chiesa “Santa Maria degli Angeli”, ha accolto la Delegazione della Missione Mariana del Rosario che ha accompagnato l’Icona sacra. Pietrelcina è stata felicissima di accogliere la vergine, la comunità, infatti, da sempre devota a Maria, ha sperimentato lungo i secoli la sua speciale protezione.
Fin dai suoi teneri anni, Padre Pio nutrì una filiale devozione alla Madonna di Pompei ed ebbe sempre una fiducia incrollabile nell’efficacia della novena a quella cara Mamma, per ottenere grazie per il bene delle anime. Pochi giorni prima di morire compì un gesto delicatissimo di devozione verso la Madonna di Pompei. Il 19 settembre 1968, gli venne regalato un mazzo di 50 rose, a ricordo dei suoi
50 anni di stimmate. Di queste rose, una rosa l’affidò ad un suo figlio spirituale diretto a Napoli, perché la deponesse ai piedi della Madonna di Pompei.
Quella rosa è stata portata a Pietrelcina dal Santuario di Pompei. La devozione a Maria è stata uno dei pilastri della spiritualità sacerdotale e religiosa del Santo che la esprimeva attraverso la recita di un numero imprecisato di Rosari al giorno, tanto da divenire l’apostolo del Rosario.
Padre Pio definiva il Rosario “arma” contro tutte le insidie del male. Il suo testamento spirituale fu semplicemente questo: “amate e fate amare la Madonna, recitate e fate recitare la corona del Rosario”. Tanti sono stati i momenti di preghiera, di catechesi e di confessioni che si sono susseguiti nei giorni di permanenza dell’Icona. Ricche di spiritualità sono state le omelie dei padri missionari, di Mons. Carlo Liberati, Arcivescovo di Pompei, del Superiore del Convento, Padre Francesco Scaramuzzi, e del Vicario Generale Mons. Pompilio Cristino.
I missionari, dal loro canto, hanno ricordato che la presenza dell’Icona è stata una visita storica, importante, significativa, carica di evocazioni e di emozioni nella quale è stato sottolineato più volte il particolare legame con la Madonna e con i due apostoli del Rosario, il Beato Bartolo Longo e San Pio da Pietrelcina, che con la loro vita hanno contribuito alla conoscenza e all’amore di Cristo. Un laico, Bartolo Longo, che ha dato tutta la sua vita alla diffusione del Rosario, ed un religioso, Padre Pio, che ha sgranato per l’intera sua vita il Rosario. Hanno sottolineato, altresì, che tra i due apostoli del Rosario, grazie all’incessante preghiera, vi è stato un interscambio di evangelizzazione.
Un pugliese che in terra campana ha realizzato un santuario alla vergine e tante opere di carità annesse, e un campano, andato in terra di Puglia, per realizzare la Casa di Sollievo della Sofferenza, un Santuario e tante opere di carità.
Un ringraziamento al parroco, Padre Giorgio, al Sindaco, gennaro Fusco, a tutte le autorità militari presenti ed al consigliere Provinciale, Dante Molinaro, per l’accoglienza, la sensibilità e la presenza nei giorni di permanenza della Vergine Santa.
Dopo la celebrazione eucaristica domenicale e la recita della Supplica, tutta la comunità di Pietrelcina ha salutato l’Icona che ha fatto ritorno nel suo Santuario.
(Autore: Domenico Romano)


"2010" La Regina di Pompei a:
Picerno (PZ)

21/23 Maggio 2010 – Parrocchia “...” - Parroco: Don...


"2010" La Regina di Pompei a:
Chiaiano (NA)

10/13 giugno 2010 – Parrocchia “S. Giovanni Battista” - Parroco ...


"2010" La Regina di Pompei ad:
Villagrande Di Tor (AQ)

16/17 Giugno 2013 – Parrocchia “San Panfilo" - Parroco: ...


"2010" La Regina di Pompei ad:
Aielli (AQ)

17/20 Giugno 2010 – Parrocchia “SS. Trinità” - Parroco Don Ennio Grossi


"2010" La Regina di Pompei a:
Lipari (ME)

23/28 Giugno 2010 – Parrocchia “San Giuseppe” - Parroco Don ...


"2010" La Regina di Pompei a:
Salerno (SA)

18 luglio 2010 - Stadio "Arechi"  – Responsabile: P. Michele Vassallo S.D.V.

(Congresso Internazionale Rinnovamento Carismatico Servi di Cristo Vivo)
Nello Stadio Arechi di Salerno, tra gli applausi di 14.000 aderenti e simpatizzanti al Rinnovamento Carismatico Servi di Cristo Vivo, domenica 18 luglio 2010 l’Icona della Madonna di Pompei, ha fatto il suo ingresso al Congresso Internazionale. Un appuntamento atteso, voluto dal Rinnovamento Carismatico Servi di Cristo Vivo, che ha riunito sin dalle prime ore del mattino numerosi fedeli provenienti da tutta Italia.
Le voci dei grandi esperti di spiritualità si sono susseguite in una diversità di stile e di tono che, mentre arricchivano e infervoravano, riusciva a smorzare ogni sintomo di stanchezza. Tra i presenti al Congresso, l’Arcivescovo Metropolita di Salerno, Mons. Gerardo Pierro, Sua Ecc.za Mons. Andrea Gemma, Vescovo emerito di Isernia-Venafro. Sua Ecc.za Mons. Romulo Emiliani, P. Ludovico Caputo, Mons. Gianfranco Gallone, Mons. Nicola Giampietro, P. Elias Vella O.F.M.
Nella grande area, bella e dominante, l’Icona della Vergine del Rosario si copriva di luce dei vari momenti del giorno tra gli applausi scroscianti di tutto lo stadio.
Quanta grazia e quante grazie in quelle ore tanti hanno ricevuto. Grazie.
Il Rinnovamento Carismatico Servi di Cristo Vivo ha come sua caratteristica quella di dare notevole risalto ai segni che Cristo ha compiuto e, in tale contesto, si è rivelata più che intonata la presenza della Vergine del Rosario di Pompei, quale intermediatrice e dispensatrice di grazie.
(Autore: Domenico Romano)


"2010" La Regina di Pompei a:
Verona

19/22 Settembre 2010 – Parrocchia “Sant'Antonio Abate" - Parroco: ...


"2010" La Regina di Pompei a:
Bereguardo (PV)

22/26 Settembre 2010 – Parrocchia “S. Antonio Abate” - Parroco Don Lino Canarini


"2010" La Regina di Pompei a:
Cava De' Tirreni (SA)

21/24 ottobre 2010 – Parrocchia “S. Giuseppe al Pozzo” - Parroco Don ...


"2010" La Regina di Pompei a:
Sutri (VT)

17-22 Novembre 2010 - Parrocchia: "Santa Maria Assunta in Cielo" - Parroco: Don  ...


"2010" La Regina di Pompei ad:
Aci Sant'Antonio (Ct)

24/28 Novembre 2010 -  Parrocchia: "S. Antonio" - Parroco: Don Vittorio Rocca
Un po' di  Storia
L' anno 1169 a seguito di una forte eruzione accompagnata da forte scosse di terremoto, gli abitanti lasciarono la parte costiera e si ritirarono in queste amene contrade ricche di boschi e
di abbondante legname; qui diedero vita al piccolo borgo di Casalotto.
Nel I 408 questo borgo fu minacciato da una colata lavica che si fermò poco distante dal piccolo borgo; le preghiere degli abitanti a S. Antonio abate scelto come loro patrono e protettore riuscirono a fermare il pericolo.
Lotte interne con la vicina Aquilia indussero gli abitanti di Casalotto e dei borghi vicini a chiedere al viceré di Palermo la separazione da Aquilia Vetere; questa fu ratificata nel 1640 a firma dei luogotenente cardinale Giannettino Doria arcivescovo di Palermo.
L'11 di Gennaio dell’anno 1693 fu un giorno di grande lutto perché un terribile terremoto, di proporzioni mai registrate, distrusse l’intera Sicilia orientale: ad Aci S. Antonio perirono 143 persone e vennero abbattute tutte le chiese tranne quella dei padri mercenari.
Il 1700 fu il secolo d' oro per Aci S. Antonio. Pittori scultori architetti, valenti mastri d' opera
si avvicendavano per la ricostruzione e l'abbellimento dei maggiori edifici.
Opere pregevoli di questo periodo furono:la chiesa di S. Antonio Abate, quelle di S. Biagio e di S. Michele arcangelo, il palazzo Reggio Carcaci, il palazzo Puglisi il palazzo Gagliani.
L'800 vide consolidarsi la ricca borghesia terriera e lo sviluppo dell'attività commerciale con la vicina città di Catania. Largo impiego in questa attività commerciale ebbe il carretto che fu riccamente ornato da valenti mastri carradori.


"2010" La Regina di Pompei a:
Carpineto di Fisciano (SA)

02/05 dicembre 2010 - Parrocchia: "S.Giovanni Battista e S.Nicola di Bari" - Parroco: Don Luigi Aversa
Un po' di Storia
La frazione di Carpineto appartiene al comune di Fisciano, in provincia di Salerno, nella regione
Campania.
Dista 1,02 chilometri dal medesimo comune di Fisciano, sorge a 370 metri sul livello del mare e nella frazione di Carpineto risiedono 450 abitanti.
Carpineto: Etimologicamente il nome della frazione, a nord del capoluogo, deriverebbe da "Carpinus", un albero appartenente alla famiglia delle betullacee, molto presente in zona.
La sua essenza veniva infatti utilizzata dagli abitanti per la produzione giochi, tini e carretti.
La località, situata a 370 m sul livello del mare, con circa 450 abitanti, si divide in due borgate, Carpineto Superiore e Carpineto Inferiore con due chiese ben distinte, le Parrocchia di San Giovanni e di San Nicola, oggi riunite nella Parrocchia di San Giovanni Battista.
Nella metà del mese di agosto si svolge con successo la Sagra degli spaghetti con la nocciola.


"2010" La Regina di Pompei a:
San Nicola La Strada (CE)

14/18 Dicembre 2010 - Parrocchia: "S. Maria degli Angeli" - Parroco: Don Pasquale Lunato
Fotocronaca del pellegrinaggio a San Nicola la Strada (CE)
Le origini
Le fonti storiche assegnano al 1113 l’ano di fondazione della Diocesi di Caserta, allorchè il vescovo metropolita di Capua, Senne[te], emanò la Bolla di concessione perpetua di 133 chiese del territorio casertano al vescovo suffraganeo Rainulfo (1100?-1129).
In realtà, l’atto di Senne è una convalida formale di una prassi già consolidata nel tempo e segna un significativo riconoscimento dell’accresciuta importanza del territorio casertano e della maturità della chiesa locale.
Il borgo longobardo di Casa-hirta, di cui per primo ci narra Erchemperto, per la posizione arroccata sulla sommità del colle donde si domina tutta la vallata, offriva un asilo sicuro alla popolazione contro le scorrerie dei  barbari prima e dei saraceni poi. Qui, infatti, essa s’era rifugiata dopo quella serie di devastazioni causate dalle lotte fratricide dei conti di Capua non meno che dalle incursioni barbariche, che sconvolsero il territorio di Galatia negli anni 841-43 e 861, fino alla completa distruzione dell’antica città (880). Certamente anche il vescovo aveva dovuto seguire il suo popolo ed aveva spostato la sua sede dalla distrutta Galatia alla nascente Caserta, che già doveva avere una certa consistenza demografica, mura fortificate ed un castello con molte torri quadrate.
La continuità della chiesa galatina e casertana è attestata in vari luoghi, tra cui emerge l’espressione del vescovo Giovanni I (1137-64), che in un atto ufficiale usa l’espressione  “Casertana seu Galatina ecclesia”.
La storia di quest’ultima, però, è estremamente rarefatta e si perde nella leggenda. Così, dopo d’aver ricordato che per queste contrade è passato l’apostolo Pietro nel suo viaggio verso Roma, la tradizione vuole che il primo vescovo sia stato un Sant’Augusto, che faceva parte del gruppo dei sacerdoti perseguitati da  Genserico, pervenuti alle coste tirreniche dall’Africa su una barca senza remi. Gli altri erano:  Prisco (che fu vescovo di Capua), Castrense (vescovo Volturnense), Tammaro, Rosio, Eraclio, Secondino, Adiutore, Elpidio  (vescovo di Atella), Canione e Vindonio. Augusto avrebbe tenuto la cattedra episcopale dal 439 al 477. Dei lunghi secoli che seguirono, durante tutta la dominazione longobarda, non si hanno che rarissime notizie legate a pochi nomi. Sul cadere dell’XI secolo, in analogia con Sant’Angelo in Formis, sorgeva ai piedi del monte Tifata dove era Caserta, l’abbazia di San Pietro ad Montes, secondo gli schemi cassinesi.
All’inizio del XII secolo il rigoglio della vita doveva esser tale da indurre il vescovo  Senne ad emanare la citata bolla, che ben si inquadra nella politica dei nuovi dominatori Normanni di intensificare le diocesi parallelamente alla creazione della struttura feudale, per il miglior controllo del territorio.
Dalla bolla e dai successivi documenti del 1174 e del 1208, si evincono i confini geografici della diocesi, che erano delimitati a nord dal Volturno, a sud dal Clanio e dal reticolo di rigagnoli denominato poi Regi Lagni, a ovest dal monte Cupo e ad est dal torrente Biferchia, dal rio del Colle Cerqua Cupa e dal monte Longano.
La nuova dignità di diocesi Chiesa Santa MAria degli Angeliautonoma è subito consolidata con la fondazione di una nuova chiesa cattedrale monumentale, dedicata a San Michele Arcangelo, sorta su quella più antica. Lo stesso Rainulfo ne pone le fondamenta nel medesimo anno 1113, chiamando a progettarla maestranze di grande valore.
La costruzione deve essere in gran parte finita nel 1153 allorché la chiesa viene consacrata dal vescovo Giovanni I (1137-64). Successivamente viene completata la facciata ma bisogna attendere il secolo successivo perché fosse aggiunto il campanile. Crescendo, la curia vescovile ha la sua scuola di letteratura per chierici e laici, secondo le disposizioni emanate da Alessandro III nel Concilio Lateranense III (1179), per combattere le eresie.
La prima metà del XIII secolo è dominata, possiamo dire, interamente dalla figura di  Federico II e Caserta è un territorio a lui prediletto. Il giovane  Riccardo, figlio del conte  Tommaso e di  Siffridina, viene educato alla corte dell’imperatore e sposa una delle sue figlie naturali, Violante. Il castello si arricchisce della superba torre cilindrica che è una delle più grandi d’Europa. Alla cattedrale, come s’è detto, viene aggiunto il campanile, notevole esempio di architettura romanica con influssi arabo siculi, completato nel 1234, circa mezzo secolo prima di quelli di Amalfi e di Gaeta. Viene ampliato il palazzo vescovile e delimitata la piazza rettangolare antistante il duomo. È vescovo in quegli anni Andrea de Capua (1221-40), studioso di diritto, stimato dallo stesso imperatore.
La disfatta degli Svevi e l’arrivo degli angioini sono vissuti inizialmente in modo drammatico, per l’antica fedeltà all’imperatore. Il conte  Riccardo è imprigionato e privato dei beni; la contessa madre, Siffridina, nonostante l’età, è rinchiusa in una torre del castello di Trani, dove muore di stenti.
Alla fine del secolo spicca la figura del vescovo Azzone  (1287-1310), originario di Parma, definito dall’Ughelli “optimus et proficuus”. Azzone deve sostenere lunghe controversie con i nuovi signori di Caserta – i Braherio e i Caetani – finché non gli sono riconosciuti, nel 1304, i diritti sui beni della chiesa, le decime e quant’altro gli competeva. Azzone è considerato il primo storico casertano perché ha scritto una  “Chronica episcoporum Casertae”, purtroppo perduta. Sulla lastra tombale, oggi murata nella parete del transetto, è raffigurato ai piedi del vescovo il profilo della civitas casertana, che ci mostra una città cinta di mura con molti edifici e campanili.
Il Trecento è caratterizzato da vari conflitti. La Chiesa è avvilita dalla cosiddetta Cattività avignonese i cui influssi negativi si sentono anche nelle province più lontane. Il senso di disordine si manifesta nelle elezioni di vescovi talvolta inficiate da irregolarità e, pertanto, revocate. I vescovi che si alternano a Caserta incontrano spesso gravi difficoltà nel godimento dei beni della chiesa.
Nel 1317 Caserta viene data in feudo a Diego de La Rath (italianizzato in Della Ratta), di origine catalana, giunto al seguito di  Violante d’Aragona, sposa di Roberto d’Angiò. Almeno nel primo periodo i rapporti tra il vescovo ed il conte sono molto difficili, finché non giungono a componimento a metà secolo, con  Francesco Della Ratta ed il vescovo Martono  (1351-71). Si segna allora una fase di notevole sviluppo della comunità casertana sia con l’ampliamento e la sistemazione urbanistica della città, sia con l’elevazione di nuove chiese e l’abbellimento della cattedrale, che doveva presentarsi ampiamente coperta di affreschi. Con ogni probabilità vi hanno lavorato gli stessi artisti che decoravano gli interni di Santa Chiara in Napoli. Nel transetto della Cattedrale vengono eretti due sepolcri monumentali, nello stile di Tino da Camaino: nel braccio destro quello del conte Francesco Della Ratta; nel braccio sinistro quello del vescovo Giacomo Martono. Tra le istituzioni più significative è da ricordare quella dell’Annunziata, con annesso Ospedale.
Nella seconda metà del secolo e per tutta la prima metà di quello successivo le vicende interne del regno angioino, tormentato dalle lotte dinastiche, aggravate anche dai difficili temperamenti delle
regine, non possono non riflettersi sulle province ed in particolare su Caserta, porta di Napoli. Il suo territorio è teatro degli scontri delle compagnie di ventura; i vescovi casertani debbono svolgere spesso funzioni di ambasciatori e di mediatori, mentre i conti si barcamenano tra le varie fazioni, tentando di strappare i maggiori vantaggi possibili. Al prevalere di Alfonso d’Aragona, il conte di Caserta si trova al suo fianco e riceve onori ed incarichi.
Tutta la seconda metà del XV secolo segna un periodo di pace proficua per il regno di Napoli, dove, prima con Alfonso  il Magnanimo (1442-58) e poi con Ferrante (1458-94) viene dato notevole impulso all’arte e alla cultura e si accrescono le attività economiche e commerciali. A Caserta, quasi in contraddizione, si assiste al lento depauperarsi della città arroccata sul monte per il migrare della popolazione verso la pianura, ossia verso le fertili campagne coltivate e verso più agevoli vie di comunicazione. Già il conte usava spesso soggiornare nel suo palazzo nel villaggio Torre, nella cui ampia piazza antistante si svolgeva il mercato dal 1407. I vescovi cominciano anch’essi Chiesa Santa Maria degli Angeli -San Nicola la Strada -a preferire la residenza di Falciano, dove posseggono il palazzo della Cavallerizza, donato dal re Ferrante al vescovo  Giovanni V (1476-93) de Leoni Galluccio, suo medico personale.
La scomparsa di Ferrante (gennaio 1494), personalità quanto mai vigorosa ed esemplare di sovrano, e la contemporanea discesa di  Carlo VIII danno nuovo fiato ai mai sopiti dissidi dei baroni, i quali, profittando dell’estrema debolezza della corona, per il repentino susseguirsi di ben tre sovrani in pochi anni, si danno da fare, spinti dall’ambizione di conquistare maggiore prestigio ed autonomia individuale, col risultato, invece, di favorire la conquista delle loro terre da parte di una nuova potenza straniera: e questa è stata la Spagna.
Il Cinquecento, ossia il secolo del Rinascimento per l’Europa intera, si apre, così, per le le province meridionali con la perdita dell’indipendenza e la riduzione a provincia spagnola. La condizione di soggezione e di sfruttamento segnerà definitivamente l’arretramento culturale, civile ed economico dell’Italia meridionale da cui non riuscirà mai più a sollevarsi.
In questo secolo la Chiesa attraversa la più difficile crisi che abbia mai sofferto, a causa del diffondersi delle idee riformiste di Lutero. A Napoli trovano un certo seguito, soprattutto tra gli intellettuali, le predicazioni di Bernardo Ochino  e di Juan de Valdès. Del casale di Piedimonte di Casolla, dove era fiorita un giorno l’abbazia di San Pietro ad Montes, ormai quasi del tutto abbandonata, è  Gian Francesco Alois, poeta ed amico di poeti e letterati, il quale frequenta a Napoli il salotto di Scipione Capece, dove primeggia il Valdès. Accusato di eresia insieme all’aversano  Gianbernardino Gargano, accetta di abiurare ma, ripetuta l’accusa dieci anni dopo, viene processato e condannato come eretico (1565). In questo periodo la diocesi di Caserta è retta da una serie di vescovi commendatari che, in pratica, non vi risiedono quasi mai. Sono, questi, gli anni in cui si svolge il Concilio di Trento (1545-63) che getta le basi della nuova chiesa cattolica. Alle ultime sessioni del Concilio partecipa anche il vescovo di Caserta, Agapito Bellomo (1554-94), che sottoscrive anche gli atti. Attuando le prescrizioni tridentine il vescovo Bellomo è tra i primi ad istituire il Seminario, tra il 1567 ed il ’73, che avrà una vita umile ma regolare senza mai soffrire sospensioni o inattività. Sempre secondo le prescrizioni conciliari Bellomo celebra il primo Sinodo diocesano, i cui atti, tuttavia, non ci sono pervenuti. Durante il suo episcopato sorgono a Caserta vari conventi, soprattutto per le donazioni dei principi Acquaviva: San Francesco di Paola a Casanova (oggi Casagiove); il convento dei Cappuccini sul colle Angiolillo, il ritiro dei Conventuali con la chiesa di Santa Caterina, poi rifatta e dedicata a Sant’Antonio; il convento dei frati minori con la chiesa di San Giacomo, poi di Santa Lucia, sul colle di Centurano. Per la sua opera di educazione religiosa, si diffondono le due devozioni centrali della nostra religione: il culto dell’Eucarestia e la devozione del Santo Rosario.
Il problema della formazione dei sacerdoti, diffusamente sentito in tutte le diocesi, è affrontato con molto impegno anche dai vescovi casertani. Il vescovo  Benedetto Mandina (1594-1604), uomo di vasta dottrina, membro del collegio dell’Inquisizione, lamenta un numero enorme di religiosi, specialmente degli ordini minori, che spesso chiedono la semplice tonsura solo per ricavarne i benefici ad essa collegati. Contro questa prassi e, comunque, in genere contro i cattivi costumi del clero interviene con molto rigore. Dalla sua relazione ad limina del 1594 si evince che la popolazione della diocesi a quel tempo ammonta a circa 20.000 persone ma che la città è quasi del tutto spopolata, ragion per cui il vescovo deve risiedere in pianura per stare più vicino al suo popolo.
Periodo di Falciano
Con il successore di Mandina, Diodato Gentile (1604-16), si attua il trasferimento anche formale della residenza dei vescovi a Falciano, mentre restano nella città di Caserta, sul monte, il Seminario ed il Capitolo, accanto alla Cattedrale. Come già si è osservato, la medesima scelta era stata fatta anche dai Principi. Certamente questa dicotomia ha nuociuto non poco alla comunità religiosa, determinando spesso dolorose incomprensioni tra il vescovo ed i canonici della cattedrale, che non può non aver avuto conseguenze su tutta la comunità.
Pur in un generale miglioramento delle condizioni di vita della comunità, nel corso del XVII secolo si registra anche da noi un lento decadimento di molte istituzioni religiose, tanto che alcuni conventi, tra cui quello di Sant’Agostino, vengono soppressi in base ai decreti pontifici. Né è da trascurare l’effetto devastante della terribile peste del 1656, che ha decimato la popolazione soprattutto nella zona d Limatola.
Bisogna attendere la fine del secolo per avere, con monsignor  Schinosi  (1696-1734), dei cambiamenti significativi nella diocesi, sulla scia della svolta attuata nella Chiesa dal pontefice Innocenzo XI ed in analogia con l’opera di altri grandi pastori, come i cardinali Innico Caracciolo a Napoli e Vincenzo Maria Orsini a Benevento. Individuando nella estrema povertà la causa maggiore del degrado sia del clero che della popolazione, spesso dedita a pratiche feticistiche al limite dell’ortodossia, lo Schinosi adotta una serie di iniziative per apportare il maggior sollievo possibile e correggere i difetti notati. Per diffondere una più corretta istruzione religiosa tra il popolo avvia la consuetudine di chiamare dei sacerdoti missionari. Per la maggiore cura della formazione dei sacerdoti, invece, non riuscendo ad ottenere il trasferimento del Seminario, istituisce presso il suo palazzo di Falciano il Collegio di San Gennaro, detto anche Seminario Maggiore, dove chiama ad insegnare illustri maestri. Al collegio affianca una ricca biblioteca che, sull’esempio della Brancacciana di Napoli, pensa di aprire anche ai laici. Essa costituisce ancor oggi il nucleo più antico e pregiato dell’attuale Biblioteca del Seminario Vescovile.
Monsignor  Schinosi rivitalizza anche l’antico convento di Sant’Agostino, affidandolo alle monache domenicane che vi entrano nel 1713.
Con il Settecento il Regno di Napoli riacquista indipendenza e dignità di nazione in seguito all’avvento al trono di Carlo di Borbone  (1734), figlio di Filippo V  di Spagna e di Elisabetta Farnese.
Caserta balza al centro degli interessi del sovrano, che decide di costruire nel suo territorio e precisamente nel villaggio Torre, nel luogo della residenza dei Caetani, la sua nuova Reggia, affidandone l’incarico a Luigi Vanvitelli. Alla posa della prima pietra. Il 20 gennaio 1752 (giorno genetliaco del re ma anche festività di San Sebastiano, patrono del villaggio) intervene anche il vescovo di Caserta, monsignor  Falangola (1747-61).
Con l’apertura dell’immenso cantiere, la piccola borgata cresce enormemente per l’arrivo delle numerose maestranze e, successivamente, per il convenirvi di una moltitudine di persone, dignitari, funzionari, militari e gli stessi nobili, in vario modo legati alla vita della Corte. Molte fabbriche sorgono ed altre vengono ristrutturate con l’intervento, talvolta, dello stesso  Vanvitelli. E proprio lui ci fa sapere di aver costruito il palazzo De Gregorio di Squillace, di aver risistemato il Palazzo vecchio (ossia Acquaviva), di aver rifatto quasi dalle fondamenta la chiesa di Sant’Agostino e di aver preparato un progetto per la chiesa parrocchiale ed altre cose.
Durante gli anni della costruzione si verifica la tremenda carestia del 1764. Il vescovo  Albertini (1761-68), amico di Sant’Alfonso de’ Liguori, pone a disposizione degli indigenti ogni suo avere, impone un prezzo calmierato al grano ed acquista egli stesso delle derrate da distribuire alla popolazione.
Un altro evento triste per la storia della diocesi è l’incendio della chiesa parrocchiale di San Sebastiano, accaduto nel 1783. Lo stesso re  Ferdinando IV, accogliendo sollecitamente le richieste del presule casertano, dà disposizioni per agevolare la sistemazione delle funzioni di parrocchia presso la vicina chiesa dell’Annunziata ed il trasferimento dei monaci carmelitani da questa al convento di Sant’Antonio.
Verso la fine del secolo (1789) nasce la colonia di San Leucio, voluta fortemente da  Ferdinando IV, il quale ne detta la legislazione. La straordinaria iniziativa è esaltata da tutti ancor oggi come la concretizzazione del sogno utopico della assoluta uguaglianza, comunità di beni e autogoverno.
Ruolo essenziale nella vita della colonia riveste il Cappellano, che non solo ha compiti di guida spirituale ma anche di educatore e di amministratore.
Gli eventi della Repubblica Napoletana del 1799 vengono vissuti con drammatica sofferenza e contraddizione nelle nostre contrade. Da un lato giovani ufficiali come  Nicola Ricciardi, Eleuterio Ruggiero e Pasquale Battistessa immolano le loro vite per gli ideali repubblicani e nella stessa San Leucio viene innalzato “l’albero della libertà”; da un altro la moltitudine di lavoranti nel complesso della Reggia e nelle varie tenute reali, gli abitanti di una borgata che, grazie al Re, stava assurgendo a capitale del Regno, emulando e forse superando persino Versailles, rimangono fedeli al sovrano che sono abituati a vedere tra loro con frequenza e semplicità. Forse anche memore di ciò il re, tornato sul trono, dà il nome di Caserta ed il titolo di città al villaggio Torre, sancendo, così, il definitivo declino della città sul monte. Da questo momento si fa molto più urgente e legittimo il desiderio dei vescovi di trasferire nella nuova città anche la sede vescovile con la chiesa cattedrale ed il seminario.
Periodo di Caserta nuova
Restaurata la dinastia borbonica, riprende il programma di ampliamento e di adeguamento della sede vescovile. Negli anni venti inizia la costruzione della nuova chiesa cattedrale, nel luogo dell’Annunziata, con progetto di  Giovanni Patturelli poi completato dal  Bianchi. La richiesta di traslazione della sede vescovile verrà accolta, però, soltanto nel 1841 e sarà solennemente ufficializzata il 1° febbraio del 1842 ad opera del vescovo Domenico Narni Mancinelli (1832-48). Durante i primi anni del regno di  Ferdinando II si diffonde a Caserta la devozione per Sant’Anna, sviluppatasi soprattutto dopo la peste del 1836.
Nel Natale del 1849 è a Caserta, esule da Roma, il pontefice Pio IX, che celebra la messa nella Cappella Palatina.
La città si avvia ora a prendere la fisionomia che le compete come sede prediletta della famiglia reale. Oltre alla massiccia presenza dei vari corpi dell’esercito, vi si trasferiscono tutti gli uffici amministrativi della provincia. Si aprono nuove strade larghe e rettilinee. Sorgono molti palazzi signorili con giardini retrostanti. La tenuta del vescovo in Falciano è richiesta dal re  Ferdinando II che vuole utilizzarla come Campo di Marte per le esercitazioni militari. Soprattutto dopo il 1848, Ferdinando II si trattiene sempre di più a Caserta e cerca di proteggersi rinforzando enormemente l’esercito. Il vescovo  Razzolino (1849-55) è costretto a spostarsi in un palazzo privato in via San Carlo. Il suo successore, monsignor De’ Rossi (1856-93) raggiunge un accordo con il Re. Che propone in cambio un’area lungo il corso Ferdinandeo, costruendovi una nuova chiesa cattedrale, il palazzo vescovile ed il seminario. Nel 1859 sono poste le fondamenta per la chiesa e per il palazzo vescovile ma solo quest’ultimo si trova ad essere completato al sopraggiungere di Garibaldi e, con lui, della fine del regno borbonico.
Si arresta bruscamente il sogno di Caserta capitale e si arresta il progetto della cittadella religiosa. Il vescovo Enrico De’ Rossi  è costretto a rifugiarsi per un po’ a Napoli; molti conventi vengono soppressi, tra cui anche il ritiro dei Passionisti che Ferdinando II aveva voluto nell’ambito stesso del Parco reale. In questi anni il seminario viene riunito nell’antico convento dei carmelitani (l’attuale sede).
Nell’ultimo quarto del secolo mentre esplodono vistosamente i problemi sociali che saranno poi formulati nella cosiddetta questione meridionale, anche la chiesa casertana si sforza di comporsi in un organismo nuovo ed adeguato alle mutate esigenze. Il vescovo Gennaro Cosenza (1893-1913), uomo di grande dottrina, pubblica molti scritti edificanti, fa costruire varie chiese a Caserta, a Maddaloni e in altri centri, amplia il Seminario. Durante il suo episcopato viene edificato l’Istituto Salesiano con annessa chiesa intitolata alla Vergine Immacolata (1896) per volontà di  M.lle Lasserre che a sua volta aveva ricevuto un legato dalla principessa  Maria Immacolata di Borbone, figlia di Ferdinando II, nata a Caserta il 25 gennaio 1855.
L’inizio del secolo che si è appena concluso vede Caserta comporsi in una “cauta-brillante immagine di città di apparati istituzionali e al tempo stesso di varia attività socio economica”, per dirla col Pisanti. La preponderante presenza militare rende quanto mai viva la partecipazione ai problemi delle varie guerre, con la continua preparazione dell’esercito, le partenze per il fronte, le attese dei reduci, i loro racconti.
Nel 1927 Caserta è privata della provincia per dare spazio e lustro a Napoli, destinata, nelle mene del fascismo, a diventare la “regina del Mediterraneo”. È vescovo in quegli anni monsignor Gabriele Moriondo (1921-45), che, pur ricevendo inviti per altri prestigiosi incarichi, non lascia la sa diocesi, ne sottolinea e valorizza la memoria storica, fondando il “Bollettino” diocesano nel quale, tra l’altro, il dotto sacerdote  Tommaso Laudando pubblica la storia dei vescovi casertani fino a Benedetto Mandina. Il vescovo Moriondo celebra alcuni congressi eucaristici e, nel 1929, il primo Congresso missionario di Terra di Lavoro, a cui partecipa anche monsignor Angelo Roncalli, il futuro Papa  Giovanni XXIII. In questi anni si stabiliscono a Caserta le suore del Patrocinio San Giuseppe, utilizzando il vecchio Sant’Agostino, che viene da loro trasformato in un istituto scolastico comprendente tutti gli ordini di istruzione, da quello primario alla scuola normale (poi magistrale). Le suore hanno lasciato il Sant’Agostino e Caserta nel 1999 nel silenzio generale.
Al  Moriondo succede monsignor Bartolomeo Mangino (1946-65), che si trova ad affrontare i problemi della ricostruzione post-bellica. Compresa la impossibilità di completare il progetto della costruzione della cittadella religiosa, il vescovo abbandona il sontuoso palazzo al corso Trieste per riunirsi al suo seminario, accanto alla Cattedrale. Il palazzo sarà in seguito alienato dal suo successore. Molta attenzione  Mangino  pone nella cura dei giovani, incoraggiando l’Azione Cattolica in tutte le sue forme associative. Lascia molti scritti che rivelano un’ampia cultura letteraria, oltre che teologica. Dal 1965 al 1987 la diocesi di Caserta è retta dall’arcivescovo Vito Roberti e, dopo una breve permanenza di monsignor Franco Cuccarese (1987-90), assume la cattedra episcopale monsignor  Raffaele Nogaro. Uno dei suoi primi impegni è la realizzazione di un grande convegno nella ricorrenza del 150° anniversario della traslazione della cattedrale dalla vecchia alla nuova Caserta, quindi la celebrazione del XII sinodo diocesano, conclusosi nel 1999. Ma l’evento più straordinario di questi anni è, indubbiamente, la visita del Papa Giovanni Paolo II, il 23 maggio 1992. L’evento è immortalato nelle superbe porte di bronzo della cattedrale, scolpite per l’occasione dal sacerdote  Battista Marello, che sono insieme una pagina di storia della nostra diocesi ed un auspicio per un futuro lungimirante.


 
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