Case del Santuario - Istituto Aveta

Vai ai contenuti

Menu principale:

Case del Santuario

Chi siamo

*Pompei Città dell'Amore - Le Opere di Carità del Santuario
Chi siamo!
Pompei Città dell’Amore - L’emergenza educativa: un problema di sempre
Ci sono ragazzi ai quali la vita rende difficile o quasi impossibile crescere, studiare, giocare, vivere. Questi ragazzi, vittime di abbandoni familiari, del degrado sociale, orfani di uno o di entrambi genitori, a volte costretti a vivere per strada, o comunque in situazioni di disagio economico e sociale, non possono andare a scuola come gli altri, devono lavorare invece che giocare, hanno "amici" che spesso li inducono a fare errori e cose sconsiderate senza valutarne le conseguenze. Quotidianamente questi bambini e questi ragazzi sono esposti ai pericoli della strada, di una vita senza punti di riferimento e alla violenza di chi non ha rispetto della loro purezza e innocenza, tutto ciò permea le loro esperienze e il loro vissuto soggettivo, un vissuto che diventa ogni giorno più difficile da rimuovere.
Questa realtà determina numerose difficoltà che impediscono a questi giovani di accedere a normali percorsi educativi e formativi e minano pesantemente la loro crescita morale e spirituale. Tanto più le condizioni di questi bambini e ragazzi sono precarie e instabili, tanto più essi saranno preda di violenze, abusi, soprusi, ingiustizie e pericoli.
Il processo educativo è, dunque, uno dei principali strumenti attraverso cui arginare questi fenomeni di degrado sociale e ridare una speranza di vita migliore a questi giovani privi di futuro.
Questa è un’esigenza di tutti i tempi, un’esigenza che non fa distinzione di Nazioni, razze, religioni.
Dunque, la costruzione di una società libera e in Pace, nasce proprio da qui.
Questo è ciò che è accaduto a Pompei, dove l’esigenza di educare e formare i giovani si è sentita fin dalla città stessa. E a intuire tutto ciò è stato un avvocato, un laico, poi diventato Beato, che ha fondato una città, un santuario e numerose opere di carità che ancora oggi offrono una casa, l’educazione e l’amore a tanti bambini e ragazzi che provengono da difficili situazioni di disagio economico e sociale. L’artefice di tutto questo è il Beato Bartolo Longo, colui che ha dato vita alla Nuova Pompei.
In oltre cento anni di vita, le Opere Sociali realizzate dal Beato Bartolo Longo hanno accolto, preparato alla vita ed al lavoro, migliaia e migliaia di ragazzi e ragazze: certamente oltre centomila ad iniziare dal 1886.
Il Fondatore del Santuario di Pompei, fin dal 1886, diede vita ad un grandioso progetto di carità indirizzato agli afflitti, agli emarginati e ai poveri del suo tempo. In particolare, la sua opera mirava ad offrire accoglienza, educazione e amore all’infanzia orfana o abbandonata e dunque priva di punti di riferimento familiare per la propria crescita umana e sociale. Allargò in seguito. La sua azione benefica puntando soprattutto ai casi più difficili di allora, quali i figli e le figlie dei detenuti. Così, accanto agli asili sorti nel 1886, gli oratori per il catechismo e alle "Case operaie", del 1887, Bartolo Longo costruì tre Istituti per ospitare i minori disagiati del suo tempo. Nel 1887, vide la luce l’Orfanotrofio Femminile che accolse le fanciulle orfane ed abbandonate, salvaguardandole dai pericoli provenienti dalla loro situazione di miseria materiale e morale. Il Fondatore ne affidò la direzione alle Suore Domenicane "Figlie del Santo Rosario di Pompei". Con lo stesso scopo, Bartolo Longo fondò, nel 1892, l’Ospizio per i figli dei carcerati, affidandone la direzione ai Fratelli delle scuole Cristiane.
Nel 1922, pochi anni prima della sua morte, diede vita a "L’ultimo voto del cuore", come lui stesso lo definì: l’Ospizio per le figlie dei carcerati che affidò alle cure amorevoli delle stesse Suore.
Sempre pronte a cogliere i segnali ed a rispondere alle necessità provenienti dalle fasce deboli della società, negli anni ’60, le opere del Beato cominciarono a subire le prime trasformazioni, resesi necessarie a seguito dell’evolversi della società e dei nuovi bisogni emergenti, così da modificarne la tipologia e il numero di utenti.
Inoltre, per far fronte alle nuove esigenze educative e scongiurare il nascere di forme di emarginazione sociale, alcuni locali dell’Orfanotrofio e dell’Ospizio furono adibiti all’uso scolastico.
I cambiamenti si sono susseguiti nel tempo, in modo continuo e costante, fino ai tempi più recenti, durante i quali, anche a seguito delle norme introdotte in materia, nuove e profonde trasformazioni sono state apportate alle Opere sociali fondate dal Beato, dando vita a strutture in grado di offrire ogni tipo di accoglienza e di supporto indispensabile alle necessità che, di volta in volta, l’emergenza educativa presentava.

L’ideale pedagogico di Bartolo Longo
"Ho già detto che la Carità, nel senso più largo della parola, cioè l’amore, deve essere la base, deve essere la base, il fondamento di ogni sistema pedagogico che voglia pervenire a sicuri e lodevoli risultati; e aggiungo ora, che con l’amore e per l’amore si ottiene educato il fanciullo. Ancorché incorreggibile, o come dicono, delinquente nato. Fategli comprendere che lo amate, perché è sventurato; che lo educate solo perché lo amate; ed egli vi amerà, e per amore si sforzerà di corrispondere alle assidue e amorevoli cure che voi spendete per educarle. E voi troverete nei fatti che la Carità supera tutti i mezzi suggeriti dalla pedagogia e dalle Scienze; e nel campo didattico, come in qualsiasi altro, assicura vittorie certe, grandi e definitive.
Però la carità, come ho provato altre volte, non è nemica della Scienza.
Quindi se io pongo la carità a base dell’Educazione di fanciulli reietti e nati male, non escludo verun ritrovato della scienza e segnatamente della Pedagogia, che è destinata a formar l’Uomo, e quindi è la più ardua com’è la più importante tra le scienze. Ma dico solo che il fondamento di ogni educazione è l’amore cristiano". (Bartolo Longo, "Il Triplice Trionfo della Istituzione a pro dei Figli dei carcerati", Pompei, 1895, pp. 66-67).
Attraverso le parole del Beato Bartolo Longo emerge chiaramente il suo ideale pedagogico, la sua fiducia nell’amore come principio educativo e nella carità come mezzo per arrivare a rendere migliore la vita dei minori in difficoltà che, come tutti, hanno il diritto di crescere circondati dall’affetto e dalle cure di chi si occupa di loro.
Sulle orme di Bartolo Longo
Bartolo Longo si spegne il 5 ottobre del 1926. Da quel giorno tutte le opere realizzate in vita dal Fondatore devono essere portate avanti senza di lui. La società, nel contempo, si va trasformando ed evolvendo e il criterio ispiratore degli interventi sociali deve essere adeguato al processo di modernizzazione.
Nel corso degli anni, dunque, subiscono mutamenti e trasformazioni per essere adattati alle diverse emergenze sociali. Le realtà caritative realizzate dal Fondatore, che sono nate e si sono sviluppate secondo un percorso socio-pedagogico che ha costantemente tenuto fede al suo carisma originario, attraverso la loro storia, raccontano i cambiamenti della società in questi 120 anni.

Le opere sociali oggi
Oggi tutti i progetti di carità realizzati da Bartolo Longo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, hanno subito notevoli trasformazioni, soprattutto a seguito dell’evoluzione legislativa che ha interessato il campo dell’assistenza sia nei confronti dei minori abbandonati o in gravi difficoltà economiche e sociali, che degli orfani.
È a partire dagli anni ’70 che le norme legislative regionali e regionali hanno previsto nuovi assetti organizzativi nel campo educativo e in quello sanitario e sociale. La più grande trasformazione ha riguardato proprio il progetto "Istituto".
Questo tipo di struttura, dotato di un’organizzazione e di un’identità definita, rispondeva all’esigenza di assistere orfani, abbandonati o mentalmente deboli.
Ma ben presto, nonostante ciò, si cominciò a dubitare della sua efficienza, nonché delle gravi perdite economiche che causava allo Stato.
La delibera regionale del 25 giugno del 1992, rifacendosi alla legge n. 698 del dicembre 1975 che trasferiva alle Regioni i poteri di vigilanza e controllo su tutte le istituzioni pubbliche e private di
assistenza ai minori, stabiliva altresì i requisiti organizzativi, strutturali e pedagogici necessari per l’autorizzazione al funzionamento.
Tra le forme di accoglienza, oltre alla comunità di tipo familiare e alla comunità alloggio, era prevista quella dell’istituto educativo-assistenziale con un massimo di 40 posti.
A seguito di questa delibera, nel 1997, l’Orfanotrofio Femminile venne trasformato in "Centro Educativo Beata Vergine del Rosario", suddiviso in diverse comunità di accoglienza, ognuna con una propria autonomia.
Nel 2000, con la legge n. 328, gli Istituti-Comunità scomparvero del tutto e vennero previsti solo "interventi di sostegno per i minori in situazioni di disagio tramite il sostegno al nucleo familiare di origine e l’inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare".
Inoltre la stessa legge prevedeva ancora che "i servizi e le strutture a ciclo residenziale destinati all’accoglienza dei minori devono essere organizzati esclusivamente nella forma di strutture comunitarie di tipo familiare".
Con la legge n. 149 del 2001 è stata poi modificata la disciplina sull’adozione e sull’affidamento dei minori, prevedendo che la comunità di tipo familiare fossero solo abitazioni "di passaggio" per il minore che, al più presto, doveva essere adottato e doveva ritornare, qualora fosse possibile, presso la famiglia di origine.
Infine, entro il 2006, "il ricovero in istituto doveva essere superato mediante affidamento ad una famiglia e, ove ciò non sia possibile, mediante inserimento in una comunità di tipo familiare
caratterizzata da organizzazione e da rapporti interpersonali analoghi a quelli di una famiglia".
Le trasformazioni introdotte dalla vigente normativa in materia non hanno tuttavia intaccato l’eredità longhiana, e i principi di carità e solidarietà del Fondatore in materia di accoglienza e assistenza ai minori in difficoltà, integralmente recepiti, sono stati attualizzati e adeguati alle presenti esigenze sociali.
Attualmente le forme di accoglienza e le relative strutture adeguate allo scopo, gestite e amministrate dal Santuario di Pompei, sono: il Centro "Beata Vergine del Rosario" suddiviso in diverse comunità, ognuna dotata di un regolamento autonomo, e il Centro "Bartolo Longo", suddiviso in "Centro di Accoglienza Oratoriale semiresidenziale" e "Polo Scolastico. Ciascuna di queste strutture si articola, a sua volta, in più interventi rivolti a fasce diverse.
Il Centro Educativo "Beata Vergine del Rosario" racchiude al suo interno la "Casa Emanuel", il Centro Polifunzionale Diurno "Crescere Insieme", il Centro di Ascolto "Myriam", il "Movimento per la Vita e Centro di Aiuto alla Vita", la comunità di tipo familiare "Giardino del Sorriso" e il "Gruppo Appartamento".
Le équipe educative dei nostri centri sono, dunque, impegnate e coinvolte in prima persona accanto ai minori e in stretta collaborazione con i servizi sociali territoriali, valutano i nuovi e possibili ingressi in struttura, elaborano e concordano il progetto educativo individuale, attuando percorsi per potenziare l’autostima e l’autonomia di ciascun minore.
Grande attenzione è rivolta poi alla famiglia di provenienza e pertanto, periodicamente, sono previsti incontri collettivi e colloqui individuali con i genitori.
Le finalità che i Centri Educativi del Santuario si propongono mirano a: dare un concreto aiuto alla famiglia mediante il potenziamento della capacità genitoriali; fornire ai minori un contesto educativo favorevole allo sviluppo della crescita psicofisica; recupero scolastico; favorire la socializzazione fra i minori e l’apertura al contesto del gruppo e della comunità. È prevista periodicamente la consulenza di psicologi, logopedisti e scambi informativi con la scuola.
Lo stile di vita dei nostri centri diurni si caratterizza per un’organizzazione di vita di tipo familiare e lo stesso metodo educativo riprende in pieno i sentimenti di amore e carità del nostro Fondatore.
(da: Il Rosario e la Nuova Pompei - Gennaio/Febbraio 2010)


*Le origini

Le Case dipendenti dal Santuario
Vediamo quali sono le case presso cui lavorano le Suore “Figlie del Santo Rosario di Pompei” e che dipendono direttamente dalla Prelatura di Pompei. Partiamo dal 1887 per giungere ai giorni nostri, con la presenza delle Suore anche nelle comunità parrocchiali.
Il Fondatore del Santuario di Pompei, fin dal 1886, diede vita ad un grandioso progetto di carità indirizzato agli afflitti, agli emarginati e ai poveri del suo tempo. In particolare, la sua opera mirava ad offrire accoglienza, educazione e amore a tutti i bambini e ragazzi orfani o abbandonati che, quindi, non avevano punti di riferimento familiari per la propria crescita umana e sociale. Allargò, in seguito, la sua azione benefica puntando soprattutto in casi più difficili di allora, quali i figli e le figlie dei detenuti. Così, vicino agli asili sorti nel 1886, agli oratori per il catechismo e alle "Case operaie", DEL 1887, Bartolo Longo costruì tre Istituti per ospitare i minori disagiati del suo tempo.
Nel 1887, vide la luce l’Orfanotrofio Femminile che accolse le fanciulle orfane ed abbandonate, salvaguardandole dai pericoli provenienti dalla loro situazione di miseria materiale e morale. Il Fondatore ne affidò la direzione alle Suore Domenicane "Figlie del Santo Rosario di Pompei".
Esempio personale, istruzione, esortazioni, carità, pazienza, tolleranza e fermezza senza durezza, erano i punti di un orientamento educativo che si ispirava ai principi evangelici della pedagogia cristiana.
Con lo stesso scopo, Bartolo Longo fondò, nel 1892, l’Ospizio per i figli dei carcerati, affidandone la direzione ai Fratelli delle Scuole Cristiane.
Nel 1922, pochi anni prima della sua morte, fondò "l’ultimo voto del cuore", come lui stesso lo definì: l’Ospizio per le figlie dei carcerati che affidò alle cure amorevoli delle stesse Suore.
Le prime trasformazioni
Negli anni ’60, l’allora Vescovo di Pompei, Mons. Aurelio Signora, per evitare che le figlie dei carcerati venissero emarginate ed additate come figlie di delinquenti, volle fondere l’Orfanotrofio e l’Ospizio Sacro Cuore, destinando l’uno all’accoglienza delle alunne di Scuola Materna, Scuola Media, Scuola Superiore e Scuola Professionale e l’altro alle bambine della Scuola Elementare e ai maschietti della Scuola Materna. Nel 1966, si operò una divisione anche all’interno dell’Istituto Bartolo Longo. I maschietti della Scuola Elementare, finora affidati ai Fratelli delle Scuole Cristiane, furono trasferiti nei locali dell’IPSI (Istituto per la Specializzazione Industriale), in onore di una benefattrice del Santuario, ed affidati alle cure delle Suore, pensando che, per bambini di così tenera età, esse fossero più adatte a sostituire la figura materna.
Ancora Mons. Signora, nel 1973, inaugurò una struttura per il Seminario, che in seguito, fu in grado di ospitare anche i bambini dell’Istituto "Assunta Ponzo".
Negli anni ’80, i quattro Istituti pompeiani ospitavano complessivamente circa 600 alunni.
In seguito, con l’evolversi della società e i nuovi bisogni emergenti, anche la tipologia e il numero degli utenti cambiarono completamente.
Un nuovo aspetto legislativo
Questa trasformazione impose un’approfondita riflessione. Negli anni ’90, il Santuario promosse corsi di aggiornamento per le educatrici e gli educatori.
In questo stesso periodo anche la legislazione riguardante le strutture per l’accoglienza dei minori cambiò. A seguito di una legge regionale del 1994, che prevedeva strutture con non più di quaranta minori, si decise di ristrutturare l’Orfanotrofio Femminile creando un’alternativa educativa specifica, adeguata ai dettami della nuova legislatura. Nel settembre del 1994, furono così avviati i lavori di ristrutturazione e le alunne dell’Orfanotrofio furono trasferite in parte all’Istituto "Assunta Ponzo", rimanendovi fino all’agosto del 1997, anno in cui fu inaugurata la nuova struttura.
La stessa denominazione "Orfanotrofio Femminile" fu trasformata in Centro Educativo "Beata Vergine del Rosario", strutturata in quattro comunità autonome: comunità "Angeli custodi" che accoglieva bambini e bambine di scuola materna; comunità "Marianna De Fusco" per l’accoglienza di ragazze di scuola superiore; comunità "Nuova Eva" e comunità "Arcobaleno" per le ospiti di Scuola Media e Scuola Elementare.
Anche gli altri Istituti cambiano denominazione, l’Istituto "Sacro Cuore" divenne Centro Educativo "Sacro Cuore" con, all’interno, tre comunità femminili di Scuola Elementare: comunità "Santa Maria Goretti", comunità "Nazareth", comunità "Santa Teresa del Bambin Gesù".
L’Istituto !Assunta Ponzo" divenne Centro Educativo "Assunta Ponzo", con tre comunità maschili di Scuola Elementare: comunità "Shalom", comunità "Simpatia" e comunità "Nuovi orizzonti".
Anche l’Istituto "Bartolo Longo" divenne Centro Educativo "Bartolo Longo", con quattro comunità maschili di Scuola Medi9a e Istituto Professionale: comunità "San Giuseppe", comunità "Sacra Famiglia", comunità "Angeli Custodi" comunità "San Domenico",
Nello stesso anno, 1997, il Centro Educativo "Assunta Ponzo" fu trasferito presso il Centro Educativo "Sacro Cuore" le cui ospiti vennero progressivamente trasferite presso le comunità
del Centro Educativo "Beata Vergine del Rosario".
Verso la chiusura degli Istituti
Nell’anno scolastico 2000/2001 il calo numerico degli ospiti dei diversi centri fu notevole. Nel 2000, infatti, la legge quadro 328/2000 per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, prevedeva "… interventi di sostegno per i minori in situazione di disagio tramite il sostegno nucleo familiare di origine e l’inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare e per la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza".
Inoltre, per favorire la deistituzionalizzazione, la medesima legge prevedeva la chiusura degli Istituti entro il 31 dicembre 2006 e la trasformazione dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale nella forma di strutture comunitarie di tipo familiare.
Nasceva così l’esigenza di avviare un percorso di evoluzione e trasformazione dei Centri Educativi del Santuario sia come risposta agli ultimi interventi legislativi sia come bisogno di compiere quel salto ideologico che portava al superamento definitivo della logica dell’Istituto, prevista anche dalla legge 149/2001, recante modifiche alla precedente legge (184/83) sull’adozione e affidamento dei minori.
Far mutare nuove iniziative significava dare alle opere del Beato Bartolo Longo continuità nel tempo, adeguandole ai continui mutamenti del contesto sociale e culturale. È esperienza condivisa che, l’inserimento di un bambino in una comunità di tipo familiare, piuttosto che in una grande struttura, abbia degli esiti positivi sul suo sviluppo psico-affettivo.
Nasceva così, il 6 novembre 2000, la Comunità di tipo familiare "Giardino del Sorriso", che ha avuto come prima sede il Villino Squillante, ubicato in via Plinio. Successivamente, il 30 ottobre del 2003, la comunità fu trasferita in via Arpaia, luogo dove ebbe inizio la missione del Beato.
L’impegno continua
L’opera del Beato Bartolo Longo in favore dei bisognosi continua ancora oggi, pur cambiando nelle forme e ampliando il numero dei destinatari. I poveri, di ogni genere, età e condizione sociale, accolti qui a Pompei sono le vere stelle che circondano la Vergine del Rosario.
Le realtà caritative pompeiane si sono, infatti, trasformate nel tempo, adeguandosi alle esigenze dell’infanzia e all’evoluzione del sistema normativo che le regola, ma, anche, per offrire risposte adeguate alle nuove povertà e alle nuove emergenze sociali. Sono nate, dunque, affiancandosi a quelle esistenti, nuove case di accoglienza che, assumendo sempre più la veste di veri e propri nuclei familiari, hanno dato alle opere costruite in origine da Bartolo Longo continuità nel tempo, adeguandole ai continui mutamenti del contesto sociale e culturale.
Attualmente sono operativi due centri diurni, "Crescere Insieme" e "Bartolo Longo", che grazie all’impegno delle Suore Domenicane Figlie del santo Rosario di Pompei, fondate dallo stesso Longo, e ai Fratelli delle scuole Cristiane di San Giovanni Battista de la Salle, accolgono in semiconvitto circa 200 ragazze e ragazzi, tra i 6 e i 18 anni, offrendo loro non solo cibo ed istruzione, ma attività quali doposcuola, musica, ceramica, sporto, teatro, danza.
Nella "Casa Emanuel" vengono accolte ragazze madri, donne sfuggite a situazioni di violenza familiare e donne immigrate. Molto attivo anche l’ambulatorio materno infantile per famiglie disagiate, gestito dalla Confraternita di Misericordia, che offre visite mediche gratuite.
Il Centro di Aiuto alla Vita e Movimento per la Vita operano a tutela della maternità e
dell’accoglienza della vita, assistono e sostengono i sofferenti e difendono la vita umana sin dal suo concepimento e in tutto l’arco del suo sviluppo fino alla morte naturale.
Il Consultorio Familiare "San Giuseppe Moscati" è un vero e proprio laboratorio di formazione, prevenzione e servizio di consulenza a tutela e sostegno della famiglia e della persona, dal concepimento al tramonto naturale della vita.
Nelle ex case operaie, poi, ha preso vita il Centro per il bambino e la famiglia "Giovanni Paolo II", con le case-famiglia: "Oasi Vergine del Sorriso", dove si accolgono in particolare i minori, e "Maria, Madre della Provvidenza" per dare aiuto a donne e adolescenti affidate alla "Fraternità di Emmaus". La terza: "Maria, Madre di Misericordia", è gestita dalla Comunità Papa Giovanni XXIII, mentre la Comunità "Chiara Luce" che ospita minori con gravi disabilità, è affidata alla Fondazione "Giuseppe Ferraro onlus".
Infine, sono attive la "Comunità Incontro" per il recupero dei tossicodipendenti e, grazie alla collaborazione con il Sovrano Militare Ordine di Malta, una mensa per i poveri che assicura circa 200 pasti ai poveri della città, ma anche ai tanti che vengono dai comuni vicini.
(Autore: Mons. Salvatore Acampora – Delegato e Responsabile dell’Accoglienza del Santuario di Pompei)

Il Convegno delle Opere, occasione di confronto per continuare sulla via del bene e della carità
di Marida D'Amora

Il 7 settembre, nella sede pompeiana della Comunità Incontro, si è tenuto l'incontro annuale di operatori, volontari e religiosi che lavorano ogni giorno portando avanti il carisma del Beato Bartolo Longo. La relazione è stata affidata a don Giuseppe Esposito, parroco del "Santissimo Salvatore" e studioso della figura del Fondatore. L'Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, ha presieduto i lavori.
Persone, parole, immagini e luoghi per raccontare tutta la ricchezza umana e spirituale delle Opere di Carità fondate dal Beato Bartolo Longo.
Un incontro, quello del 7 settembre, che ha messo insieme responsabili, operatori, volontari e religiosi che vivono l’impegno di solidarietà volto a cambiare la prospettiva di vita di chi vive nel disagio e non vede
speranza nel futuro. Quello scelto per la mattinata di riflessione e di confronto è stato un luogo simbolo: la sede della Comunità Incontro, la struttura per il recupero di chi vive il dramma della dipendenza dalla droga che, il 12 agosto 2004, don Pierino Gelmini avviò nella Fattoria concessa dal Santuario mariano. «Questo incontro – ha detto monsignor Tommaso Caputo, Arcivescovo di Pompei – è un prezioso motivo di crescita per la nostra Chiesa e per tutti voi che ogni giorno operate per il bene del prossimo meno fortunato». Le Opere di carità di Pompei, infatti, continuano a portare avanti il carisma del Fondatore Bartolo Longo e si aggiornano, anno per anno, nel comprendere e nell’affrontare le emergenze nuove che coinvolgono gli uomini del nostro tempo.
E proprio di quel carisma, dopo il saluto introduttivo di monsignor Salvatore Acampora, responsabile delle Opere, ha parlato il relatore, don Giuseppe Esposito, parroco del "Santissimo Salvatore" e studioso della figura del Fondatore, cui ha dedicato alcune pubblicazioni. «Longo – ha spiegato il sacerdote – era stato istruito spiritualmente da san Ludovico da Casoria e, come quest’ultimo, propugnava una carità attiva: non un semplice filantropismo,
Il Convegno delle Opere, occasione di confronto per continuare sulla via del bene e della carità
Il 7 settembre, nella sede pompeiana della Comunità Incontro, si è tenuto l'incontro annuale di operatori, volontari e religiosi che lavorano ogni giorno portando avanti il carisma del Beato Bartolo Longo. La relazione è stata affidata a don Giuseppe Esposito, parroco del "Santissimo Salvatore" e studioso della figura del Fondatore. L'Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, ha presieduto i lavori. non una semplice serie di atti per far del bene sic et simpliciter, ma un vero e proprio modo di pensare e dunque di operare nel mondo. E ciò non solo riguardo al mondo degli adulti, ma forse e soprattutto verso l’infanzia e l’adolescenza, periodi della vita delicatissimi e maggiormente esposti a traumi». Non solo dunque rendeva concreta la carità, ma la insegnava perché potesse trasmettersi nel tempo. Don Esposito ha ricordato, poi, la premurosa opera delle Suore domenicane "Figlie del Santo Rosario di Pompei", la cui congregazione fu fondata dallo stesso Longo, e ha descritto il metodo educativo utilizzato. Era racchiuso in tre parole: preghiera, studio, lavoro. «Questo – ha concluso il sacerdote – è il carisma longhiano: amore per il prossimo senza scadere nel sentimentalismo fine a se stesso, slancio e fermezza nel raggiungere gli obbiettivi prefissati senza lasciare nessuno indietro o nel rancore». Sono le direttrici ancora oggi seguite a Pompei e lo evidenziano le testimonianze intervenute dopo la relazione e i racconti commossi e grati di chi è stato accolto nei Centri educativi per i bambini e i giovani "Bartolo Longo" e "Beata Vergine" o nelle Case famiglia del Centro "Giovanni Paolo II", di chi ha trovato ascolto al Consultorio familiare o al Centro di aiuto alla vita, di chi è uscito dal dramma della dipendenza dalla droga, di chi ha trovato un pasto caldo alla Mensa per i poveri "Papa Francesco", di chi ha potuto sottoporsi ad una visita negli studi medici pediatrico e materno-infantile, di chi si è formato al lavoro grazie ai laboratori del progetto "Un mestiere per il futuro". «Questo incontro – ha concluso monsignor Tommaso Caputo, Arcivescovo di Pompei, che qualche anno fa pensò a quest’appuntamento annuale perché gli operatori delle Opere potessero confrontarsi, sostenendosi a vicenda – è stato ancora una volta un prezioso motivo di crescita per la nostra Chiesa e per tutti voi che ogni giorno operate per il bene del prossimo meno fortunato».

Storie di quotidiana rinascita nelle case famiglia

«Il servizio civile è entrato nella mia vita allo stesso modo in cui un ospite entra in casa tua quando non hai il tempo per accoglierlo. Mentre mi affannavo a cercare la mia strada, è arrivato lui chiedendomi di fermarmi! È lui che mi ha scelta!». A parlare così è Sara, 24 anni, che sta svolgendo il Servizio Civile nella Casa "Santa Maria del Cammino" del Centro Giovanni Paolo II del Santuario, che ne ospita nel complesso cinque. «Il mio primo pensiero, però – ha continuato Sara - è andato all’arricchimento materiale di questa esperienza: portafogli più pieno, curriculum più ricco.
E l’ho pensato con l’avidità di chi vuole agguantare e non gustare. Poi, tutte le mie convinzioni sono andate in frantumi e mi sono fermata davvero, mi sono fermata negli occhi di Cocò, mi sono fermata davanti ai silenzi di Stefano, mi sono fermata a contemplare la felicità, a prendere una boccata di vita». Ora ha quasi terminato il suo percorso e, facendo un bilancio della sua esperienza, ci ha raccontato che, per lei, il Servizio Civile è stato un anno di grazia in cui ha capito alcune cose fondamentali, ovvero che "Sara non è il centro dell’universo, Sara non possiede la verità, che un sorriso può salvare tutti in tutte le circostanze, che la verità senza carità non è verità, che ognuno è unico e speciale, che nessuna vita è inutile e che solo vivere in comunione ti dona una vita piena". Sara ha assaporato ogni attimo di questa esperienza, lasciandosi illuminare dai sorrisi di chi è stato accolto, dall’amore di chi accoglie.
E lo stesso accade a chi bussa alla porta accanto, e all’altra ancora, e in tutte le case del Centro Giovanni Paolo II. Ognuna spalanca le porte alla solidarietà e, insieme, ogni giorno, portano avanti progetti e iniziative che coinvolgono tutti, come il laboratorio creativo dedicato ai bambini o l’ergoterapia che ha dato vita all’orticello "Giovanni Paolo II". Sono state tante le accoglienze in questo 2019 e molti i "lieto fine". Come la storia di C. che, dopo un anno e mezzo in Casa "Chiara Luce", è potuto finalmente ritornare dalla sua mamma, o quella di D., di circa un
anno e mezzo, arrivata piccolissima nella casa "Oasi Vergine del Sorriso", e che ha finalmente trovato una famiglia adottiva. Ora, in casa sono stati accolti P. e B. due fratellini di 2 e 4 anni. Da qualche settimana, anche la Casa "Chiara Luce" ha accolto tre fratellini di 10, 6 e 4 anni. La loro è una storia di violenza familiare e di profondo disagio sociale. In casa c’è anche S., una ragazzina di 12 anni che si trova lì da circa un anno, sottratta ad un nucleo familiare coinvolto nello spaccio di stupefacenti e, poi, Rosy e Leo, una coppia di coniugi che, dal 1999, accoglie bambini in affido e offre ospitalità a chi, per brevi periodi, ha bisogno di un tetto sotto cui rifugiarsi e trovare conforto. Anche la Casa "Maria Madre della Provvidenza" ha accolto due bimbi molto piccoli e la Casa "Maria, Madre di Misericordia" continua, ogni giorno, ad accogliere chi è nel bisogno.  Le case del Centro Giovanni Paolo II non sono, dunque, solo luoghi di passaggio e accoglienza, ma storie di mamme, bambini, donne sole, immigrati, operatori e volontari che hanno intrecciato le loro vite tra le mura del Centro. Sono storie che aiutano a fare memoria del passato e a riprogettare continuamente il futuro. Ognuna di esse è unica e speciale, e spiega, nel profondo, il percorso che ciascuno compie all’interno della Casa in cui è accolto.


*1954 Centro Educativo "Beata Vergine del Rosario" (Pompei - NA)
Suore Domenicane Centro Educativo Beata Vergine - Piazza Bartolo Longo, 1 - 80045 Pompei (NA) "Campania" tel. 081/8577404 - 401 - 402 - 405
e-mail: cobverginepompei@libero.it
Fondazione:L'Opera fu inaugurata il 7 maggio 1887, sorgeva accanto al Santuario, venne poi trasformata in un nuovo edificio inaugurato nel 1954. Ora denominata "Centro Educativo B. Vergine del Rosario", è stata completamente rinnovata ed adeguata alle esigenze moderne.
"Centro Educativo Bartolo Longo". Le suore iniziarono il loro lavoro tra i giovani dell'Istituto il 25 gennaio del 1961

La Prima Opera
Il Centenario dell'Orfanotrofio femminile di Pompei
La storia dei primi anni della vita dell'Istituto. Pompei si apre al binomio: Fede e Carità
Le prime Orfanelle.

Anno dopo anno, la catena delle Opere Pompeiane, strenuamente volute e sostenute dai coniugi Longo, contro tutte le avversioni e prevenzioni anticlericali di quei tempi, ha già cento anelli.
Il primo anello della istituzione dell’Orfanotrofio, porta la data dell’8 maggio 1887, ed il Beato Bartolo Longo scriveva: "… nel mese delle rose e dei fiori ebbe principio l’opera salvatrice di anime innocenti abbandonate, delle povere orfanelle, cioè d’ogni parte d’Italia, sorse l’Orfanotrofio della Vergine di Pompei". (Arch. B. Longo, Bozze di stampa. Fasc. n° 33).
Con questa istituzione i coniugi Longo intendevano raccogliere attorno al trono della Madonna, una schiera di fanciulle innocenti ed infelici, affinché trovassero quella protezione che il mondo gli negava, in tal modo ben si addiceva a don Bartolo quanto sta scritto nel Salmo 9: "A te furono lasciati in retaggio i poveri; tu sarai il soccorritore degli orfanelli".
Nel programma delle feste del 1887, faceva presente che una città cominciava veramente ad esistere quando oltre la Chiesa, e tutte le opere necessarie alla vita civile, vi prospera la beneficenza: "Una beneficenza che raccogliendo chi era privo di vitto e di dimora, fosse come il
germe della salutare carità cristiana, Preghiera, Lavoro, Carità, ecco le tre forze vivificatrici della città; e poiché le due prime vibrano costanti nella rinata Pompei, era uopo che anche la terza facesse sentire i suoi dolcissimi effetti" (Calend. Sant. Di Pompei, 1896, p. 98).
Le origini dell’Orfanotrofio, risalgono come innanzi detto, al lontano 1887, giorno della Incoronazione della Vergine del SS. Rosario, ed in quel giorno venne accolta anche la prima orfanella, Maria, una veneziana.
Successivamente ne furono accolte altre quattro: Caterina da Napoli, Stella da Nola, Agnese da Boscoreale, Maria da Scafati.
Il giorno 2 ottobre 1887, giorno della recita della Supplica, le orfanelle erano già 15 e di esse cinque fecero la prima comunione. Crebbero di Anno in anno e nel 1891 fu ricoverata una bambina di tre anni, Luca Palma, nata nelle carceri di Potenza il 26 marzo 1888 da ignoti genitori.
Sin dalla fondazione dell’Orfanotrofio, consigliata ai Fondatori anche dal Servo di Dio P. Giuseppe M. Leone, Redentorista, insieme alle orfanelle furono ricoverate anche le figlie di carcerati, infatti, alcune furono ammesse sin dal 1891; la prima fu Margherita Tedesco.
Bartolo Longo su Il Rosario e la Nuova Pompei portava a conoscenza dei benefattori tutto di questa nuova istituzione, che non aveva rendita alcuna e sovvenzioni né da Municipi, né da Province, né da Ministeri, ma solo la carità quotidiana e privata degli Associati.
Il sostegno materiale non venne mai meno sia da personalità religiose e laiche, sia da moltissimi ignoti benefattori, e non solo in denaro, ma tutto quello che era necessario al mantenimento dell’Opera. Anche numerosi medici e clinici illustri offrirono la loro opera; così anche farmacisti e droghieri non furono da meno. L’Avvocato commentava questa continua disponibilità come il "miracolo quotidiano della carità".
Le spese che si sostenevano per l’Orfanotrofio erano ingenti, e Bartolo Longo non mancava di annotare e registrare tutto con severa scrupolosità. Nel Calendario del 1894, pubblicazione iniziata nel 1889, Bartolo Longo scriveva: "…hanno il pasto tre volte al giorno! E ciò che è più meraviglioso, nel corso di sette anni non vi fu mai un sol giorno, in cui ad esse fosse mancato non il pane, ma la minestra, anzi la colazione tanto necessaria nell’età infantile".
Il primo edificio
Nel novembre 1886, Bartolo Longo aveva istituito due Asili Infantili per bambini e bambine pompeiani ed aveva costruito accanto al Santuario due corridoi con vaste sale atte a tale uso. Su queste due sale e su questi due corridoi, nel novembre 1887 fece costruire un piano superiore destinato ad accogliere le prime orfanelle. La prima sala capace di accoglierne 15 venne inaugurata nell’ottobre del 1887. Nel 1889, l’Avvocato annunziò di aver comprato a caro prezzo un suolo confinante con l’Orfanotrofio per fabbricare nuove sale con cucina, lavanderia, forni, spanditoi, vaccheria, giardini d’infanzia ed altro. Nello stesso anno, a beneficio di questa nuova istituzione, il barone Francesco Compagna di Corigliano Calabro, offrì per le orfanelle lire ventimila, ed il 5 maggio dell’anno successivo venne inaugurata la nuova sala denominata "Sala Compagna".
Nel 1891 per il numero sempre crescente delle orfanelle, le sale degli Asili e le Scuole delle fanciulle pompeiane (aperte nel 1886) furono occupate dalle orfanelle, e nuove Scuole femminili e nuovi Asili infantili furono in seguito costruiti ed inaugurati il 29 maggio 1892, giorno della prima festa civile dei figli dei carcerati; in quel giorno venne pure inaugurato un grande refettorio con annessa cucina per le orfanelle.
Bartolo Longo in questa sua febbrile attività non aveva tralasciato la cura della salute delle sue ricoverate, e fece costruire sul lato occidentale dell’Istituto una lunga sala per uso infermeria, cosa indispensabile ad ogni comunità. Senonché, allora, fanciulle inferme non ve ne erano, mentre continuavano a pervenire nuove domande di ammissione. Avvenne pertanto che anche questa sala d’infermeria fu presto invasa da un buon numero di orfanelle, che il Beato non ebbe il cuore di respingere. L’infermeria, fu costruita sul lato meridionale, sul braccio inaugurato nel maggio 1892, in una vasta e grande sala.
Al fine di evitare le speculazioni che si andavano facendo sull’Orfanotrofio e sulle fanciulle, Bartolo Longo diramava frequenti avvisi ai fedeli, a diffidare da persone poco oneste, che si qualificavano collettori a nome del Santuario di Pompei per la raccolta di offerte a pro delle orfanelle e dell’Orfanotrofio.
Non tralasciò di chiedere alla Società Italiana per le Strade Ferrate del Mediterraneo, che allora gestiva le Ferrovie, le concessioni di viaggio ferroviario per i suoi istituti, cosa che gli venne concessa.
La nuova Istituzione fu oggetto di visite da parte dei numerosi personaggi dell’epoca: reali, prelati della chiesa romana, capi di governo, ministri, parlamentari, studiosi. Tra le tante visite non può essere dimenticata quella che fece il 22 giugno 1887, il più grande missionario dell’Africa, il Cardinale Massaia.
Il nuovo edificio
La continua richiesta di ammissioni non è venuta mai meno neanche dopo la morte del Fondatore (1926) e nei decenni che sono seguiti. Nuove situazioni sociali: separazioni di coniugi, abbandono di minori, resero necessaria la costruzione di un nuovo edificio realizzata dal Prelato del tempo, Mons. Roberto Ronca. La posa della prima pietra avvenne il 16 aprile 1951 e la costruzione fu ultimata solo nel 1954. L’inaugurazione fu presieduta dal Cardinale Adeodato Piazza e il passaggio delle orfanelle dal vecchio al nuovo Istituto avvenne nel giorno della festa di Cristo Re, il 31 ottobre 1954.
Bartolo Longo aveva certamente un innato senso organizzativo; ogni suo atto, ogni sua Opera, erano destinati a rimanere memorabili. Volendo assicurare vita lunga all’Orfanotrofio diceva: "A che debbo affidare le mie orfanelle del Rosario di Pompei? Dovendo io morire, debbo lasciare chi mi succeda nell’opera di educazione delle orfanelle", e per questo motivo fondò una Congregazione di Suore con la Regola del Terzo Ordine di San Domenico. Esse da allora hanno provveduto con grande abnegazione alla istruzione, educazione e cura del corpo e dell’anima delle orfanelle.
La carità è amore.
Non possiamo alla fine di questo primo secolo di vita e all’inizio del secondo, dimenticare gli innumerevoli benefattori che nel tempo hanno reso possibile, con le loro premure ed offerte, ad alcune migliaia di ragazze di poter aspirare ad una vita dignitosa. Ad essi il grazie della Famiglia Pompeiana e quello particolare delle orfanelle.
Auguriamo infine, all’inizio di questo secondo secolo di vita, che la protezione della Vergine Santissima, unita a quella del Beato Fondatore possa far fruttificare ogni bene possibile non solo alle assistite ma anche a tutti quelli che collaborano a questa istituzione provvidenziale.
(Autore: Aniello Cicalese) "Da il Rosario e la Nuova Pompei di genn. – febbr. del 1987"


Fondazione del Centro Educativo "Beata Vergine del Rosario"

Dall’Agenda dell’Anno 1987 per il Centenario dell’Orfanotrofio Femminile 1887-1987
L’orfanotrofio femminile della Beata Vergine del Rosario. Storia dell’edificio

Nel novembre 1886 l’Avv. Bartolo Longo istituì due Asili infantili, per bambini e bambine pompeiani, e costruì accanto al Santuario due corridoi con sale vaste, aerate ed adatte allo scopo.
Su queste sale e su questi corridoi fu nel 1887 costruito un piano superiore destinato ad accogliere le prime orfanelle.
La prima sala, capace di 15 fanciulle, venne inaugurata il giorno della festa del Rosario, nell’Ottobre di quel medesimo anno 1887.
Crescendo intanto ogni giorno il numero delle ricoverate, si cominciò ad ampliare d’un piano dopo l’altro il vasto fabbricato.
E nel 1889 avendo il Barone Francesco Compagna, Senatore del Regno e Gentiluomo di S. M. la Regina, offerto per una grazia ricevuta, la generosa somma di lire 20.000 a beneficio delle orfanelle, pensammo di costruire una seconda camerata per altre 15 fanciulle orfane e derelitte.
Così nelle feste del maggio 1890 la nuova camerata venne solennemente inaugurata ammettendovisi non già 15, ma 20 bambine: e così, a serbare perenne la memoria del magnanimo Gentiluomo, fu questa nuova sala chiamata dal nome di un suo figliuolo defunto, “Sala Gerardo Compagna”.
Nel medesimo anno 1890 sul fronte meridionale dell’orfanotrofio venne costruito ed inaugurato l’Osservatorio Meteorologico Vulcanologico.
Nel 1891 le orfanelle crescevano sempre più di numero; e, non potendo più contenerle il
fabbricato già fatto, né volendosi, per difetto di luogo, lasciar morire di fame tante altre povere bambine orfanelle che domandavano ricovero, si determinò di occupare le sale degli Asili e le Scuole delle fanciulle pompeiane, già aperte nel 1886.
Così le orfanelle, cresciute di numero, occuparono tutte le sale, anche quelle già ordinate per gli Asili; e l’Avv. Longo fu costretto ad edificare nuove sale per le Scuole femminili e per Asili infantili.
Queste nuove Scuole femminili e nuovi Asili infantili vennero inaugurati il giorno memorabile del 29 Maggio dell’anno 1892, con la prima festa civile per i Figli dei Carcerati: e fu in quel giorno aperta eziando (anche) la grande cucina e il gran refettorio delle Orfanelle.
Non si era mancato poi di costruire sul lato  che guarda l’Occidente, una lunga sala per uso di Infermeria, indispensabile ad ogni comunità.
Sennonchè  fanciulle inferme allora non ve n’erano, e intanto continuavano a venire nuove domande per nuove ammissioni.
Avvenne perciò che anche questa sala d’infermeria fu tosto invasa da un buon numero di orfanelle che non si ebbe cuore di respingere.
Ma intanto l’infermeria è indispensabile in un grande Istituto: ed ecco costruita come per incanto una vasta e bellissima infermeria sul lato meridionale, e propriamente sul braccio unaugurato nel Maggio 1892 per uso di Scuole e di Asili Infantili.
La nuova costruzione per l’infermeria delle orfanelle venne inaugurata nell’ultima domenica di Maggio del 1893, in quel giorno della Festa Civile, in cui si inaugurò il provvisorio Ospizio Educativo Bartolo Longo per accogliere la prima schiera dei figli dei carcerati.
Finalmente nell’ultima Domenica di Maggio del 1884, giorno faustissimo in cui furono solennemente aperte ancora due nuove sale dell’Ospizio Educativo Bartolo Longo, e furono presentate ai numerosissimi intervenuti  40 Figli di Carcerati, si inaugurava un nuovo braccio dell’Orfanotrofio Femminile.
Così rapidamente venivasi ampliando, all’ombra dello splendido Santuario della Vergine , l’Edificio grandioso, ove acerbissimi dolori sono confortati e dove trovano sicuro, mercè la carità grande di questo nostro secolo, le fanciulle più misere e più sventurate.
Bartolo Longo racconta
L’orfanotrofio femminile della Beata Vergine del Rosario. Scopo dell’Istituzione
Nell’interno del monumentale Santuario della Vergine del Rosario in Valle di Pompei, e propriamente a sinistra di chi entra nel Tempio, sorge un’Orfanotrofio femminile, fondato dal Comm. Avv. Bartolo Longo e dalla Contessa Marianna De Fusco, sua consorte.
Esso toglie il titolo alla Vergine del Rosario di Pompei e raccoglie gratuitamente le bambine orfane di ambo i genitori, povere ed abbandonate, dall’età di quattro anni a sei anni, di ogni parte d’Italia e dell’Estero, le quali diseredate dal bacio materno e dalla materna cura e sorveglianza, vanno per le pubbliche vie, esposte ai pericoli e alle seduzioni del vizio.
La origine di esso rimonta al giorno indimenticabile dell’8 Maggio 1887, in cui la taumaturga Vergine del Rosario, incoronata, entrò trionfalmente nel suo tempio a prendere possesso della sua Casa di elezione; e venne così elevata sopra il Trono monumentale formato di bronzi, di oro e di marmi preziosi eretto a lei dall’amore ardente di migliaia e migliaia di figli suoi sparsi per il mondo.
In memoria di quel giorno, che segnò la data del risorgimento della Nuova Pompei, fu pensiero dei Fondatori innalzare accanto al monumento della Fede un monumento della Carità che rendesse testimonianza della carità cristiana del secolo XIX, ispirata dalla Vergine e messa in atto in questa Valle di benedizione.
Ebbero anche i Fondatori quest’altro intendimento: circondare il Trono di Colei, che la Chiesa invoca Madre intemerata e Madre di Misericordia, di una schiera di fanciulle innocenti e infelici, come in un serto vivente di rose e di gigli, le quali sotto il manto della vergine di Pompei trovassero quella protezione e quella salvezza  che a loro nega il mondo.
Essi vollero pure che le schiere d’innocenti ed abbandonate fanciulle qui raccolte e difese da ogni pericolo e da ogni bisogno, formassero la Corte eletta della Regina delle Vittorie; e mattina e sera la onorassero ed invocassero col dolcissimo saluto dell’Angelo, intrecciando ai suoi piedi corone di mistiche rose, e pregando per i loro benefattori.
L’apertura dell’Opera ad una nuova emergenza sociale: le figlie dei divorziati
Le Opere annesse al Santuario di Pompei sono una conferma della validità ed attualità del carisma del suo Beato Fondatore.
Il messaggio di Bartolo Longo non è disincarnato dalla storia né avulso dalle miserie della città terrena, ma raggiunge l’umanità nel suo dolore per asciugarne le lacrime e caricarsi delle sue pene. Un cristianesimo che non entrasse nel vissuto quotidiano dell’uomo per condividerne le sofferenze rimarrebbe senza incidenza e sarebbe condannato alla sterilità.
Gli scritti del Beato sono una sorgente di luce e ci aiutano a scoprire la carità che divampa nel suo cuore: “O fratelli e sorelle! Per cinquant’anni e più… io non mi sono mai stancato di pregare per ogni dolore, per ogni affanno, per ogni calamità.
Era la preghiera di un povero peccatore, è vero, ma era pure un desiderio sincero, una brama ardente dell’altrui consolazione… confidando nell’onnipotenza di Dio e nell’intercessione della sua Madre divina” (Dal Testamento spirituale).
Ma cogliamolo nel suo primo ripensamento dopo gli errori giovanili: “ Per riparare al mal fatto in quel periodo di pregiudizi e di lotte anticlericali… sentivo una brama, che era un’angoscia, uno spasimo, di agitarmi, di lavorare, soprattutto di scrivere, per promuovere il Regno di Dio”.
E per scrivere bene tornò a scuola.  Confortato dal consiglio dell’abate Vito Fornari, e da lui introdotto, si rivolse alle menti più elette che illuminarono Napoli nella seconda metà dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, il Card. Alfonso Capecelatro, il Card. Giuseppe Prisco, il Prof. Leopoldo Rodinò.
Dieci anni di apprendistato dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza. Era però ben lungi dal prevedere che tutto questo sarebbe stato base per creare a  Pompei un monumento di amore alla Regina dell’amore.
Ma a destargli nell’animo l’imperativo del “caritas Christi urget nos”  furono i santi del tempo, il Padre Ribera, redentorista, il Padre Radente, domenicano, il Padre Melecrinis, gesuita e in modo particolare, il Padre Ludovico da Casoria, il “San Francesco redivivo” che riempiva  di fuoco la città di Napoli, Bartolo Longo accompagnato dal marchese Imperiali lo vide per la prima volta nella cappella delle fanciulle more al Tondo di Capodimonte e restò folgorato dal suo sguardo, dalla sua figura ascetica, dal suo tratto squisito e decise da quel momento di averlo come maestro e guida per i suoi progetti di apostolato a Pompei.
Dopo la sua morte scriverà “… quest’uomo straordinario, questo povero che ha beneficato più di qualunque ricco… quest’uomo di Dio che ritraeva nella sua mente Francesco d’Assisi, e nel suo cuore Vincenzo de’ Paoli, appartiene alla storia di Valle di Pompei, poiché egli è stato il nostro Maestro nella carità quale è richiesta dai tempi nuovi, cioè dalla beneficenza educatrice”.
Padre Ludovico non vide le Opere di Pompei, morì due anni prima della fondazione dell’Orfanotrofio, ma guidò i primi passi di Bartolo Longo nella valle di Maria, e dal cielo continuò ad assisterlo e a ricordargli: “La carità, oh! Quanto è bella la carità verso i fanciulli poveri”.
Il 7 maggio del 1987 segna cento anni da quando la prima orfanella, la veneziana Maria, venne a Pompei. Quanto cammino ha fatto da allora questa prima “creatura” di Bartolo Longo!
Le prime orfanelle conseguivano il diploma di scuola elementare (non era poco allora): poi si preparavano alla vita completando la loro formazione con un buon corredo di cognizioni e di virtù che dovevano fare di loro delle buone madri di famiglia.
Vennero in seguito la scuola media, la media superiore, e oggi, a quelle che lo desiderano, di accedere alla scuola statale per altri indirizzi di studio. Opportunamente conseguivano il diploma di stenodattilografia, di musica e non mancavano corsi di taglio, cucito e ricamo.
Gli Istituti pompeiani, secondo la mente del Fondatore, hanno sempre ospitato orfani della natura a della legge.
Negli ultimi anni, tuttavia, nuove emergenze sociali hanno “ imposto” l’apertura ad un’altra categoria di emarginati: i figli dei divorziati.
Il divorzio, infatti, ha creato una terza categoria di orfani, la più infelice e la meno reclamizzata.
Li chiamano “orfani bianchi” e sono le vittime dell’egoismo di chi mai avrebbe dovuto privare i propri figli del calore della famiglia. Alla morte ci si rassegna, al carcere di può dare una giustificazione, ma nessuna motivazione può giustificare l’abbandono dei figli.
“L’urto emotivo dei figli dei divorziati è molto più violento di quello che nel fisico procura la paralisi”(Kenneth Johnson).
Essi soffrono più di un orfano, si sentono messi da parte, dimenticati e traditi. Il loro equilibrio psichico può essere turbato per sempre.
Questa categoria di emarginati il Santuario di Pompei, interpretando il pensiero del Fondatore, ha accolto negli ultimi anni. Essi sono circa il 30° delle presenze  nei nostri Istituti (1987).
Ě stato certamente Bartolo Longo ad ispirare un gesto così lungimirante, perché lui dal cielo, presso il trono della regina delle Vittorie, continua a vegliare, amare, e proteggere le sue Istituzioni.
Lo aveva promesso solennemente agli associati, prima di morire: “Vada la vostra preghiera per le mie sofferenze, per i bisogni dell’anima mia; vadano le vostro nobili oblazioni per il popolo dei miei figliuoli, per quelli che ora vedo e benedico, per tutti quelli che verranno un giorno e che io amerò con più perfetto amore, quando si saranno chiusi questi occhi mortali” (Dal Testamento Spirituale.
(Raffaele Matrone)
Le Opere di beneficenza sono la prima attuazione della Pace universale
(Il commento di Bartolo Longo a quasi 15 anni dall’inaugurazione dell’Orfanotrofio femminile)
Oltre del Tempio Pompeiano, che nella sua origine, nella sua edificazione, nel suo dilatarsi, nei suoi effetti Educatrice, che gli fanno corona, come altrettanti raggi luminosi di uno splendidissimo centro, sono l’espressione di una concordia e di una Pace universale.
L’Orfanotrofio delle fanciulle povere ed abbandonate si appoggia materialmente e moralmente al mondiale Santuario della Vergine di Pompei da cui piglia il nome; ed accoglie orfanelle di ogni nazione.
Non guarda ove esse sieno nate, sia in Italia, sia in Francia, sia in Germania, ma le accoglie tutte purché bambine, orfane di ambo i genitori ed abbandonate.
L’Orfanotrofio della Vergine di Pompei deve la sua origine, il suo ampliarsi, il suo crescere, il suo perfezionarsi alla carità universale e alla fratellanza dei popoli, che con amore veramente fraterno, da tutti i luoghi del mondo hanno mandato qui il loro obolo.
Ma il più meraviglioso si è che questo Orfanotrofio, inaugurato l’8 Maggio 1887, in meno di 15 anni ha potuto, senza alcuna rendita e senza alcuna sovvenzione certa di Municipii, di Provincie, e di Ministeri, salvare 360 orfanelle misere ed abbandonate di ogni Paese. Ed in che modo ha potuto accoglierne un sì gran numero?
Con l’offerta spontanea che ogni giorno queste creature si aspettano da persone che esse non conoscono, da città ignote loro persino di nome.
Senza di queste offerte giornaliere, spontanee, costanti, affluenti, come se una folla di Angeli ogni giorno scotesse i cuori degli uomini a spedirle qui, esse morrebbero di fame e di freddo.
E l’offerta spontanea, aspettata da queste povere innocenti creaturine, perviene quotidianamente in guisa da potere dare ad esse il pane tre volte al giorno, nonché il vestito e l’educazione.
E questo pane quotidiano, questo sostentamento e vestito non vengono solamente dall’Italia, non solamente dalle Nazioni d’Europa, ma persino dalle Americhe, dalle Indie, e perfino dalla Cina.
Questo fatto nuovo di una carità mondiale dura costante da 15 anni; e non vi è stato mai un giorno solo in cui le nostre Orfanelle siano rimaste digiune.
Inoltre questa Opera è nuova anche nel suo esplica mento, perché per essa tante infelici e miserabili creature diventano figlie di famiglie agiate e talvolta ricche; e ciò costituisce una caratteristica tutta speciale dell’Orfanotrofio pompeiano che spesso rende le misere orfanelle da diseredate ereditiere, e da rifiuto della società oggetto di tenerezza e di amore per tante famiglie che le adottano.
Onde è avvenuto che nel corso di pochi anni ben 196 di queste Orfanelle sono state adottate per figlie da agiate ed oneste persone.
Ora non direte che il sentimento della fratellanza, dell’amore, della concordia è istillato diffusamente negli animi per mezzo di quest’Opera pompeiana, e che per essa si sperimentano  i benefici effetti della pace?
Similmente tutte le altre Opere educatrici che abbiamo qui fondate per il novello popolo pompeiano, e la vita materiale e civile di tante famiglie di operai sono un prodotto e si sostengono per la carità del mondo che non guarda a Paesi, ma ha per origine un medesimo amore, un medesimo desiderio, la Carità, la Fratellanza, la Pace.


La Prima Opera
Il Centenario dell'Orfanotrofio femminile di Pompei
La storia dei primi anni della vita dell'Istituto. Pompei si apre al binomio: Fede e carisma
Le prime OrfanelleAnno dopo anno,
Responsabile della Comunità del Centro Educativo "Beata Vergine del Rosario"
Madre Alessandra Adornato (Italiana)
Comunità del Centro Educativo "Beata Vergine del Rosario"
Attualmente le Suore appartenenti alla comunità sono:

A)
Suor Maria Adele Martone (Italiana)
Suor Maria Albina Ferme (Italiana)
Suor Maria Alfonsina Viola (Italiana)
Suor Maria Assunta Vitiello (Italiana)
C)
Suor Maria Carmelina De Stefano (Italiana)
Suor Maria Carolina Milione (Italiana) 
Suor Maria Celina Errichiello (Italiana) 
Suor Maria Celina Recce (Italiana
D)
Suor Maria Deborah Solimeno (Italiana)
Suor Maria Domenica (Italiana)
E)
Suor Maria Egidia Di Palma (Italiana)
Suor Maria Elisabetta Todisco (Italiana)
Suor Maria Eufemia Rizzo (Italiana)
F)
Suor Maria Fiorenza Massaro (Italiana)
G)
Suor Maria Gisellao (Indiana)
I)
Suor Maria Iolanda Pecoraro (Italiana)
Suor Maria Isabella Speciale (Italiana)
L)
Suor Maria Leonia Verducci (Italiana)
M)
Suor Maria Margherita Noto (Italiana)
Suor Maria Melania Siciliano (Italiana)
Suor Maria Michelina Monda (Italiana)
N)
Suor Maria Neve Cuomo (Italiana)
Suor Maria Nimfa C. Birondo (Filippina)
R)
Suor Maria Rosalia Giannotti (Italiana)
T)
Suor Maria Terenzia Lepera (Italiana)
Suor Maria Teresa B.Magpayo (Filippina)
Suor Maria Teresita Altieri (Italiana)

Testimonianze - Le Orfanelle raccontano
Antonietta Della Valle - 1987
Sono Antonietta, da 48 anni faccio parte di questa grande famiglia del Santuario. All’età di 8 anni ero rimasta sola nella mia casetta: i miei genitori erano morti e il mio unico fratello già lontano da molti anni. Il sindaco di Castel  Morrone, si interessò al mio caso e decise di condurmi nell’Istituto di Pompei.
Ricordo ancora con grande emozione quel 28 maggio 1938: “La Mamma celeste” mi accoglieva
nella sua Casa, che il Beato Bartolo Longo aveva fatto costruire per dare a noi orfani una famiglia.
Entrata in questa oasi mariana, ero felice di vivere fra tante “sorelline”, amavo molto la vita comunitaria. Ma dopo due mesi si manifestarono i primi sintomi di una malattia di nervi, per la quale ogni cura fu inutile. Devo alla bontà e alla comprensione delle mie Suore se riuscii con grande sforzo a completare le scuole elementari. A 13 anni, per consentirmi maggiore libertà e cure più intense, mi trasferirono nell’infermeria esterna, la cosiddetta “Casina”.
Lontana dalle mie amiche, riassaporai le amarezze della solitudine, ma trovai tanta comprensione ed affetto da parte dei Prelati: Mons. Rossi, Mons. Celli, e soprattutto Mons. Di Pietro, in seguito anche da Mons. Signora, i quali ogni giorno venivano nel giardino per recitare il breviario e trattenersi con noi. Madre Cecilia Pignatelli, Superiora dell’Istituto, lasciava la scuola a mezzogiorno per venire a rendersi conto del nostro stato di salute. Ebbene, nonostante fossi circondata da tante premure, non ero felice. L’unico sollievo lo trovavo nella piccola Cappella dove frequentemente mi appartavo; era lì che trovavo forza e coraggio per andare avanti.
Il mio “esilio” nella Casina durò 10 anni.
Riammessa tra le mie amiche mi sentii rinata, mi accolsero fra loro come una sorella maggiore e l’affetto scambievole si cimentò a tal punto che ancora oggi, dopo tanti anni, ci scriviamo e scambiamo inviti che spesso riescono anche a realizzarsi. Così, nel tempo, la nostra amicizia nata nella casa della Madonna si allarga e si conferma sempre più.
Oggi sto vivendo un’esperienza nuova e molto bella nell’Ufficio Beneficenza. Collaboro con Mons. Raffaele Matrone che si interessa alla vita degli Istituti e alle ammissioni di tante bambine e bambini che, come me, hanno bisogno di una casa, di una famiglia. In questo lavoro spero di poter fare qualcosa per quanti nella vita sono stati segnati dalla sofferenza e dal dolore e soprattutto testimoniare il mio affetto e la mia riconoscenza a quanti mi sono stati vicini. (Antonietta Della Valle)
Sr. Maria Rosalia Giannotti - 1987
Nel 1952 sono stata accolta a Pompei, dalla lontana Calabria, perché orfana di mamma e papà.
Con la morte di papà, avvenuta quando avevo appena sei mesi, mia madre si impegnò con tutte le proprie forze ad accudire me e gli altri quattro piccoli indifesi fratelli. Il dolore della perdita di papà e il lavoro più intenso furono successivamente la causa  della sua prematura dipartita da questa vita all’Altra. Rimanemmo con la nonna materna e il suo amore per la figlia che aveva perso si riversò su di noi che ne eravamo il ricordo più palpabile.
Intanto crescevo, ma non mi andava di restare continuamente chiusa in casa. Un giorno era la domenica delle Palme, sono scappata da casa percorrendo a piedi scalzi alcuni chilometri. Verso sera ho bussato ad una porta per chiedere rifugio e mi ha accolto una signora che non conoscevo. Le vie della provvidenza sono davvero infinite!
Questa signora, Maria Angela Salerno, era la Presidente dell’Azione Cattolica del luogo e proprio nel momento in cui bussavo alla sua porta stava leggendo il Periodico “Il Rosario e la Nuova Pompei”. Dopo avermi fatto rinfrescare mi riaccompagnò a casa dicendomi che mi avrebbe aiutata e avrebbe fatto del tutto per portarmi a Pompei.
Dopo aver preparato i documenti, il 28 ottobre 1952, la Madonna mi ha “aperto” le porte della sua casa. Finalmente ero al sicuro!
Dopo pochi mesi mi raggiungeva a Pompei Pina, una delle mie sorelle. A Pompei ho trovato veramente cuori aperti all’amore. Ho trovato le Suore che hanno cercato di rendermi meno triste la vita, mi hanno accudita, mi hanno fatto da mamma.
Ho trascorso anni felici e belli con le mie compagne e mia sorella, tra studio, gioco, lavoro e preghiera. A 16 anni ho cominciato a pensare alla mia vita futura; sentivo forte l’amore per i fratelli, particolarmente per i più bisognosi: Pensavo spesso: che cosa mi sarebbe potuto accadere se fossi rimasta nel mondo sola, senza una guida, un sostegno? Guardavo alle mie compagne più piccole, ammiravo le Suore che si prodigavano per noi, sentivo dentro di me una spinta a continuare l’opera di Bartolo Longo. Pensavo: avevo trovato a Pompei anime generose pronte ad aiutarmi, perché non imitarle? Sentivo pure forte il desiderio di mettere su famiglia, ma ho scelto di più, l’Unico Amore capace di soddisfare veramente l’animo umano. Le anime consacrate non sono destinate ad un amore settoriale come avviene nella vita matrimoniale, ma ad una fecondità spirituale sconfinata che abbraccia l’intera umanità.
Felice, ho abbracciato questo stato di vita: sono Suora dal 1965 e ho offerto il mio contributo sia negli Istituti di Pompei, sia in altri luoghi ove la Congregazione delle Suore fondate da Bartolo Longo ha nel tempo assunto altri impegni.
Ora mi trovo a Santa Maria Capua Vetere, insegno nella Scuola Primaria, faccio la catechesi agli adolescenti, guido la Liturgia, porto Gesù ai malati e lavoro con i giovani. (Sr. Maria Rosalia Giannotti)
Boccia Consiglia - 1987
Era il 27  aprile del 1976 quando morì mia madre, e insieme a lei anche le mie speranze: così sembrava all’inizio, e avevo solo 9 anni. Rimasta sola – ero la più grande – dovetti accudire mio padre e tre fratelli e anche se inesperta dovetti imparare a fare da mamma e ad assumermi la responsabilità della casa.
Furono giorni duri e nonostante tutti i miei sforzi per essere una buona donnina di casa, ero solo una bambina. Tutto intorno sembrava buio, quando d’improvviso sembrò che il sole volesse di nuovo splendere sulla nostra casa.
Venimmo a conoscenza dell’esistenza degli Istituti Pompeiani e mio padre decise di affidarci alle Suore di Pompei, fondate da Bartolo Longo. Così giunsi in mezzo ad altre bambine più o meno provate come me, da dolori e privazioni grandi. Ma c’erano tante brave Suore che colmarono con l’affetto il vuoto dei nostri cuori e mi aiutarono ad inserirmi in questo nuovo ambiente dove sono cresciuta e maturata.
Ho 19 anni e ne ho trascorsi 10 in questo Istituto a me tanto caro. Ora ho nel cuore tanti desideri e progetti che spero potrò realizzare grazie agli aiuti ricevuti.
Ho conseguito il Diploma di Scuola Magistrale e quello di dattilografia; attualmente mi preparo per il concorso di Scuola Materna ed occupo il mio tempo libero rendendomi utile all’Istituto ed aiutando le più piccole.
Sono veramente contenta e mi ritengo fortunata per essere cresciuta a Pompei in questo Istituto, in mezzo a tante Suore, che si sono prodigate e sacrificate per me e dalle quali ho imparato a vivere, capire, pregare, sperare e amare.
Gli Istituti fondati dal Beato Bartolo Longo sono ancora oggi segno vero di carità e di promozione umana verso tanti bambini bisognosi. Un doveroso grazie, quindi, al Beato Fondatore, alle Suore, e ai Benefattori che con il loro aiuto ci danno la possibilità di essere come tutti gli altri ragazzi, fiduciosi nel domani, sicuri e preparati per la vita.
Alla Regina del Rosario rivolgo la mia preghiera per tutti quelli che hanno contribuito a rendermi una persona felice. (Boccia Consiglia)
Sr. Maria Ersilia Tambasco - 1987
All’età di 5 anni, in soli tre giorni, persi entrambi i miei genitori. Fui costretta ad andare presso uno zio che si prese cura di me. Alla sua decisione di volermi portare a Pompei seguì una mia reazione non estremamente positiva ma lui, quasi con accento profetico, mi disse: “Andrai a Pompei e diventerai Suora”.
Ora sono 45 anni da che ho vestito l’abito delle Suore Domenicane di Pompei. Mi sentii chiamata alla Vita Consacrata già in giovanissima età e rifiutai pertanto tutte le buone occasioni per andar via dall’Istituto. La Madre Direttrice, dopo le scuole elementari, volendo valorizzare le mie capacità, mi diede l’incarico di assistente per una sezione di bambine più piccole. Dopo sono stata insegnante nella Scuola Materna, mansione che non ho mai lasciato e che ancora esercito con i più piccoli all’Istituto Sacro Cuore.
Chi meglio di me può comprendere e dare affetto a questi bimbi innocenti che come me e peggio di me hanno fatto la triste esperienza del dolore? Un grazie di tutto cuore vada alla Madonna, al Beato Bartolo Longo, a tutti i Superiori e Benefattori che mi hanno aiutato e sostenuto in questi non pochi anni. (Sr. Maria Ersilia Tambasco)
Luisa Garofalo – 1987
All’età di un anno persi papà. Mia madre rimase sola con sei figli da crescere. Non era certo una cosa facile perché il lavoro non le permetteva di stare con noi.
Dopo alcuni anni, mia madre, consigliata dal Parroco del paese, decise di portarmi a P
ompei in uno degli Istituti fondati dal Beato Bartolo Longo. Ricordo con velata tristezza il giorno che mia madre mi accompagnò, ma quando restai in compagnia di tutte le bambine della mia età il mio cuore si illuminò.
Tutte erano ansiose di conoscermi e fare amicizia con me. Fui contenta perché qui trovai un clima familiare, anche se qualche volta litigavamo, cosa comprensibile tra bambine della stessa età. Così tra giochi e scuola crebbi. Gli anni passavano e mi trovai tra i banchi della Scuola Media.
All’ultimo anno, come tutte le mie amiche, dovetti prendere una decisione sul tipo di scuola che avrei dovuto frequentare successivamente.
Sentivo che le lingue mi affascinavano e il mio desiderio di frequentare il Liceo linguistico cresceva sempre più con il passare del tempo. Ne discussi con la Superiora.
Ella ne parlò con i rispettivi Superiori i quali acconsentivano alla mia proposta solo nel caso in cui fossi stata promossa brillantemente.
A scuola ero in gamba e conseguii la terza media con ottimi voti. La cosa era andata e non potete immaginare la mia gioia  quando mi fu detto un sì ufficialmente. Mi iscrissi quindi al Liceo linguistico, sembrava quasi un sogno ma ben presto mi accorsi della necessità di dover studiare con impegno.
Ora frequento il secondo anno e spero un giorno di poter indossare la divisa da hostess e fare il mio primo volo.
Mi ritengo fortunata perché nessuna delle mie amiche fin’ora aveva potuto frequentare una scuola esterna.
Sento quindi il dovere di ringraziare per tutto ciò la Vergine SS. E il Beato Bartolo Longo che mi hanno dato la forza, giorno dopo giorno, e guidata per la giusta via.
Desidero anche ringraziare il Vescovo, Mons. Domenico Vacchiano, Mons. Raffaele Matrone e Mons. Baldassarre Cuomo, le Suore e tutti i Benefattori che attraverso il loro aiuto mi hanno permesso di realizzare il mio piccolo ma grande desiderio. (Luisa Garofalo)
Gina Verdossi – 1987
Sono nata a San Paulo del Brasile il 2 novembre 1959. Sono la prima di quattro figli: Franca, Enzo e Adele, nati da genitori di origine italiana. A San Paulo eravamo soli ed emarginati, la gente del luogo ci teneva a distanza. Ma la nostra famiglia era unita da un grande bene. La felicità è durata poco, finchè un giorno è venuto a mancarci l’adorabile presenza di nostro padre. Sì, lo adoravo tanto! Da quel triste 15 settembre 1965, è cresciuto dentro di me ed insieme a me un vuoto incolmabile. Dopo soli due mesi, con i miei fratelli e mia madre, distrutta dal dolore e dalla sofferenza, siamo stati rimpatriati ed affidati alle cure di alcuni zii a Cava dei Tirreni.
Eravamo bisognosi di tutto, e dopo un anno l’unica decisione saggia da parte dei parenti è stata quella di portarci a Pompei negli Istituti assistenziali. Ciò avvenne il 27.9.1966. Il momento del distacco da mia madre è stato per me come quello del distacco da mio padre. Troppe esperienze dure per una bambina di soli sette anni!
Ho frequentato la scuola elementare all’Istituto Sacro Cuore. Le Suore che mi accudivano mi sono state di grande esempio, inculcandomi sani principi morali, ma soprattutto il grande senso della preghiera, la quale mi è sempre di conforto. Nel mese di settembre del 1971 mi sono trasferita all’Orfanotrofio femminile, dove sono rimasta per altri nove anni. Qui, il senso del dovere e lo studio approfondito hanno fatto maturare dentro di me un grande senso di responsabilità e ancor di più quello della preghiera, l’unica mia vera amica e compagna nei piccoli momenti di crisi, tipici di ogni fanciulla.
Le Suore mi sono state tutte amiche ed io ho colto da ciascuna di esse la parte migliore. Oggi posso dire di essere in grado di vivere la mia vita in modo giusto e corretto, nonostante le mille avversità.
Ho conseguito il Diploma di Scuola Magistrale e grazie ai consigli delle Suore e di coloro che mi sono stati vicino ho partecipato ad un concorso statale e con l’aiuto di Dio l’ho superato.
Mi è costato molto allontanarmi dalla Casa della Madonna, ma era anche giusto.
Oggi insegno nella Scuola Materna Statale di Pompei, in Via Nolana, ho un’indipendenza economica, amo i bambini perché mi danno grandi soddisfazioni, ma nono riesco a dimenticare quegli anni felici vissuti con le Suore e con tante altre ragazze. Tutte avevano un passato triste, sofferto; ma nessuna amava parlarne, si pensava solo al futuro, si facevano grandi progetti, si sperava in un avvenire sereno e tranquillo, fiduciosi nella Provvidenza divina. Tutto questo per me si è realizzato.
Ringrazio innanzi tutto la Madonna e poi il nostro caro papà, il Beato Bartolo Longo, la cui immagine mi ritorna sempre cara.
A tutti coloro che mi hanno aiutato a superare le difficoltà della vita, un grazie sincero ed una quotidiana preghiera. (Gina Verdossi)
Rosetta Speciale – 1987
Sono Rosetta, mi trovo qui in questo Istituto dal novembre del 1954 e ricordo come fosse ora il viaggio in treno dal mio paese, Sassano in provincia di Salerno, e l’entrata in questo Istituto con la mia sorella più grande, perché morta mamma il nostro papà non poteva mantenere tre figli, a solo 27 anni.
La Madonna mi voleva qui nella sua Casa e permise che io nascessi la notte del 31 ottobre, quando le orfane passarono dal vecchio al nuovo Orfanotrofio.
Ancora mi trovo qui, ho il Diploma di Licenza media, di dattilografia e di ricamo, che per me è molto importante e sono orgogliosa di aver imparato l’arte del ricamo che mi è utile in molti momenti.
Svolgo il mio lavoro nella Segreteria Generale del Santuario, un lavoro che mi dà modo di conoscere e capire tutti i problemi attuali, tramite le migliaia di lettere che i benefattori scrivono. Posso ben testimoniare che ancora oggi noi orfani viviamo esclusivamente con le sole offerte dei cari benefattori e io ne conosco parecchi (sia pure a distanza); ho imparato i loro nomi e la loro calligrafia e li sento appartenenti alla stessa Famiglia.
I miei Superiori non mi fanno mancare niente; i sacerdoti del Santuario sono per me più che amici dei fratelli. E che dire delle Suore Domenicane, Figlie del Rosario che continuano con amore quest’Opera meravigliosa? Sono per noi come tante mamme e ognuna di noi cerca in molte di loro una sorella maggiore o magari una vera amica. Le cose più belle io le ho scritte nel cuore, sono stata privilegiata in tanti modi; ho perfino la mia bicicletta che mi è di grande aiuto non solo per fare delle passeggiate ma anche per espletare piccoli servizi a chi ne ha bisogno: è un regalo dei miei Superiori.
Perché sono rimasta qui? Mi chiederete. Non so dirvelo! Andare via e lasciare tutto non ne ho il coraggio e poi qui ci sono ancora altre orfane più grandi di me, come Angelina, così dolce e premurosa, Carolina la “nonna”, Caterina, attenta a tutti i miei problemi come una “mamma”, Natalizia, la mia Natalona, la compagna di ogni momento che mi vuole veramente bene e Antonietta, la mia “gemella”.
(Rosetta Speciale)

*Le Suore "Figlie del Rosario" negli Istituti di Pompei
Singolare corona al Santuario formano gli Istituti Pompeiani. Sono i fiori della carità cresciuti alla luce della fede e della devozione a Maria e offrono una prova convincente della vitalità di Pompei. Fondati da Bartolo Longo hanno avuto uno sviluppo straordinario e sono la manifestazione della inesauribile fecondità della Chiesa e della sua ansia di elevare la condizione della vita umana a livelli sempre più alti.
Lo sanno tutti che dalla carità degli oranti a Pompei vivono le orfane della natura e della legge, gli abbandonato, i poveri, i bisognosi e per provvedere a tutti costoro si conta unicamente sulla Provvidenza.
… A Pompei, infatti, la preghiera si tramuta in carità.
Finché i genitori o i parenti non le richiedono, le orfane rimangono a spese della carità: si istruiscono, si preparano ad affrontare la vita, si dedicano con interesse ai lavori femminili e
quando trovano un impiego o vanno spose lasciano l’Istituto e, lontane, il ricordo gioioso d’essere cresciute nella casa della Madonna, le anima nella loro vita.
Ma chi dedica le assidue cure ai piccoli bisognosi e alle ragazze? Chi dà ad essi calore, conforto, aiuto, incoraggiamento, amore?
Ci sono le Suore "Figlie del Rosario", volute qui a Pompei da Bartolo Longo, che incessantemente e instancabili sostituiscono in parte le mamme e seguono attimo per attimo la vita delle assistite.
Infatti, quando Bartolo Longo fondò l’Orfanotrofio pensò che per tale istituzione si richiedevano donne attente, cuori generosi, sostituti di mamme, Suore ben preparate alla loro delicata missione tra i fanciulli emarginati.
Si mise in giro per l’Italia per conoscere i migliori Istituti; studiò gli statuti e lo spirito di molte famiglie religiose e, per assicurare cure materne alle sue orfanelle, fondò una Congregazione di Suore "con statuti speciali, opportuni ai loro ministeri di carità, secondo i bisogni di questo luogo, di questo Santuario, di questo popolo" (B. Longo al Card. Mazzella).
Ottenne che tre valenti Suore Domenicane venissero ad indirizzare nei primi passi della vita religiosa il gruppo di giovani maestre e di orfanelle che sbocciavano nella luce della Madonna.
Gli Istituti Pompeiani non dovevano essere la solita opera di beneficenza cristiana a favore di un’innocenza incolpevole mediante il pane della carità, ma essi dovevano avere una grande missione: "Queste fanciulle deboli dispongono di una suprema forza, la forza dell’orazione. Il mondo dà ad esse la carità, esse in compenso danno al mondo la preghiera". (G. Auletta)
Bartolo Longo affidava perciò questi "fiori" alle Suore, fondate da Lui, perché come angeli custodi vegliassero con amore sulle vite di queste creature provate dal dolore e le aiutassero nel cammino e nella formazione di ogni giorno.
Sono tante le Suore che svolgono amorevolmente la loro opera a favore dei fanciulli e fanciulle dei nostri Istituti Pompeiani.
Esse pregano molto e guardano le Opere con gli occhi e con il cuore di Bartolo Longo: si commuovono alla vista di tanti ragazzi bisognosi e si sforzano di trasformare, come il Fondatore, tutto e tutti in un’immensa famiglia dove ci si sente sicuri, protetti, amati.
(Autore: Ermelinda Cuomo - da: Il Rosario e la Nuova Pompei - Maggio 1982)
Foto in alto: Momenti di gioia vissuti insieme ai piccoli, assistendo ad uno spettacolo offerto dai più grandi


Il "Centro Beata Vergine del Rosario" e le Suore
“Sono venuta a Pompei per visitare la famosa cittadina con la sua arte, il suo Santuario, le Opere di beneficenza annesse.
Gli Istituti che ospitano gli alunni sono maestosi e belli, ma quello che c’è dentro è qualcosa che mi
ha lasciato commossa e pensosa. Un allegro vociare mi ha attirato verso l’Orfanotrofio femminile: come in un mondo di sogno ho visto le piccole della Scuola dell’Infanzia, simili a fiori delicati, allegre, curate, pulite, serene, giocare con la loro Suora.
Poi un atrio immenso, luminoso e accanto la Cappella dove ho trovato tante Suore in preghiera. Sono le Suore fondate dal Beato Bartolo Longo che assistono, educano, istruiscono, formano le ospiti.
Candide nell’abito, angeliche nella voce e nell’atteggiamento mi hanno incantato!
Il grande edificio è caldo, allegro, vivo.
Ho incontrato alcune ragazze con le quali mi sono soffermata a parlare.
Sono tutte ragazze provate dal dolore, con un’angoscia immensa; ma sono serene e contente perché vivono con le loro Suore. Così si sono espresse: “Le Suore sono come le mamme: vivono con noi; ci educano, ci fanno crescere, ci curano, ci consolano, ci vogliono molto bene. Ci preparano per la società, per la famiglia, per il lavoro. Come avremmo fatto se non avessimo avuto la fortuna di incontrare queste anime generose, che dimenticano se stesse per noi?
Molte volte siamo irriconoscenti, nervose, infastidite dai loro buoni consigli, annoiate dalla vita monotona, ma esse, sempre buone, pazienti, gentili, fanno di tutto per renderci felici. Pregano, lavorano, soffrono senza umana ricompensa, liete di aiutare tutti quelli che soffrono o hanno bisogno di aiuto”.
Alcuni hanno un concetto sbagliato della “Suora” e azzardano giudizi sballati.
Solo conoscendole, osservandole mentre lavorano, pregano; mentre vivono le loro giornate nel silenzio, nell’umiltà, nel sacrificio, si può capire qual è la loro alta missione e che “cuore d’oro” esse hanno.
Quelle che io ho avvicinato mi hanno fatto vivere, per un po’, in un mondo bello, buono, generoso. Molta parte dell’umanità dovrebbe essere riconoscente e grata a queste “Anime Consacrate”.

News dal Centro Educativo "Beata Vergine del Rosario"
Ti rendo grazie, Signore...
“Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore… A te voglio cantare davanti agli angeli… Rendo grazie al tuo nome per la tua fedeltà e la tua misericordia…” (cfr Sal 138).
Con questi sentimenti di gratitudine al Signore, la comunità del Centro Educativo “Beata Vergine del Rosario” ha festeggiato il 60° compleanno di Sr Maria Isabella e Sr Maria Debora, il 70° compleanno di Sr Maria Celina Erricchiello mentre Sr Maria Melania ha voluto il silenzio per il suo 80° compleanno.
Purtroppo quel giorno non lo potrà mai più dimenticare, perché il Signore chiamava nella dimora eterna la nostra carissima Sr Maria Alfonsina…
Gioie e dolori fanno parte della nostra vita quotidiana, ma solo la forza della fede ci può aiutare a purificare lo sguardo e i sentimenti del cuore per donarci forza e coraggio nell’accettare la volontà di Dio. (Autore: Isabella Speciale)

Le Divise  delle Orfanelle

Sembrerebbe  anacronistico parlare di divisa in un tempo in cui essa viene rifiutata perché “massificante”.
Però l’uniforme è un necessario distintivo per i membri di un determinato gruppo e può esercitare il suo fascino: più spesso negli “spettatori” che nei “portatori”.

Le istituzioni pompeiane non fanno eccezioni a questa abitudine sociale ed hanno sempre avuto una loro divisa.
Ne vedete illustrate tre che rappresentano, grosso modo, l’evoluzione del vestito dell’Orfanotrofio nei Cento anni di vita.
La prima è degli inizi e reca linee evidenti di abito religioso, forse ispirato alla foggia delle Suore del tempo.
La mantelletta, di sicuro aiuto nel periodo invernale, e la Corona del Rosario, ricordo costante all’Orfano e al visitatore della Casa ospitante.
La seconda è più “giovanile” ma sempre ambientata in un preciso periodo storico, ormai chiuso, che va dalla prima guerra mondiale agli anni 60.
Alcuni piccoli dettagli distinguevano la divisa delle Orfane da quella delle Figlie dei carcerati.
Motivi pedagogici ed esigenze didattiche hanno fatto superare anche questa distinzione nell’abito creando di tutte le alunne una sola famiglia.
Oggi non è cos' rigida nei colori e nei disegni e si adegua molto più velocemente ai gusti ed esigenze attuali.
La scuola di taglio e cucito è stata una costante necessità dell'Orfanotrofio femminile: imparare un mestiere ed essere autosufficienti per la confezione di biancheria e vestiti erano le motivazioni di fondo per tale attività.

Nuovi locali per le ragazze accolte dal Santuario

A 110 anni esatti dal giorno in cui Bartolo Longo accolse la prima orfanella (8 Maggio 1887), gettando le basi per la sublime opera di carità che lo avrebbe reso famoso in tutto il mondo, si è svolta l’inaugurazione dei locali ristrutturati del "Centro Educativo Beata Vergine del Rosario".
In un clima festoso e solenne insieme, le ragazze e le bambine, guidate dalle "loro" Suore hanno accolto i numerosi ospiti.
In primo luogo il Cardinale Virgilio Noè, a Pompei per la Supplica, l’Arcivescovo-Prelato Mons. Francesco Saverio Toppi, la Madre Generale, Mons. Cuomo, Mons. Caggiano, il Sindaco di Pompei, i
benefattori delle Opere pompeiane e tanti amici.
Nel suo discorso, il Cardinale ha richiamato l’importanza dello studio volto alla conoscenza della verità rivelata. Ha poi esortato le ragazze a farsi condurre mano nella mano da Gesù e ad avere Maria come compagna di vita, come Madre, come maestra per essere "luce del mondo e sale della terra", secondo il passo evangelico scelto per l’occasione. Ha quindi consigliato loro di avere sempre nelle camerette una immagine di Gesù Crocifisso ed una della Madonna.
Le ragazze, nella preghiera dei fedeli, hanno chiesto a Dio lo Spirito di Sapienza, la realizzazione completa della propria vocazione e la promozione del bene comune.
Allargando poi gli orizzonti a tutta l’umanità hanno pregato perché tutti i ragazzi del mondo possano godere di una educazione autentica ed integrale.
Mons. Acampora, Direttore Generale dei Centri Educativi Pompeiani, nel suo intervento, ha sottolineato la dimensione originaria del progetto educativo pompeiano, progetto ispirato al
principio di "carità educativa" che si concretizza pienamente nel servizio alla persona considerata nella sua globalità, tenendo conto delle situazioni esistenziali in vista di un cammino di formazione e di maturazione integrale.
Ha, dunque, spiegato i criteri sottesi ai lavori di ristrutturazione che hanno seguito la Delibera Regionale n. 91/1 del ’92 che disciplina le strutture socio-educative di carattere residenziale.
"…Il centro Educativo è, nella sua intima dimensione, non solo e non tanto un complesso edilizio ma una vera e propria comunità di persone!
Comunità di "pietre viventi" dove la libertà personale e le scelte dettate dalle proprie inclinazioni rappresentano le grandi sfide di un progetto educativo che vuole rinnovarsi. In questo senso va inteso anche il principio di non dividere i nuclei familiari, consentendo loro di vivere insieme".
Nel mettere in luce la silenziosa disponibilità e l’affetto materno delle Suore le ha ringraziate per come4 incarnano, nella loro vita, l’Ideale di Carità del Beato Bartolo Longo, augurando loro di continuare in questa opera così utile ed importante.
Dopo la benedizione dei locali impartita dal Cardinale, la voce argentina delle giovani ospiti si è levata in un canto di gioia che parlava di "uno stuolo di bianche colombe".
Don Enzo Leopoldo, progettista e direttore dei lavori e l’Amministratore Mons. Pietro Caggiano,
hanno condotto il Cardinale, il Vescovo, il Sindaco e gli altri ospiti a visitare il Centro Educativo che sarà suddiviso in quattro comunità autonome tra loro. Proprio per favorire un sempre più efficace clima di familiarità e dialogicità contro il concreto rischio di massificazione e spersonalizzazione.
Le ragazze delle scuole superiori avranno camere singole e sale per il soggiorno.
Le bambine della scuola media saranno inserite in camere da quattro con sale da studio e da soggiorno.
I piccoli delle scuole materne saranno accolti in gruppi di 6 o 7.
Là dove c’erano grandi camerate ci sono adesso bianchi corridoi ben illuminati dove si affacciano graziose camere4 semplice e funzionali.
Il Cardinale osserva tutto ed, interessato, si informa dei particolari: tutto è stato curato nei dettagli, dalle porte tagliafuoco, all’arredamento interno, dagli impianti di riscaldamento e aerazione all’illuminazione.
Completano i locali del Centro. Un’ampia cappella per le celebrazioni religiose, sale per incontri, un salone polifunzionale ed i servizi di ristorazione.
La gioia degli ospiti era tale che tutti hanno desiderato di tornare al più presto, quando il Centro Educativo B.V. del Rosario sarà in attività, per godere di quel clima sereno e gioioso che sicuramente vi si potrà trovare.
Un ringraziamento, infine, doveroso a quanti sono stati protagonisti dei lavori di ristrutturazione: l’ing. Aniello Falcone per il risanamento statico, gli ingegneri Guido Lanzillo e Biagio Estatico per la progettazione degli impianti di sicurezza ed elettrico.
Le ditte di Enzo Vitiello per i lavori di edilizia, di Bernardo Casciello per i lavori di falegnameria, della GEEP per gli impianti elettrici e di Pietro Torucci per i lavori di pitturazione.

(Autore: L.S.)

Prima Foto: Il Direttore Generale dei Centri Educativi Pompeiani, Mons. Acampora.
Nelle altre Foto: Momenti dell’inaugurazione dei nuovi locali, con il taglio del nastro da parte di Sua Eminenza, il Signor Cardinale Virgilio Noè.

*1957 Parrelle - Scuola dell'Infanzia "San Domenico e Santa Caterina" - Pompei - (NA)
Suore Domenicane - Via Nolana, 448 - 80045 Pompei (NA) "Campania" tel. 331 9010892
e-mail: scuolasandomenicopompei@gmail.com
(In località Tre Ponti: 23.03.1957)
Responsabile della Comunità di Parrelle

Madre Sally Acosta (Filippina)
Comunità di Parrelle
Attualmente le Suore appartenenti alla comunità sono:

- Suor Maria Lidia  (Filippina)
- Suor Maria Vittoria Rahayaan (Indonesiana)
Attività nella Comunità di Parrelle
x
News da Parrelle
x
Regione - Campania

La Campania è una  regione dell'Italia meridionale. Conta 5.701.931 residenti (censimento 2001 ed ha la più alta densità di popolazione tra le regioni italiane, ma è seconda dopo la Lombardia per numero totale di abitanti.
Il suo capoluogo è  Napoli. Confina a ovest, sud-ovest con il  Mar Tirreno, a nord-ovest con il  Lazio, a nord col  Molise, a nord-est con la  Puglia e ad est con la  Basilicata.  Il nome Campania deriva dal termine  latino campus, che vuol dire campagna, e per commistione linguistica, dal termine osco Kampanom, con il quale si indicava l'area nei pressi della città di  Capua.

Città
x
Fondazione di Casa di Parrelle
Da oltre 50 anni le Suore nella Comunità di Parrelle

Per il Parroco della frazione di Parrelle è un dono grande avere come collaboratrici nell’attività pastorale le Suore “Figlie del S. Rosario di Pompei”.
La loro azione educatrice o di servizio alla Chiesa, tocca giornalmente il sacrificio nascosto, forse non sempre valutato dalle persone per le quali lo compiono; esse camminano gioiose e instancabili per essere ogni giorno testimoni della bontà e dell’amore di Cristo e propagatrici del S. Rosario.  
Lo afferma chi con esse collaborano, con viva soddisfazione, dopo cinquanta anni di attività da esse svolta nella Parrocchia di S. Maria Assunta.
Andarono nella Parrocchia il 15 dicembre 1956 per disposizione dell’Amministratore Apostolico del tempo Mons. Giovanni Foschini.  
Il mandato era di prestare il loro aiuto al Parroco nella catechesi, nella istruzione dei bambini dell’asilo, nella direzione dell’Associazione Femminile di Azione Cattolica e del servizio liturgico.
Nell’arco di cinquant’ anni la loro presenza è stata assai fattiva e preziosa. Le prime comunioni dei bambini sono state accuratamente preparate; hanno saputo entusiasmare ed interessare tutti, ma soprattutto hanno cercato di infondere nell’animo di tutti la luce di Dio che dà valore alla vita.
La prima Superiora “Fondatrice” di questa attività è stata Sr. Maria Dorotea, il cui ricordo rimane sempre più vivo e desiderabile. La superiora attualmente in carica, tanto geniale nel suo lavoro, è Madre Agnese.
Da ricordare con tanta stima e venerazione Sr. M. Ippolita, Sr. M. Clelia, Sr. M. Gemma, Sr. M. Gioconda, Sr. M. Annunziata: tutte hanno lasciato una scia luminosa di bene pastorale.


*1961 C.Ed. Bartolo Longo (Pompei - NA)
(Suore Domenicane "Centro Educativo Bartolo Longo" - Via Sacra,39 80045 Pompei (NA) "Campania" Tel. 081/8577717 - E-mail: principia74@libero.it

Fondazione del "Centro Educativo Bartolo Longo"

Le Suore iniziarono a prestare la loro opera in cucina, nella lavanderia, nella stireria, il 25 gennaio del 1961. Il Centro è diretto dai "Fratelli delle Scuole Cristiane" voluti da Bartolo Longo come educatori dei Figli dei Carcerati fin dal 13 agosto del 1907.

Responsabile della Comunità "Bartolo Longo"
MadreNunziatina Del Gatto (Italiana)
Comunità del "Centro Educativo Bartolo Longo"
Attualmente le Suore appartenenti alla comunità sono:
L)
Suor Maria Letizia Seeveli (Indiana)

P)

Suor Maria Pia Laranang (Filippina)

Il Progetto del Fondatore

Fondato nel 1892, il "Beato Bartolo Longo" è il fiore all’occhiello dei centri educativi di Pompei. La sua istituzione dimostrò l’inesattezza della teoria lambrosiana circa l’ineducabilità dei figli dei carcerati. Oggi è profondamente cambiata la tipologia degli ospiti ma non lo spirito d’accoglienza e di promozione umana.
"… il campo della carità è così vasto – soleva dire il santo Padre Ludovico da Casoria – che produce svariati, belle e giovevoli frutti di salvezza alla civile famiglia.
Oggi, o fratelli, ci pare giunto il momento opportuno di manifestare – non senza una certa esitazione – un voto segreto del nostro animo, che da tempo chiudiamo gelosamente nel cuore con una perplessità, a volte dolorosa, la quale nasce dalk desiderio ardente di attuarlo, e dall’evidente insufficienza, e, direi quasi, impossibilità dei mezzi, per venirne a capo… Or qual è, a mio credere, la classe più abbandonata dei fanciulli in Italia e fuori?
Sono i figli dei carcerati, e segnatamente i figli dei forzati, i quali condannati a quindici, venti anni di pena, e talvolta alla galera per tutta la vita, non vedranno mai più i loro figlioli, se non forse quando questi, per effetto dei loro delitti, andranno a raggiungere i loro genitori nelle prigioni! ...
Oh, io depongo oggi nel Cuore di Gesù Cristo e nel cuore dei miei amati fratelli e sorelle, questo mio focoso desiderio, questo voto, di fondare qui, all’ombra del santuario, sotto il materno manto di Maria, un’Opera di educazione morale e civile per i figli dei carcerati, per quegli esseri abbandonati, che la sciagura dei genitori getta a languire nella via con tutti i disagi e le amarezze dell’orfano, senza averne il carattere esterno, comunemente riconosciuto, per godere dei pietosi provvedimenti istituiti a salvare l’infanzia abbandonata".

(Autore: Bartolo Longo)
Un voto del nostro cuore

I figli dei carcerati sotto il manto della Vergine di Pompei

"Fratelli! Abbiam donato a Dio un Tempio, ed alla Madre di misericordia una Reggia, donde spargere i suoi tesori di beneficenza per coloro che gemono ed affannano.
Abbiamo eretto accanto al Tempio della fede, il tempio della Carità, ove abbiam messo in salvo
le anime di creaturine infelici, di povere orfanelle, che sono anch’esse altrettanti templi dello Spirito Santo.
Ma la Carità di Cristo, che è "fuoco vivo", intende a dilatarsi sulla terra, e non guarda confini…
Oggi, o fratelli, ci pare giunto il momento opportuno di manifestare…, un voto segreto del nostro animo, che da tempo chiudiamo gelosamente nel cuore con una perplessità, a volte "dolorosa", la quale nasce dal desiderio ardente di attuarlo, e dall’evidente insufficienza, e, dirci quasi, impossibilità dei mezzi, per venirne a capo.
Il giorno indimenticabile dell’8 Maggio 1887, in cui la Regina delle Vittorie entrò solennemente incoronata a prender possesso del suo Trono, elevatole in questo Santuario dalla pietà dei figli suoi sparsi nel mondo, io deposi là, nel Cuore pietoso di Lei, il mio desiderio, di raccogliere intorno quel Trono la classe delle bambine più abbandonate, che si aggirano vagando tra le vie della nostra Italia col prossimo pericolo della perdizione. E cosifatta schiera d’innocenti sventurate, parea a me, che avesse ad essere la Corte eletta della Regina della Misericordia sulla terra di Pompei, che da mane a sera La inneggiasse con la corona del celeste Rosario.
E sì iniziai l’Orfanotrofio femminile, il quale tolse nome dalla vergine di Pompei. La Madonna benedisse l’opera caritatevole: e oggi settantacinque orfanelle vivono ricoverate qui, mediante l’inesauribile pietà vostra, o fratelli dilettissimi.
Quale prova più certa, che veramente la Madonna ci aveva messo in cuore la santa risoluzione di sposare al culto la beneficenza?
Entrando oggi, nell’Anno Quintodecimo, il Cuore divino del Figliuolo della vergine a prendere il possesso del trono anche a Lui apparecchiato, io mi sento sospinto da un’altra forza nuova e occulta a metter fuori una parola, che è pure un desiderio intenso, una fiamma, un voto, che depongono in quel Cuore di bontà sconfinata, e nel cuore pietoso dei miei amati fratelli.
Io ragiono a questa guisa. – Se entrando la Madre di misericordia in questo Santuario si scelse a sua corte una corona formata delle fanciulle più abbandonate; entrando il Figliuolo dell’Uomo, che presenta il suo Cuore riboccante di paterno amore e di compassione agli uomini, vuol certo beneficare alla classe dei fanciulli più abbandonati; …!
Or qual è, a mio credere, la classe più abbandonata dei fanciulli in Italia e fuori?
- Sono i figli dei Carcerati, e segnatamente i figli dei forzati, i quali condannati a quindici, a venti anni di pena, e volta alla galera per tutta la vita, non vedranno mai più i loro figliuoli, se non forse quando questi, per effetto di loro delitti, andranno a raggiungere i loro genitori nelle prigioni! ...
Cotesti fanciulli non sono orfani; e quindi non han diritto a godere dei benefizi civili, e dei ricoveri ed orfanotrofi provinciali o comunali.
Sono in condizione peggiore degli orfani, perché invisi ai propri cittadini in odio dei loro colpevoli genitori, portano, senza colpa, il marchio dell’infamia dei loro parenti; e lasciati con una madre per lo più povera, … senza educazione, senza freno, coi pravi esempi paterni dinanzi agli occhi, fra poco si daranno al vizio, e quindi al delitto. E presto o tardi il tetro carcere sarà inevitabilmente la loro casa. Il pane nero dello Stato sarà il loro alimento perenne…
Oh, io depongo oggi nel Cuore di Gesù cristo, e nel cuore dei miei amati fratelli e sorelle, questo mio focoso desiderio, questo voto, di fondare qui, all’ombra del Santuario, sotto il materno manto
di Maria, un’Opera di educazione morale e civile pei figli dei carcerati …
Questo ramo di beneficenza cristiana esercita sul mio cuore un’attrattiva irresistibile, e mi apparisce davvero degno della più viva sollecitudine.
Che avviene infatti di una povera famiglia, quando per qualche orrendo misfatto, il padre è condannato o a perpetuo carcere, o a venti anni di pena?
La madre, forse giovane ancora, vedova desolata vivente tuttora il marito, vedendo mancare il pane in casa, è costretta a mendicare per non morir di fame lei e i figli, e diviene a sua volta vittima della seduzione o della prepotenza! …
Ora una nuova istituzione cristiana che intenda a salvare cotesta classe di fanciulli veramente abbandonati, è altamente benemerita della civiltà e della patria: dappoichè eserciterebbe anche, nel medesimo tempo, un’azione altamente educativa e moralizzatrice delle carceri e dei bagni di pena. Quando uno sciagurato… vien condannato ad essere segregato dal civile consorzio per quindici o venti lunghi anni, sottoposto a dure ed obbligatorie fatiche…, il primo effetto che risente della sua condanna è la più orrenda disperazione.
Considerando lo stato suo presente senza libertà, senza dimani, ricordando la moglie, i propri figli, fanciulli ancora; bestemmi la società, che lo ha scacciato, bestemmi Dio che lo ha creato, bestemmia sé stesso, che non sarà mai più felice…
Ora se in tale stato d’inferno il povero condannato ode che la sua famiglia, i figli suoi, non sono al tutto abbandonati; che vi ha uomini pietosi i quali prestano la mano fraterna al loro soccorso;
che la "Vergine di Pompei", qual madre tenerissima, li raccoglie sotto il suo manto; oh, allora un raggio di luce squarcia quel fitto tenebrore. L’infelice galeotto al pensiero che vi ha al mondo degli uomini che pensano a lui! Ai figli suoi! Che egli non è da tutti abbandonato; senza avvedersene, diventa più rassegnato, più calmo; obbedisce a superiori, ottempera alle leggi che dapprima gli parean durissime e ingiuste.
Che è avvenuto? – Un raggio di conforto è disceso a mitigare l’inferno del suo cuore. La preghiera a Maria, quella preghiera, che era stata abbandonata dal primo giorno in che fu avvinto da catene, ritorna spontanea sulle labbra. Il povero forzato quindi innanzi, si rammenta i figli, associa involontariamente le memoria di essi con la memoria della Vergine che li ha presi a custodire. E ogni volta che li chiamerà a nome da lungi (senza speranza di risposta), invocherà ancora quel Nome benedetto che forma il conforto di tutti i tribolati. E l’amore de’ propri figliuoli gli detterà nel cuore una fervida preghiera alla celeste Consolatrice degli afflitti.
Ecco la Vergine di Pompei distendere i rami delle sue beneficenze fin dentro i più orrendi abituri de’ galeotti.
Ecco la Vergine di Pompei fatta augusta educatrice delle prigioni!
È questa l’idea, da cui un’opera cristiana al tutto nuova, di cui insino ad oggi non vi ha esempio né in Francia, né nel Belgio, né in altre cattoliche nazioni. L’Italia sarebbe la prima a possederla… pei figli dei carcerati, pei figli dei galeotti, fanciulli abbandonati all’ozio ed alla occasione del delitto, né gli Spagnoli, né altri popoli cristiani vi han rivolto il pensiero. Vi ha pensato la Madonna di Pompei! ... Ecco il voto del mio cuore… Il cuor di Gesù lo vuole! I figli dei Carcerati sono anche i figli della Madonna di Pompei!

(Avv. Bartolo Longo – da: "Il Rosario e la Nuova Pompei 1891. Pp. 274-278)

Le Suore nell’Istituto “Bartolo Longo”
“L’Ospizio per i figli dei carcerati” fu una delle più geniali creazioni di Bartolo Longo.
La scienza positivistica del secolo scorso proclamava l’ impossibilità di educare i nati a delinquenti, fatalmente predestinati a percorrere la via della delinquenza dei loro genitori, senza che nessuna prevenzione ed educazione potesse avere effetto su di essi.
Egli invece credeva profondamente alla forza redentrice del bene e all’efficacia rinnovatrice dell’educazione e creò questa opera per combattere tale teoria.
L’ imponente edificio sulla Via Sacra, porta oggi il nome del suo fondatore ed ospita ragazzi solo in minima parte figli di carcerati.
Essi frequentano la Scuola Media o l’Istituto Professionale per l’Industria e l’Artigianato..
Alla loro educazione sono preposti i Fratelli delle Scuole Cristiane, i quali ebbero questo incarico dallo stesso Bartolo Longo.
Ma in esso c’è anche un piccolo manipolo di Suore del Ss. Rosario di Pompei preposte a servizi nevralgici.
La piccola comunità è composta da tre Suore, ciascuna a capo di altrettanti servizi essenziali al funzionamento dell’Istituto: guardaroba e lavanderia, approvvigionamento, cucina e servizi annessi.
Questa piccola comunità mette ogni giorno in pratica quello che Bartolo Longo voleva dalle sue Suore.
E tutti sappiamo bene che quello che vogliono i santi non è sempre facile metterlo in pratica: umiltà, modestia, lavoro indefesso, dedizione, sacrificio…
Esse svolgono una mole imponente di lavoro nascosto, e infatti raramente le si vedono a Casa
Madre, ma è un lavoro indispensabile, prezioso e portatore di una grande lezione per tutti. Meritano di essere ringraziate continuamente ed ammirate.
Ve le presento tutte e due ai loro posti:
La Responsabile di Comunità:  Madre Agnese Piscopo
La Vicaria: Suor Maria Felice Franzese al delicato impegno della distribuzione delle vivande e alla preparazione di  succulente torte per i ragazzi e come se non bastasse è alle prese con le macchine lavatrici e per cucire.
Insomma, il lavoro non manca, ma, fortunatamente, non manca loro né la dedizione né la gioia.
Seconda foto: La crescita dell'Istituto Bartolo Longo, in via Sacra.

L’Albero della Carità
Centenario dell’Istituto "Bartolo Longo"

Ho sempre pensato che il vero inchiostro con il quale questo periodico è scritto, viene da quell’inesauribile calamaio di carità che Bartolo Longo ha lasciato ai posteri.
Uomo di preghiera anche quando impugnava la penna, il Beato ha lasciato, sotto forma di Opere, molteplici e visibilissimi "appunti" perché di questo flusso di carità, col passare del tempo, niente andasse perduto.
Di tempo, di giorni in cui mattone su mattone si ponevano le fondamenta di un edificio tutto innalzato – in nome del Vangelo – all’amore verso il prossimo, ne è trascorso davvero tanto. Ma nemmeno lo spazio di un secolo ha fatto ingiallire le foglie di un’attualità germogliata come pianta spontanea dalle robuste radici dell’albero della carità.
È precisamente "vecchia" di un secolo L’Opera per i figli dei carcerati, uno degli "appunti" più
illuminati che Bartolo Longo ha inserito in quella grande raccolta di "Miracoli" che è la Nuova Pompei. Del Centenario di questa istituzione viene celebrato, anzi sancita, una naturale e perenne giovinezza. La carità – quando è autentica – è una delle poche merci che non paga dazio di fronte al mutare dei tempi.
Possono cambiare le forme, ma la sostanza, se è tale, travalica anche i secoli.
Di questo centenario, di questa nostra festa, a me tocca parlare con la discrezione di chi ha appena il compito di introdurre e di "aprire" le pagine – come le porte di un’accogliente casa comune – al solenne e attentissimo messaggio inviato per l’occasione da Giovanni Paolo II.
Sono pagine di una nostra storia che, attraverso le parole del Papa, diventano storia della Chiesa universale.
È al centenario, ovviamente, che il giornale "Il Rosario e la Nuova Pompei" dedica il meglio di sé. Un articolo del nostro Prelato, Mons. Toppi.
Del messaggio di Giovanni Paolo II colpisce, tra le altre, un’affermazione: "Bartolo Longo fu tra i pionieri della riforma carceraria e rimane ancora oggi un punto di riferimento per quanti intendono offrire la loro opera al risanamento della società".
Se viene del tutto spontaneo pensare a quale forma di carità ricorrerebbe oggi Bartolo Longo per rispondere alle esigenze di una società così diversa e lontana dal suo tempo, bisogna anche aggiungere che al centro di tutto è la santità.
Solo i santi sanno guardare lontano ed è per questo che la santità finisce per essere la più incisiva delle forme di intervento e di presenza sociale.
Ed è anche per questo che il secolo non pesa su quest’edificio che ha la carità per fondamento.
Eppure anche, anzi soprattutto allora, mettere mano a un’impresa di carità significativa sfidare i tempi, remare controcorrente, andare a cacciarsi in quei "guai" dei quali è inevitabilmente lastricata la strada di ogni buona intenzione. Significava andare a scovare e scavare il bene in una società che mostrava di averne timore quasi quanto il male.
Il positivismo era la barriera che la scienza del tempo innalzava tra uomo e uomo; il confine artificiale e artificioso tra il bene e il male.
Attraverso le celebrazioni del centenario dell’Istituto Bartolo, è possibile ripercorrere oggi l’itinerario di una straordinaria avventura ecclesiale e umana, dalla quale Pompei è insieme protagonista e testimone.
Le pagine de "Il Rosario e la Nuova Pompei", arricchite dal messaggio del Papa, sono a loro volta i fogli di un irripetibile diario che continua ad essere scritto con l’inestinguibile inchiostro tratto dalla perenne carità di Bartolo Longo.
(Autore: Angelo Scelzo)

Foto: L’Istituto Bartolo Longo. Uno dei "miracoli" della Nuova Pompei.


*Gli Auguri del Papa per il Centenario dell’Istituto Bartolo Longo

Al Venerato Fratello Monsignor Francesco Saverio Toppi Delegato Pontificio per il Santuario della Beatissima Vergine Maria del SS.mo Rosario di Pompei.
1. Ho appreso con gioia che ai memorabili eventi, che costellano la storia di codesto Santuario della Beatissima Vergine Maria del SS.mo Rosario, si aggiunge quest’anno la fausta ricorrenza del primo Centenario di fondazione dell’Opera per i Figli dei Carcerati.
La provvida iniziativa, nata dal cuore del beato Bartolo Longo, si è rivelata una geniale intuizione capace di ridare il sorriso e la gioia di vivere a tanti ragazzi e ragazze in difficili condizioni
familiari. Essa servì, fin dai suoi inizi, a smentire le teorie di quanti ritenevano che fosse impresa vana tentar di educare al bene i figli di coloro che avevano dato prova di tendenze trasgressive. La società colta dell’epoca, imbevuta di pregiudizi circa l’ereditarietà del carattere, mostrò scetticismo di fronte a tale nobile sforzo educativo, ma il Beato non si lasciò intimidire né indietreggiò. Con ferma costanza egli perseverò nell’iniziativa, riuscendo a conquistare alla sua causa uomini di grande prestigio, i quali giunsero ad offrire il loro contributo per la redazione del regolamento della erigenda Istituzione, basata, per volontà del Longo, sulla religione, sulla scuola, sul lavoro, e soprattutto sull’amore cristiano.
2. È noto che l’Istituto, nel corso degli anni, ha saputo forgiare personalità di grande levatura, le quali si sono distinte, oltre che per impegno cristiano e capacità professionale, anche per ineccepibile correttezza nell’esercizio di pubbliche responsabilità. Meritevole di menzione è pure l’influsso benefico svolto dall’Istituto in modo, per così dire, collaterale. Bartolo Longo, infatti, non si preoccupò soltanto della difesa dei fanciulli, figli dei carcerati, ma s’adoperò anche per recuperare i loro genitori. Sia i ragazzi accolti nell’Opera, sia i genitori carcerati venivano condotti dall’apostolo a scoprire, attraverso l’amore dell’uomo, l’amore di Dio. Nel carcerato, punito dalla società, il Beato Longo vedeva il Signore, sempre memore delle parole del Vangelo: "Ero carcerato, e mi avete visitato" (Mt 25, 36ss). Scriveva a questo proposito: "Abbracciare i figli dei carcerati e sottrarli alla miseria e all’ignominia è il modo più semplice e pratico di mostrare con i fatti ai padri e ai compagni dei padri la bontà della società che hanno offesa, e di avviarli irresistibilmente ad una rapida e completa rigenerazione".
3. Bartolo Longo fu tra i pionieri della riforma carceraria e rimane anche oggi un punto di riferimento per quanti intendono offrire la loro opera al risanamento della società. Non potendo da solo attendere ad un’attività così vasta ed impegnativa, ricorse all’aiuto dei Fratelli delle Scuole Cristiane, i quali, da autentici figli di San Giovanni Battista de La Salle, non hanno cessato di consacrare la loro vita alla nobile causa di tanti giovani desiderosi di acquistarsi una solida formazione spirituale e sociale. In seguito, il Beato fondò la Congregazione delle Suore Figlie del Santo Rosario di Pompei, alle quali affidò le figlie dei carcerati. L’attività educativa, svolta con spirito materno da queste Religiose, dedite al servizio di chi vive nella emarginazione, si è rivelata quanto mai opportuna e benefica.
In questi cento anni, nell’Opera fondata dal Beato Bartolo Longo sono passati circa quattromila ragazzi, dei quali il primo,
Domenico Pullano, diventò sacerdote. Il 12 aprile del 1909, lunedì di Pasqua, egli celebrò la seconda S. Messa nella Cappella dell’Istituto e, commosso, amministrò l’Eucarestia anche al grande benefattore, Bartolo Longo, che l’aveva amorevolmente accolto mentre si trovava in una situazione di abbandono. (Foto)
4. Auspico che la ricorrenza giubilare serva ad attirare l’attenzione su codesta Casa di educazione, che conserva tutta la sua attualità, esercitando la sua benefica opera a vantaggio di tanti ragazzi e ragazze. Come agli inizi, anche oggi essa vive col sostegno della carità e della solidarietà umana e cristiana. Le celebrazioni centenarie vogliono essere, da parte di tutti, assolvimento di un debito di riconoscenza verso il venerato Fondatore, che con animo coraggioso e intrepido promosse e portò avanti tale Opera contro ogni avversità, fidando nell’aiuto di Dio e nella materna protezione della Vergine SS.ma del Rosario.
A Maria, Madre del Redentore, affidò ancora l’intera Istituzione, mentre, da parte mia, ben volentieri imparto a Lei, venerato Fratello, ai ragazzi, alle ragazze ed ai loro familiari, come pure agli educatori ed educatrici la mia speciale Benedizione Apostolica, in pegno di abbondanti favori celesti.
                                                       Dal Vaticano, 8 maggio dell’Anno 1992
                                                                           Joannes Paulus II

Un uomo di Dio
Il ciclo delle Conferenze su Bartolo Longo

La conoscenza del Fondatore di Pompei passa attraverso una lettura contestualizzata del suo retroterra storico, sociale e religioso. Ma il motivo fondamentale del suo successo va ricercato nella sua particolare esperienza dello Spirito e della Carità, centro propulsore di tutta la sua attività di manager, costruttore, promotore della devozione mariana ed educatore.
Con le due relazioni "Bartolo Longo e il suo tempo" e "Bartolo Longo servitore della carità", la prima del Dott. Domenico Lamura di Trinitapoli, l’altra di Mons. Pietro Caggiano, Amministratore del Santuario, si è concluso l’interessante ciclo di conferenze, promosso dall’Assessore cittadini della cultura, Guglielmo Loster in collaborazione con la Direzione del Santuario, in occasione del Primo Centenario (1892-1992) dell’Istituto voluto dal Beato Bartolo Longo per i figli dei carcerati.
Il ciclo di conferenze aveva come obiettivo la promozione della conoscenza del Fondatore di Pompei soprattutto nelle nuove generazioni pompeiane e il rilancio di un nuovo dibattito sulla vocazione della città che, pur nelle mutate condizioni storiche e sociali, non può prescindere, oseremmo dire, dal suo statuto fondamentale di cittadella della Fede e della carità.
Le due relazioni finali hanno per questo riproposto con chiarezza alcuni aspetti centrali del problema.

Bartolo Longo e il suo tempo

Interessarsi alla figura del Fondatore di Pompei significa innanzi tutto conoscerne non solo gli aspetti più evidenti e facilmente registrabili, quanto piuttosto il retroterra storico per valutarne appieno la personalità, o comunque gli elementi che hanno contribuito a maturarla, e conseguentemente comprende meglio, o comunque nel modo più attendibile, il segreto del suo operato ed eventualmente, ma è il caso di dire evidentemente, le cause e i motivi del suo successo relativamente al tempo in cui la sua Opera è nata, cresciuta e sviluppata.
È quando ha cercato di proporre il Dott. Lamura che, da studioso della Storia del Mezzogiorno, non ha esitato ad affermare che ogni lettura, ogni approfondimento, di Bartolo Longo al di fuori del suo contesto storico-sociale-culturale-religioso sarebbe fuorviante.
In questo senso va ricordato che il Beato, nato a Latiano nel 1841 e morto a Pompei nel 1926,
vive l’arco della sua vita in pieno Ottocento e nel primo quarto del Novecento. Un arco di tempo molto significativo, soprattutto molto effervescente, per la molteplicità degli avvenimenti e delle situazioni: il travaglio politico-sociale (i moti risorgimentali e l’unità d’Italia); il travaglio culturale (positivismo, hegelismo, etc.), ricordiamo, ad esempio, che all’Università di Napoli il Longo conobbe, come illustri cattedratici, il Settembrini, l’Abignente, Bertrando Spaventa, Salvatore Tommasi; ma anche tempo della massima prostrazione per la Chiesa che doveva difendersi su più fronti e soprattutto da una cultura tenacemente laicista, atea e anticlericale: e infine tempo di fioritura di forti testimonianze di santità di vita e di impegno nel sociale del laicato cattolico. Situazioni, avvenimenti e incontri con personaggi, credenti e non credenti, che in un modo o nell’altro lasceranno un’impronta indelebile sul giovane Longo e sul suo successivo cammino di convertito, prima, e di testimone della fede, poi.
Il fatto più significativo in quest’epoca contrassegnata da profonde lacerazioni e da spaccature, che emarginarono non poco il mondo cattolico all’interno della sua stessa realtà, e che il Beato seppe coniugare con equilibrio le istanze dei nuovi fermenti risorgimentali, delle nuove idee e delle giuste rivendicazioni sociali con la carità e la visione cristiana della vita.
All’Ottocento e alla sua inquieta ricerca della verità, protratta fino al punto di vanificare e rifiutare la Fede, il Longo risponderà proprio con la Fede in nome della quale fu aperto al dialogo con tutte le culture del suo tempo e chiamò a raccolta, come consiglieri e collaboratori, credenti e non credenti. La filantropia si trasformava, così, in Carità e le istanze antropologiche e sociali dei nuovi tempi diventavano tanti canali per umanizzare e cristianizzare l’umanità.

Servitore della Carità

E, tuttavia, se tutto ciò ci indica un contesto illuminante per comprendere meglio contenuti e dinamiche dell’operato di Bartolo Longo, non ci offre, d’altra parte, il motivo fondamentale che ha reso possibile al Fondatore di Pompei di diventare un grande testimone della Fede, un Santo della nuova assistenza sociale o uno dei più grandi promotori e diffusori della devozione mariana.
Entriamo qui, in quell’affascinante avventura dello Spirito che non finisce di stupire mai e che la storia del Santuario registra con fedeltà pagina dopo pagina. Mons. Caggiano, dopo una breve introduzione d’indole statistica per evidenziare, diremmo materialmente, la pregnanza e la corposità dell’Opera pompeiana ha offerto immediatamente questa chiave di lettura: "Bartolo Longo – fu condotto dallo Spirito", di volta in volta, nel deserto o nella messe abbondante; nel buio della notte o nella luce radiante del meriggio. Egli era cosciente di questa avventura e la volle vivere integralmente.
Scriveva nel 1891, prima della consacrazione della nuova Chiesa: "Nel corso di quindici anni meravigliammo sempre di un fenomeno che accadeva dentro di noi, senza che ci fosse chiara la sua legge o si rivelasse completa la forza e l’indole della sua finalità. Che cos’era quell’impulso segreto, persistente, infaticabile, che ci ha sospinti per tanti anni a lavorare per l’edificazione di questo Tempio?".
Lo Spirito di Dio ha trovato nel Longo, dunque, un terreno fertile, una persona docile, dove poter operare senza per questo alterarne la sua specificità di laico e di avvocato: "Sono convinto che se il Fondatore di Pompei fosse stato un sacerdote o un frate non avremmo avuto questo tipo di città, di Santuario, di istituzioni sociali. Non c’era un progetto urbanistico precostituito; ma la sensibilità alle varie necessità ed urgenze guidò B. Longo nello sviluppo della borgata che diveniva sotto i suoi occhi paese e città".
La causa efficiente della santità, della duttile e versatile genialità del Fondatore di Pompei è di ricercare, quindi, nella sua disponibilità e lasciarsi sedurre dallo Spirito di Dio-Amore. Lo dimostra la sua risposta forte ed amante. A Dio che lo ha amato teneramente e che gli ha manifestato il suo progetto d’amore, Bartolo Longo ha risposto con Amore, con Carità, facendosi egli stesso dono per gli altri, dovunque e dappertutto.
La carità è stata il motore propulsore che ha animato tutta la sua vita, a tutti i livelli: come manager, costruttore, promotore della devozione mariana ed educatore.
La Carità era per lui una vera e propria forma mentis, ma non nel senso di elemosina da elargire, come egli stesso afferma: "E quando io dico questa parola carità non voglio dire, come taluni ignoranti credono, che carità significa l’elemosina; no, carità vuol dire amore perfetto, amore divino, amore che parte da Dio, involge la creatura e ritorna al suo principio".
Non sarà mai possibile interpretare correttamente B. Longo senza pensare necessariamente al ruolo e al primato che la Carità ha avuto nella sua straordinaria avventura. L’eredità da riscoprire è questa. Si tratta solo di tradurla in forme più attuali e più rispondenti alle urgenze contemporanee. Ogni altra memoria del Beato sarebbe solo uno sterile ed arido feticismo.
(Autore: Pasquale Mocerino)
Foto: La scritta "Charitas" sul frontespizio dell’Istituto per i figli dei carcerati rende molto bene il ruolo che essa ha avuto nell’Opera del Longo.

La Carità Fondamento d’ogni educazione
1892 – 1992: Un secolo di Redenzione

I cento anni dell’Istituto per i figli dei carcerati ci ripropongono il carisma di un uomo, il Beato Bartolo Longo, che seppe trarre dalla sua vita, fortemente evangelica, i motivi conduttori e fondamentali della sua iniziativa educativa. In un’epoca fortemente segnata dal positivismo scientifico, egli seppe vincere la sua battaglia di educatore perché credette fino in fondo che il Cristo è il vero Redentore degli uomini.
Nel celebrare questo centenario vogliamo individuare e sottolineare quella che ne fu e dovrà ancora essere l’ispirazione fondamentale: riconoscere il Signore Gesù presente e operante col suo amore nell’uomo bisognoso di redenzione.
È questo il contenuto essenziale, costitutivo dell’Opera per i figli dei carcerati e questo deve essere il traguardo da raggiungere con le celebrazioni centenarie in programma. Dobbiamo
attualizzarne il messaggio centrale con una rivisitazione della metodologia pedagogica e una rilettura dei testi originali.
È universalmente riconosciuto che Bartolo Longo fu un pioniere coraggioso, audace nel volere ad ogni costo una istituzione come questa. La scienza allora dominante sosteneva drasticamente l’irricuperabilità dei figli dei criminali; egli si batté con un anticonformismo eroico per la tesi contraria e riuscì a dimostrarla non solo in teoria, ma soprattutto con i fatti, fino a strappare il plauso e l’ammirazione degli stessi avversari.
Non si può non restare profondamente commossi dinanzi ai risultati meravigliosi raggiunti da questa geniale iniziativa, additata dai competenti del settore come soluzione emblematica di un problema acutissimo che da sempre tormenta la società.
A noi qui ora indicare e approfondire l’idea-forza che la volle e la realizzò.
La base da cui partì il nostro santo Fondatore era la fiducia nella Grazia redentrice del Cristo e nella capacità di ogni uomo di lasciarsi plasmare da una pedagogia, fondata innanzi tutto sulla componente religiosa ed espressa con un amore sincero e affettivo. "Con questo amore e per questo amore – egli affermava – si ottiene educato il fanciullo, ancorché incorreggibile, o come dicono loro, delinquente nato. Fategli comprendere che lo amate, perché è sventurato, che lo educate solo perché lo amate, ed egli vi amerà per amore si sforzerà di corrispondere alle vostre assidue e amorevoli cure che voi spendete per educarlo. E voi troverete nei fatti che la Carità supera tutti i mezzi suggeriti dalla pedagogia e dalla scienza… essa che è il fondamento d’ogni educazione" (Longo B. Il triplice trionfo della Istituzione a pro’ dei figli dei carcerati, Valle di Pompei 1902).
L’amore a cui si riferisce il Beato, è l’amore del Cuore di cristo che si comunica nell’eucarestia e permea tutta la sua pedagogia. Il grande segreto del suo sistema educativo, "ignoto del tutto ai materialisti" era la Comunione "a lungo preparata e costantemente frequentata"" (ivi, 84-85). "Nell’incontro intimo e personale della santa Comunione, che apre alla comunione e alla solidarietà con tutti, Gesù stringe a sé il piccolo reietto, si associa incredibilmente alla sua condizione di abbandono e di rifiuto, ne condivide nella Passione la maledizione, prendendo su di Sé lo stesso delitto del padre e l’avvilimento della madre, Lui che proprio nell’Eucarestia si fa pane per tutti". "E questo è lo stesso Gesù abbandonato – annota Bartolo Longo – che a me poveretto chiede di essere accolto, rispettato e amato in questi stessi orfanelli della Legge: "Chi accoglie uno di questi, accoglie Me" (Mc 9,37). Ecco la tesi che io provo luminosamente: la sacra Comunione con Cristo è il più potente mezzo di educazione dei fanciulli. Il primo elemento di educazione è l’incontro e l’amicizia lunga con Gesù" (ivi, 78).
E aggiunge ancora con entusiasmo: "Gesù Cristo vive, opera, parla, s’insinua nel cuore, produce effetti inusitati, magnanimi anche nei cuori più tiepidi, nei cuori più vili, perché Egli è vivo e vero là, nel Sacramento dell’amore, nell’Eucarestia, ed è in mezzo a noi" (ivi 82). Gesù vuole bene ai fanciulli presi dalla strada, ad essi presta le parole del "Padre nostro", le sue parole e anche il suo sentimento di Figlio. Scrive testualmente: "Così ho fatto per i figli dei carcerati. La loro educazione si diceva difficile per molti, per molti impossibile; il loro avvenire si prevedeva tristissimo, ed io… ho presentato loro e ho fatto amare Gesù" (ivi, 82).
Contrariamente ai positivisti che si fermano al padre delinquente, Bartolo Longo attraverso Gesù arriva al Padre e raccomanda di educare il fanciullo ad una continuata intimità quotidiana col Padre celeste" (ivi, 80).
Bisogna a tal fine insegnare e pregare, far "imparare Dio" e cioè che Dio è "Padre, il Padre nostro" e che noi siamo avvolti dall’abbraccio della sua paternità universale come figli e quindi fratelli tra di noi, fratelli di tutti gli uomini. Siamo nel cuore del Vangelo, in piena atmosfera soprannaturale. In essa vive, respira, opera il Beato e realizza meraviglie in tutti i campi, dal religioso al sociale, dal pedagogico all’artistico, al culturale.
Ci siamo soffermati un po’ ad ascoltare, a leggere le sue parole, i suoi pensieri dominanti e abbiamo potuto constatare come tutto in lui parte dalla fede, dalla visione cristiana della realtà e quindi dall’adozione di una metodologia interamente permeata di spiritualità.
Alla radice di tanti mali che ci affliggono e che non riusciamo a superare, c’è una mentalità secolarizzata, estranea e indifferente alla realtà di Dio, aliena dalla fede e dalla pratica
religiosa. Siamo allarmati oggi particolarmente dal fenomeno della criminalità che si allarga paurosamente anche ai ragazzi.
Occorre ripresentare in termini attuali il carisma del Beato Bartolo Longo, incarnarlo con spirito di profezia nelle urgenze che premono oggi da ogni parte. Abbiamo bisogno del suo fervore, del suo zelo ardente, del suo entusiasmo, del suo slancio missionario per la diffusione del Vangelo.
Abbiamo soprattutto assoluto, estremo, urgente bisogno di cogliere il suo segreto più profondo e di farlo nostro: il rapporto personale d’amore con Gesù, che è poi il costitutivo essenziale della vita cristiana.
Da quando abbiamo riferito dobbiamo concludere che lo spirito di Bartolo Longo è completamente assorbito e comandato dal Cristo Gesù. La sua stessa devozione appassionata per il santo Rosario è motivata dalla certezza che vi riscontra il mezzo più pratico ed efficace per completare, vivere e irradiare nel mondo intero il Mistero del Cristo Gesù.
Nel Mistero del Cristo Gesù fiorisce la speranza dell’intervento dello Spirito che rinnova la faccia della terra e trasforma il cuore dell’uomo. Nel Cristo Gesù si esalta la dignità della persona umana, di ogni uomo, anche il più meschino, elevato come figlio a partecipare alla stessa vita del Padre celeste.
Nel cristo Gesù tutta l’umanità diventa una famiglia e gli uomini, tutti gli uomini, fratelli tra di loro con la legge suprema dell’amore. La Vergine Matia ci ottenga con suo Rosario questa grazia suprema: conoscere, amare e far amare il Signore Gesù, nostro Dio e nostro fratello, nostro Salvatore e nostro tutto!
(Autore: Mons. Francesco Saverio Toppi)
Nelle due Foto: volti antichi e volti nuovi dell’unica esperienza di redenzione umana avviata da Bartolo Longo cento anni fa in favore dei figli dei carcerati.


*Primo Centenario Istituto Bartolo Longo

Sono le ore 17,30 circa del 23 maggio quando nel cortile dell’Istituto B. Longo – così come previsto dal calendario delle manifestazioni per il centenario dell’Opera per i figli dei carcerati – cominciano a presentarsi gli invitati alla celebrazione ufficiale.
La banda dell’Istituto è già riunita, accenna a qualche motivo per rendere piacevole l’attesa: ci sono gli ex alunni, ci sono numerosi rappresentanti dei Figli di S. Giovanni Battista de la Salle, venuti da ogni parte d’Italia, ci sono le Figlie del S. Rosario di Pompei con la loro Madre Generale, giungono autorità civili e militari, si presentano via via intere famiglie di cittadini pompeiani.
Intenso è, nell’attesa dell’apertura ufficiale della cerimonia, il via vai delle persone del locale in cui le Poste Italiane hanno predisposto l’annullo speciale concesso per il centenario.
Verso le 18,00 la banda richiama al "silenzio" e giungono il Cardinale Opilio Rossi, il Prelato Francesco Saverio Toppi, l’emerito Arcivescovo Domenico Vacchiano, il primo cittadino di Pompei Giuseppe Tucci, altri rappresentanti della comunità religiosa e civile.
Il corteo si dirige verso la porta d’ingresso del teatro dell’Istituto: è un primo significativo perché la struttura, nella quale Bartolo Longo aveva riposto obiettive speranze di educazione e di animazione culturale, era da alcuni anni inattiva per una serie di interventi di restauro e di ammodernamento, che hanno richiesto tempo per essere realizzati e che hanno anche dovuto
saper attendere la generosità dei benefattori.
Il teatro, intitolato ai coniugi Pasquale Di Costanzo e Assunta Mattiello, è stato così riaperto alla sua funzione e si prevede che per esso abbia inizio un periodo di intensa promozione artistico-culturale e ricreativa, anche per il sostegno di una nascente Associazione culturale legata ai due personaggi cui il teatro si intitola.
Mentre il pubblico si sistema nella sala teatro dove in prima fila siedono gli ex Direttori dell’Istituto: Tullio Crocicchia, Pasquale Sorge, Rocco Edelman, Rodolfo Meoli, sul palcoscenico al tavolo della presidenza hanno preso posto il Cardinale Opilio Rossi, il Prelato Arcivescovo Mons. Francesco Saverio Toppi, l’Amministratore del Santuario Mons. Pietro Caggiano, il Vicario generale Mons. Baldassarre Cuomo, il Direttore dell’Istituto Bartolo Longo Fratel Domenico Anzini, il Sindaco di Pompei dott. Giuseppe Tucci: sono i rappresentanti ufficiali che si alterneranno per soffermare l’attenzione dei presenti sulla celebrazione giubilare.
Così il saluto del Prelato al Cardinale Opilio Rossi "per la sua presenza e per la premura attenta e stimolante con cui segue il nostro Santuario e le Opere annesse".
Ci sarà anche l’intervento del Direttore dell’Istituto: "senz’altro oggi è un giorno storico, così come lo è stato il 29 maggio 1892, giorno in cui si pose la prima pietra dell’erigendo Ospizio educativo B. Longo…
Sono cento anni di vita che si sono sgranati come un immenso Rosario con i suoi misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi e potremmo dire che ogni grano è una perla incastonata in questi cento anni di
storia".
"Per noi cittadini e figli di Pompei, - ha detto poi il Sindaco Tucci – rimane difficile esprimere e rendere agli altri il significato che riveste l’Istituto B. Longo… Per noi assume un carattere di sacralità… Assistiamo ad un evento che ci rallegra e ci lascia stupiti. Siamo infatti testimoni di una carità inesauribile, che non si consuma perché è alimentata dalla fede… Anche il teatro in cui siamo sorse per volontà di B. Longo: oggi tanti ricordi di infanzia e di giovinezza di molti pompeiani riaffiorano nel rivedere il teatro dell’Istituto… Anche questa inaugurazione nasce dalla carità cristiana…".
Questi interventi ufficiali erano stati tutti preceduti dall’ascolto, per la voce di Mons. Raffaele Matrone, della lettera che il Pontefice ha fatto giungere per l’occasione giubilare al Prelato di Pompei.
La sala si è fatta silenziosa, tutti si sono alzati ed hanno ascoltato: "Ho appreso con gioia che ai memorabili eventi, che costellano la storia di codesto Santuario della Beatissima Vergine Maria del SS.mo Rosario, si aggiunge quest’anno la fausta ricorrenza del primo centenario di fondazione dell’Opera per i figli dei carcerati […] Bartolo Longo fu tra i pionieri della riforma
carceraria e rimane anche oggi un punto di riferimento per quanti intendono offrire la loro opera al risanamento della società. Non potendo da solo attendere ad un’attività così vasta ed impegnativa, ricorse all’aiuto dei Fratelli delle Scuole Cristiane, i quali, da autentici figli di S. Giovanni Battista de la Salle, non hanno cessato di consacrare la loro vita alla nobile causa di tanti giovani desiderosi di acquistarsi una solida formazione spirituale e sociale.
In seguito, Bartolo Longo fondò la Congregazione delle Suore Figlie del S. Rosario di Pompei, alle quali affidò le figlie dei carcerati. L’attività educativa, svolta con spirito materno da queste Religiose, dedite al servizio di chi vive nella emarginazione, si è rivelata quanto mai opportuna e benefica.
In questi cento anni, nell’Opera fondata dal Beato Bartolo Longo sono passati circa quattromila ragazzi, dei quali il primo, Domenico Pullano, diventò sacerdote. Il 12 aprile del 1909, lunedì di Pasqua, egli celebrò la seconda S. Messa nella Cappella dell’Istituto e, commosso, amministrò l’Eucarestia anche al suo grande Benefattore, Bartolo Longo, che l’aveva amorevolmente accolto mentre si trovava in una situazione di abbandono".
È uno dei passaggi della lettera di Giovanni Paolo II, il quale ha così dato una significativa testimonianza al "Venerato Fondatore, che con animo coraggioso ed intrepido promosse e portò avanti tale opera contro ogni avversità, fidando nell’aiuto di Dio e nella materna protezione della Vergine Santissima del Rosario".
In questi cento anni sono passati circa quattromila ragazzi: ciascuno dei quali è giunto con un proprio vissuto, fatto di dolori, di tristezza, di privazioni materiali e morali.
L’esistenza di questi ragazzi e di queste ragazze sarebbe rimasta senza speranza se non fosse entrata fra le mura dell’Istituto, se non vi avesse trovato gli educatori chiamati da Bartolo Longo, i Fratelli delle Scuole Cristiane e le Suore Domenicane del Santuario, pronti a realizzare l’impegnativo progetto di ridare sorriso e gioie, di offrire un itinerario di educazione e di formazione. In questa ottica di risanamento e di animazione civile e religiosa si sono mossi in questi primi cento anni tutti coloro che hanno proseguito nel cammino intrapreso da Bartolo Longo.
In una cornice rinnovata le persone hanno seguito il messaggio del Pontefice. Da esso i presenti hanno potuto percepire con maggiore chiarezza la funzione di Bartolo Longo: quei quattromila
ragazzi divenuti uomini per la fede, per la scuola, per il lavoro, per l’amore cristiano, ci dicono che la "provvida iniziativa" ha trovato nel tempo ulteriori motivi di consenso, presentandosi, all’anno giubilare nella pienezza dei suoi compiti, con una prospettiva anche più ampia, che si apre al contributo associativo esterno.
Una prima espressione di tale contributo, a chiusura della serata, dal concerto offerto dalla professoressa Cristina Mattiello per il primo centenario della fondazione dell’Istituto ed in memoria del cognato Pasquale Di Costanzo Sovrintendente del San Carlo.
Dal coro polifonico Januensis, sotto la direzione del Direttore Herbert Handt i presenti hanno potuto ascoltare la "Messa di Gloria" di Gioacchino Rossini, in una esecuzione vibrante, che ha sintetizzato il senso stesso della spiritualità del centenario.

(Autore: Luigi Leone)

Prima Foto: Le Autorità religiose e civili al loro ingresso nel cortile dell’Istituto Bartolo Longo per la commemorazione del primo Centenario di questa Istituzione.
Seconda Foto: Le prof Cristina Mattiello, generosa benefattrice del restauro del teatro dell’Istituto, taglia il tradizionale nastro augurale all’ingresso della sala.
Terza Foto: Le Autorità religiose e civili, seguite da tutti gli invitati, fanno il loro ingresso nel teatro.
Terza Foto: Mons. Raffaele Matrone, direttore generale degli Istituti di beneficenza, legge il messaggio augurale che Giovanni Paolo II ha inviato alla Famiglia pompeiana per la fausta ricorrenza.
Quarta Foto: Il Card. Opilio Rossi, che ha presieduto tutti i festeggiamenti per il Centenario, mentre benedice il restaurato teatro dell’Istituto.
Sesta Foto: Da sinistra a destra, l’Arcivescovo di Pompei, Mons. Francesco Saverio Toppi, il Direttore dell’Istituto, Fratel Domenico Anzini e il Sindaco di Pompei, Dott. Giuseppe Tucci mentre pronunciano il loro saluto augurale.

Nel Centenario di Fondazione dell’Opera per i figli dei Carcerati
La notte che si muta in luce
Nella Valle un dì bruciata e fosca…

Cala la notte d’improvviso, e la paura
gli animi avvolge
d’incombente squallida vendetta.

I giorni mesti filtrano miseria

al pianto dei piccoli affamati,
al padre che rincorre orrori
tra le macchie e i boschi.

Giace la donna, giovane,
dal petti innanzi tempo inaridito
e gli occhi
che il dolore e l’ansia impietra…


E fugge quel padre
che torbido pensier del sangue fratricida
che or ora ha sparso ad inquinar la terra.

È notte intorno
e più note in cuore
quando, inginocchiato al suolo della Valle
un dì bruciata e fosca,
disperato implora: "Salvatemi i miei figli!"

Eco di Dio che al misero si abbraccia
egli risponde un uomo:
"Spegni i tuoi terrori:
è aperto già il mio cuore ai figli tuoi
e la mia casa.

Ma tu percorri la tua via!..."

S’ode d’allora un’armonia
che i mesti volti tinge di sorrisi.
È un cinguettio di bimbi
che i tortuosi passi della storia
di semi d’innocenza sparge
e i pianti amari
in lacrime di gioia discioglie.

Ferve la prece qui insieme col lavoro,
il nobile squillare degli ottoni
e il libro che il sapere insegna:
gli animi tutti carezza di celeste pace
un cuore.

Mira, mio spirito, e ragiona:
il filo d’erba che il deserto uccide
rechi una pietosa mano
in suolo aprico:
un verde manto bacerà la primavera…             
(Autore: Mons. Baldassarre Cuomo)
Prima Foto: L’Istituto Bartolo Longo in una suggestiva visione notturna.

Seconda Foto: Per ricordare il Centenario, gli ex alunni haqnno eretto, all'ingresso dell'Istituto, una lapide commemorativa in onore del Beato Fondatore.

Il Teatro dell’Istituto Bartolo Longo – 1922-1992

Abbiamo ricevuto in lettura la relazione tecnica ed operativa dettagliata inviata alla Direzione del Santuario dallo studio associato responsabile dei lavori di restauro, di adeguamento impiantistico e dell’arredamento del Teatro ubicato nell’Istituto Bartolo Longo restituita il 23 maggio alla sua funzione.
Si tratta di un documento molto interessante, che, nell’esplicitare tutti gli interventi sulla struttura, ne chiarisce gli aspetti tecnici, le modalità, i materiali usati, con le motivazioni dell’uso permettendo al lettore di rendersi conto delle complessità stesse dei lavori, condotti in modo da assicurare funzionalità, sicurezza, stile architettonico e gusto estetico.
La struttura fu realizzata intorno agli anni ’20 rispettando lo stile liberty, in voga in quel periodo: i lavori attuali si sono resi necessari per consolidarla dopo l’evento sismico del 1980. Alla vecchia struttura sono stati aggiunti due nuovi corpi di fabbrica per ospitare i camerini ed i servizi igienici, da far utilizzare sia dalla platea che dalla galleria.
Anche per il bar ed il foyer, aggiunti in questa fase di ristrutturazione, è stato rispettato lo stile originario. È stata, inoltre, realizzata una sala ingresso con biglietteria, bar e guardaroba ed anche una saletta riservata per accogliere ospiti di riguardo.
L’Istituto, come si sa, si trova nel centro storico di Pompei; di qui la preoccupazione di renderlo accessibile anche per il parcheggio delle macchine. L’intervento odierno ha realizzato anche questo, attraverso un collegamento interno dalla Via Ospizio con il cortile di rappresentanza.
La sala vera e propria offre una platea con 387 posti a sedere ed una galleria con 107 posti: 494 poltrone in tutto. È dotata di tre uscite di sicurezza, oltre all’ingresso principale e due secondari. Il palcoscenico si presenta ora tutto rinnovato, con una superficie di 120 mq.; allestita una sala regia, una sartoria e in più parti sono state messe in opera porte tagliafuoco e sistemi di sicurezza.
Siamo dinanzi ad un intervento quasi rivoluzionario rispetto alla situazione originaria, certamente legato ad una prospettiva ricca sul piano culturale e ricreativo.
Molto curata ed ammirata al momento della riapertura inaugurale è stata la nuova definizione architettonica, sostenuta, nell’aspetto decorativo dal marmo di Verona per l’ingresso e dai lampadari di vetro di Murano, con appliques coordinate.
Nel foyer sono stati collocati i due busti dei coniugi Di Costanzo e Mattiello (scultore S. Patti), oltre a due antiche consolle napoletane.
La relazione ci è stata inviata insieme ad uno stralcio, ripreso in fotocopia, "del resoconto annuale dell’Ospizio Pontificio educativo Bartolo Longo", pag. 203, che riportiamo testualmente: "22 Ottobre – L’inaugurazione della Nuova Sala dei Convegni riesce veramente imponente, sia per la presenza dell’Em.mo Card. Augusto Silj, sia per la folla d’illustri intervenuti. Tutti hanno ammirato il discorso del Comm. Guerritore.
La giornata si è chiusa con un trattenimento poetico-musicale, nelle ore pomeridiane. Incancellabile resterà il ricordo d’una graziosissima scenetta comica eseguita dai più piccoli alunni, fra i quali destò maggiore ilarità il minuscolo protagonista Cecchino, di cui la scenetta stessa prendeva il nome".
Il progettista dei lavori ed esecutore fu allora fratel Costanzo delle Scuole Cristiane e la decorazione del soffitto venne affidata al prof. Nicola Ascione di Torre del Greco.
Oggi, , a distanza di settant’anni, il teatro ha ripreso gusto, ha richiesto un intervento tecnico a più voci, per esigenze e norme sopravvenute, ma rimane una testionianza del passato che vive nel presente e guarda con speranza ad un futuro migliore, che si svolga sotto le luci della ribalta.
La Messa di Gloria di Gioacchino Rossini
A Pompei, il restauro del Teatro intitolato a "P. Di Costanzo – A. Mattiello" è stato inaugurato con la "Messa di Gloria" di G. Rossini.
Il Teatro inserito nel complesso del Santuario, si presenta come un vero gioiello, per la sobria funzionale eleganza e per l’ottima acustica.
Con i suggestivi Teatri della Pompei romana, con le annuali manifestazioni delle Panatenee, il
Teatro "P. Di Costanzo – A. Mattiello" diverrà prezioso centro di attività teatrale e musicale, e quindi sociale, particolarmente per Pompei, per Napoli, per la Campania, ma anche, ne siamo certi, per tutta l’Italia.
È stata felice scelta quella di inaugurare il nuovo Teatro con la "Messa di Gloria": per l’alta sacralità della composizione, perché la "Messa" è stata composta da Rossini a Napoli – allora capitale musicale d’Europa – ed a Napoli ha avuto la sua prima esecuzione, per la ricorrenza del bicentenario della nascita del Compositore, e di quella del centenario dell’Istituto Bartolo Longo.
Senza entrare qui in particolari musicologici, è da rilevarsi la grande importanza dell’esecuzione pompeiana anche per il fatto che l’edizione della "Messa" presentata dal direttore e musicologo Herbert Handt si basa sul materiale musicale che si ritiene fosse utilizzato da Rossini per la prima esecuzione.
Gioacchino Rossini (1792-1868) venne giovanissimo a Napoli, chiamato come compositore e direttore della musica e dei Reali Teatri di San Carlo e Fondo (oggi Mercadante).

È stata la presenza di Rossini a Napoli (1815-1822) fulgente periodo, con la creazione di nove opere per il Teatro – opere che hanno impresso un segno drammatico nuovo e geniale alla ormai inattuale "opera seria" – e con altre composizioni: tra le quali, appunto, la "Messa di Gloria".
La "Messa di Gloria" venne eseguita per la prima volta nella napoletana Chiesa di S. Ferdinando (24 marzo 1820).
Così, di quella prima, scrive il Giornale del Regno delle Due Sicilie (31 marzo 1820): "Rossini si è mostrato dotto, grave, sublime compositore di una sua musica scritta per la messa solenne, cantata […]
Tra le bellezze originali di quella nuova composizione si annoverano quelle soprattutto della Gloria. Rossini immaginò che quell’inno immortale venisse cantato da un Coro di Angeli, lieti di annunziare la gloria dell’Eterno e la pace degli uomini.
Questo felice pensiero, reso fecondo da viva immaginazione e da profondo sentire, fu espresso con tanta sublimità, che i meno facili ammiratori del compositore pesarese, dovettero riconoscervi una delle felici ispirazioni che distinguono di tempo in tempo le opere de’ sommi ingegni".
La "Messa di Gloria" – la prima musica sacra della maturità di Rossini – rappresenta, come ben sottolinea Philip Gossett, "uno degli esempi più raffinati della musica sacra italiana della prima metà dell’Ottocento".
Il purismo accademico confonde spesso il concetto di "religioso" con quello di "liturgico". Certo, la musica è ottocento, l’ottocento italiano vòlto al teatro: così egualmente "teatrale" è la musica del "Requiem" di Verdi.
Soltanto una errata concezione estetica può portare a credere che, in arte, il divino debba
concentrarsi attraverso sistemi particolari. Nella "Messa" rossiniana il canto dell’anima si eleva a Dio in una forza stupenda e commossa.
Non è modo "liturgico", ma è "fede" sentita alla maniera tipica del Compositore; ed è "religione" universale dell’uomo.
Bellissimo il Kyrie (Coro), la parte più vasta di tutta la composizione, nettamente tripartita col Christe, affidato alle due voci tenorili. Fascinoso il Gloria, in cui insieme con il Coro cantano i solisti, con i due temi contrapposti: gioioso, per i pastori, etereo, per gli angeli. Seguono il Laudamus (soprano), aria ben ardua per virtuosismo ed espressività, il Gratias, dove Rossini lascia l’impronta del suo genio nell’intervento del corno inglese accanto al tenore, il Domine Deus (soprano, tenore, basso), il Qui tollis (tenore e Coro), il Quoniam, dove ancora una volta splende il genio rossiniano nell’intervento del clarinetto accanto al basso, ed infine il finale fugato Cum Sancto Spiritu (Coro) – attribuito a Pietro Raimondi – dal risolutivo effetto.
Degna di ogni elogio è risultata l’esecuzione pompeiana della "Messa". Bravissimi tutti: i solisti Anna Zoroberto (soprano), Antonello Palombi (tenore), Eugenio Favano (tenore), Maurizio Morello (basso); l’orchestra – Unione Musicisti Napoletani – e i suoi solisti (Visone, corno inglese, Russo clarinetto) ed il Coro Polifonico Januensis, guidato dal M° Luigi Porro. Ha diretto, con nobile rigore e tensione esecutiva, il M° Herbert Handt.

(Autore: Bruno Cagnoli)

Prima foto: l’orchestra durante l’esecuzione della "Messa di Gloria" di Gioacchino Rossini.

Seconda foto: il nuovo ingresso del Teatro dell’Istituto Bartolo Longo.
Terza foto: l’esecuzione della "Messa di Gloria" è stata diretta dal M° Herbert Handt.


*Casina (Pompei - NA)

Fondazione della "Casina"

Questo nome farà sobbalzare molte ex alunne per la vivacità dei ricordi suscitati, anche se di natura diversa.
Molte funzioni, infatti, ebbe questo edificio nel passato ed altre ne avrà nel futuro.
Sorta negli anni venti per essere il Sanatorio delle Opere pompeiane
(a quei tempi la Tbc era malattia non ancora sconfitta), subì varie modifiche e, tra l’altro, fu anche la “Casa famiglia” delle giovani fidanzate che,  in preparazione al matrimonio, imparavano
gli elementi essenziali di economia domestica..
Ha ospitato persone con drammi di salute, speranzose di guarigione e giovani aperte alla vita di nuove famiglie: tutti motivi di vividi ricordi.
L’edificio, consolidato e ristrutturato a seguito del sisma del 1980, ospita un laboratorio per la preparazione di abiti da sposa e prima Comunione, una pista coperta di pattinaggio e due aule per la catechesi.
(Autore: Pietro Caggiano)
Foto: Ecco come si presenta la Casina dopo i lavori di ristrutturazione.


*Atelier del Santuario per un matrimonio speciale - (Pompei - NA)
Grazie alla generosità di tante spose, le abili mani di due sarte e di una religiosa riadattano e arricchiscono i vestiti donati alla Vergine per la gioia di altre giovani donne.
È in un silenzio denso fatto di concentrazione e professionalità che, nell’Atelier del Santuario, troviamo al lavoro, come api operose, due esperte sarte e una religiosa che, con passione e amore, le guida e le dirige.
Siamo a due passi dalla Basilica, in uno dei tanti edifici del complesso religioso, in cui, giorno per giorno, il lavoro instancabile di tanti rinnova il miracolo di carità e amore che è l’essenza del Santuario della Beata Vergine di Pompei.
In questo meraviglioso laboratorio, le nostre sarte Lucia Palomba e Lucia cesarano, assieme a Suor Maria Egidia Di Palma, ridanno vita agli abiti donati e vestono le spose di nuovi sogni e progetti.
Sono ormai tantissimi anni che, con grande dedizione ed esperienza, selezionano con cura, lavorano, rinnovano e impreziosiscono gli abiti portati in dono dalle spose che, alla polvere dell’armadio che inevitabilmente ricoprirebbe il ricordo del loro giorno più bello, generosamente preferiscono la gioia di regalare un sorriso.
Ed è proprio qui, in questo laboratorio, che, in un circuito virtuoso, altre promesse spose potranno coronare il proprio sogno d’amore e trovare l’abito giusto per il giorno del "sì", senza spendere cifre da capogiro.
Attualmente gli abiti disponibili sono ben 174. A questi vanno aggiunti i 33 vestiti per prima comunione e qualcuno anche per il battesimo. Ogni mese sono tanti i capi che vengono donati per essere poi acquistati da spose di tutta Italia. Il ricavato contribuisce a finanziare le tante opere di Carità del Santuario.
Se una ragazza lo desidera, con l’assistenza delle esperte addette, l’abito può anche essere modificato e arricchito con nuove stoffe o dettagli scelti dalla futura sposa.
La creatività e la fantasia che anima il laboratorio è a disposizione di chi si affaccia ad ammirare i suoi stand ricchi di abiti. Negli anni, sono tante le ragazze giunte da regioni anche lontane per vestire l’abito portato in dono alla Madonna del Rosario di Pompei. Alcune seguono la tradizione di famiglia, tramandata di madre in figlia, che le ha viste per generazioni giungere all’altare con l’abito dell’Atelier del Santuario.
"Non è solo una questione economica, che certo conta nella scelta dell’abito, ma molte ragazze – ci raccontano le nostre esperte all’opera – scelgono gli abiti del nostro laboratorio per amore
verso la Madonna. Altre – ci dicono – semplicemente scelgono di non spendere cifre esagerate per un giorno in cui conta, più dello sfarzo, il vero amore e la gioia di ricevere un sacramento così importante".
Spesso gli abiti acquistati al laboratorio vengono, a loro volta, donati nuovamente al santuario, regalando.
In questo modo, anche ad altre spose, la possibilità di indossare l’abito dei sogni nonostante le difficoltà economiche.
Donare l’abito da sposa al Santuario è, dunque, un atto di grande generosità, non solo perché tante giovani spose non potrebbero altrimenti indossare un abito che rispecchi i loro desideri ma, soprattutto, perché ciò significa regalare una speranza e un futuro ai tanti bambini e ragazzi e alle numerose giovani mamme che vengono accolti al santuario, contribuisce alla costruzione di una vita più serena e piena di luce per tutti loro.
(Autore: Daria Gentile)

*Lettera ritrovata in un abito da sposa

Il "Laboratorio degli abiti da sposa" è una preziosa Opera di carità del Santuario di Pompei. In questo vero e proprio "Atelier", le spose portano in dono l’abito di nozze, che le nostre sarte provvedono a lavare, rinnovare e impreziosire con dedizione e maestria. E così, proprio nel Laboratorio, altre spose potranno trovare l’abito giusto per il giorno del "sì", senza spendere cifre da capogiro. Tra l’altro, se una ragazza lo desidera, con l’assistenza delle esperte addette, l’abito può anche essere modificato e arricchito con nuove stoffe o dettagli scelti dalla futura sposa. La creatività e la fantasia che anima il laboratorio è a disposizione di chi si affaccia ad ammirare i suoi stand ricchi di abiti. Donare ed acquistare un abito da sposa è un atto di grande generosità non solo perché tante giovani spose non potrebbero altrimenti indossare un abito che rispecchi i loro desideri ma, soprattutto, perché ciò significa regalare una speranza e un futuro ai tanti bambini e ragazzi e alle numerose giovani mamme che vengono accolti nelle Opere di carità del Santuario. Tutto ciò che viene donato al Santuario, contribuisce alla costruzione di una vita più serena e piena di luce per tutti loro. Tra le benefattrici v’è anche una devota anonima di Napoli, che ha lasciato, nella tasca del suo abito, una missiva scritta a colei che indosserà quel vestito nel giorno del matrimonio. È un inno alla famiglia benedetta da Dio, ma anche alla fraterna condivisione dei doni del Padre. Ecco la lettera.
È l’11 giugno 2016. Oggi festeggio sette anni di matrimonio, sette anni di amore consacrato innanzi a Dio Voglio con-dividere quest’amore con te, che indosserai il mio abito da sposa. Non so dirti perché non abbia donato prima questo vestito. So solo che ho pregato la Madonna di illuminarmi su quando e dove lasciarlo in dono. Così, un sabato mattina di maggio 2016, durante il "Buongiorno a
Maria", mentre ero raccolta in preghiera dinanzi alla Madonna di Pompei, ho sentito che una fiamma fervente d’amore bruciava il mio cuore.
In quel momento, ho promesso che sarei ritornata nel giorno del mio anniversario per donare l’abito, che da questo momento sarà il tuo vestito da sposa. Voglio condividere con te quest’amore e credimi se ti dico che sono felice di vederti sorridere. T’immagino arrivare all’altare radiosa. Quel giorno sarò con te perché il mio cuore e il mio amore saranno una sola cosa con la tua gioia. Pregherò per te, "sorellina mia", perché il Signore ti benedica e renda feconda la tua famiglia.
Ti auguro tutto il bene e l’amore del mondo e, anche se, forse, nella vita non c’incontreremo mai, anche se non potrò darti un nome o un volto, so di amarti e so che avevi bisogno di sentire quest’amore. Saremo sempre unite nell’amore di Dio e nella preghiera reciproca.
Una devota di Napoli.
(Autore: Katia Di Ruocco)


*Casa Albergo per Anziani "Marianna De Fusco" (Pompei - NA)
(Suore Domenicane - Casa Albergo M. De Fusco - Via Roma, 43 - 80045 Pompei (NA) Tel. 081/8577386 - 081/8632712

Fondazione della: Casa Albergo per Anziani "Marianna De Fusco"
Aperta il 9 febbraio del 1965 per accogliere donne anziane.

Il nove febbraio 1965 Sua Eccellenza Mons. Aurelio Signora inaugurava la Casa di Riposo per signore anziane intitolata “Fondazione Marianna De Fusco” la consorte di Bartolo Longo, la donna che mettendo a disposizione dell’Apostolo del Rosario i suoi beni in Pompei, gli facilitava di attuare le grandi Opere sociali-religiose della Nuova Pompei.
Con la Fondazione Marianna De Fusco il Santuario della Beata Vergine veniva arricchito della gemma che mancava.
Con l’ Orfanotrofio e i vari Istituti per gli abbandonati, orfani della Legge e della morte, ecco anche una casa per le anziane che vanno incontro alla morte sole e senza affetto.
L’Opera veniva affidata alla Direzione ed alla Cura delle Suore di Pompei che con zelo, amore e dedizione stanno accanto alle ospiti dando loro serenità e assistenza ammirevole.
Da quel giorno decine e decine di anziane si sono preparate a morire cristianamente ben assistite religiosamente e amorevolmente.
Le varie Superiori, da Madre Elena, Madre Sabina, Madre Lucia Pedone, Madre Mercedes, Madre Domenica, Madre Luciana, Madre Remigia, all'attuale superiora  Madre Arcangela,  hanno saputo dare all’ Istituzione tanto affetto e cura da farne una grande famiglia dove si gode la pace e la serenità.
News dalla "Casa Albergo Marianna De Fusco"

Essere devoti: un motivo per vivere

Restare accanto alla Madonna del Rosario (Al pensionato “Marianna De Fusco” la vita trascorre in un clima di serenità e in compagnia di chi “Ci aiuta a credere nei più alti valori cristiani”
La nota caratteristica che distingue questo Pensionato è la devozione alla Madonna del Rosario.
Potremmo dire che soltanto il desiderio di vivere accanto a Lei ci ha indotto a restare qui definitivamente.
“Siamo arrivate da mille strade diverse” ricorda un noto canto e così è per noi che, pur essendo diverse per età, professione, provenienza, ci sentiamo unite dallo stesso filiale amore per la Madre divina.
Un esempio fra tutti potrebbe essere quello della Signora Carmela S. ultranovantenne.
Prestò la sua attività per vari anni alle dipendenze dell’Amministrazione del Santuario e oggi con due figli maschi brillantemente sistemati, puntuale e precisa nei suoi doveri quotidiani, ripete
spesso a edificazione di tutti: «Questo è il periodo più bello della mia vita».
È commovente la sua gratitudine ala Madonna per le tante grazie ricevute che esprime, oltre che con devote preghiere, anche portando di persona frequentemente la sua modesta offerta al Santuario.
L’Immagine della Vergine del Rosario troneggia in tutte le sale come in tutte le nostre camere.
i esce molte volte per partecipare alle funzioni che si celebrano nel Santuario.
E le inferme che restano in camera fanno scorrere tra le dita per molte ore al giorno la corona del Rosario.
La Cappella, linda, confortevole, ornata sempre di fiori freschi è il cuore del Pensionato e ci accoglie ogni mattina per la Messa come nel pomeriggio per il Rosario e per le altre funzioni che, secondo i tempi liturgici, vengono celebrate.
Oltre alla presenza ordinaria del Cappellano, che con assidua dedizione presta qui la sua opera, c’è anche quella straordinaria del nostro Vescovo e dei Superiori che ci fanno dono della loro fervente parola di apostoli mariani.
Tutto concorre in questo Pensionato a sostenere la pietà mariana perché tutto è organizzato e predisposto allo zelo missionario delle Suore Figlie del S. Rosario di Pompei.
La loro presenza non solo garantisce la funzionalità dell’istituzione, ma ci aiuta a credere nei più alti valori cristiani.
Esse sanno trovare il modo di rendere più serena la vita di tutte le ospiti aderendo nei limiti del possibile alle nostre richieste.
Una particolare attenzione è rivolta alle signore inferme. La Superiora, con molta dolcezza e pazienza, si reca a visitarle più volte al giorno per portare loro una parola di incoraggiamento che concorre a rendere la sofferenza accettata e offerta.
Preghiamo insieme la Vergine del Rosario perché sostenga le nostre Suore nella loro difficile missione e le renda sempre più capaci di testimoniare e trasmettere il Suo amore materno. (Autore: Carolina Muavero)
Natale atteso con ansia
Già con l’inizio della novena si possono notare i fervidi preparativi per l’allestimento del presepe e dell’albero e per l’addobbo delle sale e dei corridoi con angeli, rami di abete, festoni ecc.

La sala da pranzo assume il tono delle feste natalizie: tovaglie, fiori, musiche, ornamenti adeguati alle circostanze.
Ciò che caratterizza però la vita del Pensionato è proprio il clima religioso che vi domina.
Infatti, durante questo periodo non manca la visita del nostro Arcivescovo che ci porta i suoi auguri, la sua benedizione e quella degli altri Superiori.
La Vigilia di Natale, il Bambino Gesù anticipa la sua nascita al pomeriggio in modo che la processione possa svolgersi in orario compatibile con l’età delle più anziane e con le esigenze delle inferme.
La processione si snoda per i piani e il Cappellano visita tutte le camere offrendo la statua di Gesù Bambino alla nostra venerazione. Segue quindi la celebrazione della Messa.
Dopo cena, a chi può, è consentito di recarsi al Santuario insieme alle Suore per partecipare alla solenne funzione di mezzanotte.
Un grazie particolare, perciò, è doveroso porgere alla Madre Superiora che si preoccupa di farci trovare anche i posti riservati come persone di famiglia.
Siamo tutte particolarmente devote alla Vergine del Rosario e poter partecipare alle funzioni che si celebrano nel Santuario in queste occasioni, è il dono più bello che possiamo ricevere.
Non rimpiangiamo nemmeno i cibi tradizionali che so preparano in questi giorni perché i pranzi nei giorni di festa sono particolarmente ricchi e invitanti.
Le Suore dedicano più tempo alla cucina per preparare personalmente dolci caratteristici: struffoli, croccanti mandorlate, torte, ecc… Le feste natalizie sono ricche di “dolci” sorprese: piccoli dono che troviamo a tavola il giorno di Natale, quelli che abbiamo la possibilità di vincere
nelle tombolate e infine quelli contenuti nella calza della Befana che ci viene consegnata puntualmente il 5 gennaio.
Tutto si conclude, proprio come prescrive il calendario liturgico con la festa del Battesimo di Gesù.
Durante queste feste abbiamo modo di apprezzare ancora di più la generosa disponibilità delle nostre Suore che, pur essendo poche, riescono non solo ad assicurare a tutte la necessaria assistenza e a garantire l’efficienza del Pensionato, ma anche a trovare ogni giorno, con piccoli gesti d’amore, il modo per alimentare in noi il gusto della vita e quindi la capacità di riconoscere i doni che il Signore largamente ci offre.
(Autore: Carolina Muavero)

*Casa Albergo "Marianna De Fusco"

Nata come "Pensionato" nel 1965 e intitolata alla Contessa Marianna De Fusco, moglie del Beato e cofondatrice del santuario e delle Opere di carità ad esso annesse, quella che è oggi la Casa Albergo "Marianna De Fusco", offre accoglienza a donne anziane, in regime di semiconvitto.
Negli anni, il Pensionato, poi "Casa Albergo", come previsto dal Regolamento del Consiglio della Regione Campania n. & del dicembre 2006, ha subito notevoli modifiche sia dal punto di vista logistico e strutturale, che dal punto di vista organizzativo.
Totalmente rinnovata per iniziativa dell’Arcivescovo, Mons. Carlo Liberati, e con notevole impiego di risorse finanziarie, la "Casa Albergo" è oggi una struttura di accoglienza all’avanguardia nell’osservanza delle esigenze delle donne anziane, nel rispetto di tutta la normativa igienico-sanitaria e delle prescrizioni dietetiche. È una vera oasi di serenità e di pace. Ciò non è mai mutato è l’amore con cui queste persone sono accolte e assistite. La filosofia portante della "Casa" e della sua
organizzazione, guidata da Suor Maria Arcangela Stavola e Suor Maria Vanna Maggiolini, coadiuvate da personale medico e infermieristico specializzato, da assistenti sociali, da animatori di comunità e volontari, si basa, infatti, sulla centralità e sul sostegno delle ospiti che vengono accolte ed inserite in modo da mantenere costanti i legami con la famiglia, la casa, gli amici.
Le giornate sono scandite da attività ricreative di vario genere come passeggiate, ginnastica, momenti di incontro, attività formative individuali o di gruppo. La casa Albergo non manca di nulla. Molti, e adibiti a diverse funzioni, sono gli spazi comuni in cui le nostre simpatiche vecchine possono dialogare, confrontarsi, condividere passioni.
Per questo tutte loro, oggi 21, si sentono come a casa. Il calore umano, la spensieratezza, il benessere sono i fattori chiave per farle sentire in una vera e propria famiglia.
Tutto è strutturato e organizzato per facilitare la socializzazione e la vita di comunità.
L’affetto, le cure e il sostegno di Suor Maria Arcangela e di Suor Maria Vanna, e di tutto il personale che opera nella struttura, le fa sentire uniche e speciali, proprio come nella loro famiglia. La loro storia personale, i loro interessi, la loro rete psico-affettiva sono parte integrante della loro vita nella "Casa".
Un’attenzione particolare è dedicata alla spiritualità delle ospiti. All’interno della Casa Marianna De Fusco si trova anche una Cappella, dove ogni mattina partecipano alla Santa Messa e il pomeriggio recitano il Rosario.
Tutto è in linea con l’insegnamento e la volontà del nostro Fondatore: conoscere e far conoscere, amare e fare amare la Vergine di Pompei.


*I cinquant'anni della Casa Albergo
La struttura di ospitalità per signore anziane fi inaugurata nel 1965, nel 41° anniversario della morte della Contessa Marianna De Fusco, Si volle dedicare quest'importante Opera sociale proprio alla consorte del beato Bartolo Longo che, come il Fondatore del Santuario, fu esemplare apostola di carità in pieno spirito evangelico
1965 - 2015 - La festa per l'anniversario
Ricorre quest'anno il 50° anniversario della casa Albergo Marianna De Fusco, opera sociale del Santuario della Beata Vergine di Pompei, finalizzata all’accoglienza e all’assistenza di signore anziane.
La struttura fu inaugurata il 9 Febbraio 1965, quando ricorreva il 41° anniversario della morte della Contessa Marianna De Fusco, consorte del Beato Bartolo Longo. Il suo nome a
quest’istituzione della carità è stato dato per illuminare il ricordo di una donna che ha donato i propri averi per costruire, insieme all’Avvocato, il Santuario e le opere annesse, finalizzate all’accoglienza e all’assistenza dei bambini e degli anziani.
Dalle origini ad oggi, la Casa Albergo ha percorso un cammino di continuo miglioramento nel pieno rispetto delle normative di legge, mantenendo sempre servizi efficienti e al passo coi tempi. Lo scopo principale, nella volontà della Contessa, è l’assistere le signore anziane autosufficienti nella casa della Madonna.
Tutto ciò grazie al grande contributo caritatevole delle Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei, che si sono avvicendate negli anni e che hanno fatto in modo che la struttura rimanesse ancora oggi un fiore all’occhiello tra le opere del Santuario.
Sin dai primi anni d’attività, le signore ospiti giungevano desiderose di trascorrere il periodo dell’anzianità in una struttura del Santuario di Pompei, proprio vicino alla Madonna. Molte donne erano già state nella cittadina mariana da piccole, accolte negli Istituti di accoglienza per orfani, ed hanno avuto la possibilità di ritornare poi da anziane nella Casa Albergo, immersa nella gioia e nella pace.
Il 21 febbraio 2015, nella struttura, si è tenuta una grande festa per il cinquantesimo. Organizzata dalla Madre Superiora, Suor Maria Vanna Maggiolini, con la collaborazione di Suor Maria Domenica, Suor Maria Sofia e di tutto lo staff, la cerimonia è iniziata con la celebrazione della Santa Messa, presieduta nella Cappella interna dall’Arcivescovo Mons. Tommaso Caputo e animata dai canti liturgici delle suore Domenicane. Insieme al Presule, hanno concelebrato Don
Salvatore Acampora, Don Giuseppe Rendina, Don Antonio Protano e Don Enrico Gargiulo.
Oltre alle signore ospiti e tutto il personale della struttura con i relativi familiari, erano presenti le autorità civili e militari e numerosi invitati che hanno partecipato con fervore ed emozione.
Dopo aver consumato il rinfresco, gli ospiti si sono trasferiti nella sala TV dove hanno potuto assistere alla proiezione di un breve, ma emozionante filmato che ha riassunto la vita evolutiva della struttura ed i momenti più significativi delle ospiti dagli anni passati ad oggi.
Il momento di festa si è concluso con un pranzo finale allietato da divertenti esibizioni canore delle signore ospiti. È stata una giornata speciale non solo per le osapiti, ma anche per tutta
l’équipe operante; una giornata all’insegna della convivialità, della spensieratezza e dello stare insieme.
È stato bello condividere la loro serenità e i momenti divertenti e capire che ci vuole proprio poco per far felice qualcuno.
Non esiste un’età per sentirsi bene, l’importante è riuscire a vivere a pieno le proprie emozioni e desiderare di condividerle con gli altri, è proprio questo che si è concretizzato in questa giornata.
I nostri cari anziani rappresentano la ricchezza dell’attuale generazione, un punto di riferimento, una memoria storica, spesso consumati da una vita di fatiche e sacrifici, ma portatori di una grande saggezza e di consigli preziosi. Per questo gli anziani vanno custoditi, assistiti e protetti con rispetto e amore.

(Autore: Massimo Marinaro)


*I.P.S.I. (Pompei - NA)

Fondazione "I.P.S.I."
x


*Polo Scolastico (Pompei - NA)
Dalle scuole fondate dal Beato al "Polo Scolastico"
Il "Polo Scolastico" nasce nel 2005. In esso sono raggruppate tutte le scuole paritarie del Santuario, il cui progetto educativo continua ad ispirarsi al carisma del fondatore Bartolo Longo, seppur in continuo dialogo con la società in cui viviamo.
Il progetto educativo del Polo Scolastico si realizza, dunque, non solo attraverso l’offerta di una proposta culturale originale e specifica, quale l’insegnamento, ma anche attraverso la testimonianza di coloro che operano nella scuola stessa, gli insegnanti in primo luogo, i quali, oggi più che in passato, sono chiamati a proporsi come persone di riferimento per le giovani che crescono in un contesto socioculturale sempre più frammentario e disorientante, al punto che lo stesso Papa Benedetto XVI ha parlato di "emergenza educativa".
Oggi come ieri, le scuole del santuario rappresentano l’amore e l’impegno della Chiesa per la formazione delle generazioni più giovani, continuano ad occuparsi dell’istruzione e della formazione degli alunni del Santuario, anche le Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario e i Fratelli delle
scuole Cristiane.
All’interno del Polo Scolastico, struttura che offre aule spaziose, palestra e campi da gioco, teatro, laboratori di ceramica, di elettronica e di arte varie, bilinguismo, sale di musica, audiovisivi e informatica, cineforum, sala multimediale per videoconferenze, auditorium e cappella, sono raggruppate:
- La Scuola dell’Infanzia e la Scuola Primaria "Bartolo Longo, dirette dalle Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei;
- La Scuola Secondaria di Primo Grado Paritaria "Bartolo Longo", l’Istituto Professionale Paritario "Bartolo Longo" (Indirizzo Elettronico) e la Scuola Magistrale Sperimentale – Energia "Santa Caterina da Siena" (Tecnico per i servizi sociali), dirette dai Fratelli delle Scuole Cristiane.


 
Torna ai contenuti | Torna al menu